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Viva la libertà recensione critica dell’ultimo film con Toni Servillo

  • Redazione Assodigitale
  • 4 Febbraio 2018
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Il tema del doppio, che sia inteso come somiglianza casuale o voluta tra due individui, duplice identità immanente all’interno di uno stesso soggetto o rappresentato dai gemelli, ha sempre destato un certo fascino in ambito letterario, teatrale e cinematografico. Se il romanzo più celebre costruito attorno a questo tema è relativamente recente (Lo strano caso del Dr. Jekyll e del signor Hyde di Stevenson è del 1886), per il teatro dobbiamo tornare indietro nel tempo fino al III Secolo a.C. con Plauto e i suoi Menaechmi, ripreso poi nel corso dei secoli da Shakespeare (The Comedy of Errors) e da Goldoni (I due gemelli veneziani), solo per citare i più noti. Anche il cinema non ha mostrato indifferenza di fronte un tema drammaturgicamente così affascinante e che ha permesso agli autori di giocare con dualismi e sostituzioni: da Hitchcock (Psycho, La donna che visse due volte), a Kieslowski con La doppia vita di Veronica fino al più recente Sliding Doors. Restringendo il campo alle pellicole incentrate sulle vicende di gemelli, ci è impossibile non citare Le due sorelle di De Palma o Inseparabili di Cronenberg, così come gli improbabili Danny DeVito e Arnold Schwarzenegger, gemelli diversi nella commedia non troppo articolata di Ivan Reitman.

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Anche Viva la libertà, l’ultimo film di Roberto Andò che ha scelto di portare sullo schermo il suo romanzo Il trono vuoto, racconta la storia di due gemelli. Il primo, Enrico Olivieri (Toni Servillo) è il segretario del principale partito di sinistra del paese, da anni all’opposizione; il secondo, Giovanni Ernani (sempre Toni Servillo), è un filosofo colto, ironico  e solitario affetto da bipolarismo. Olivieri è in crisi come il partito che guida, così una notte fugge via da tutto e da tutti e si reca a Parigi da una sua ex fiamma (Valeria Bruni Tedeschi). Ernani, il cui ultimo rapporto col fratello risale a venticinque anni prima, gli viene letteralmente sostituito alla guida del partito dal consigliere Andrea Bottini (Valerio Mastandrea) e dalla compiacente moglie di Ernani, Anna (Michela Cescon).

Approdato nelle sale in piena campagna elettorale divertendosi a saccheggiare caratteristiche e modi di essere dalla fitta schiera di politici nostrani, Viva la libertà ha il pregio di essere un film che ha la forza di lasciare la politica sullo sfondo per concentrarsi su temi ben più universali e rilevanti quali speranza e cambiamento. E’ un po’ quello che accade in Habemus Papam di Moretti: anche lì assistiamo ad una figura di rilievo che ricopre un ruolo importante all’interno della società che rifiuta il suo incarico, scappando via. Ma qui ad un certo punto della vicenda entra in ballo il “doppio”, l’altro: l’elemento che fa la differenza. Un Toni Servillo mattatore, inutile dirlo, tiene in mano le redini della storia con la sua interpretazione bina che alterna momenti di grazia e leggerezza ad altri più austeri.

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L’attore torna di nuovo a vestire i panni di un personaggio politico, dopo essere stato Giulio Andreotti ne Il Divo di Sorrentino e il senatore del Pdl in Bella addormentata di Bellocchio, ma anche quelli del fratello affetto da una folle e cotagiosa lucidità. Un uomo impulsivo ed emotivo che accetta di prendere il suo posto non per sete di potere, ma per gioco e che, proprio per questo, si dimostra libero e scevro dalle imbragature politiche che hanno spinto Olivieri alla fuga. Maestro di libertà che ai comizi recita le poesia di Brecht, Ernani rappresenta dunque l’utopia politica, quella da cui c’è bisogno di ripartire lasciando da parte ogni forma di potere intesa come maschera che nasconde altro da sé, per abbandonarsi definitivamente a un modello comunicativo fresco e diverso. E Roberto Andò, portando i suoi protagonisti a recitare sull’orlo del paradosso, costantemente alle prese con burle e finzioni, illumina il canovaccio tipico della commedia degli equivoci di una luce nuova che trova nel realismo e nella speranza la propria ragion d’essere.

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Carolina Tocci

[Le immagini di questo post sono di Eugenio Boiano]


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