Account social crypto trading chiusi in Cina: nuove restrizioni e impatto sul mercato digitale

Chiusura degli account social di trading crypto non autorizzati

La Cyberspace Administration of China ha intrapreso un’azione decisa contro una serie di account social media dediti alla promozione non autorizzata del trading di criptovalute. Sono stati chiusi oltre una dozzina di profili che diffondevano contenuti ingannevoli e pratiche illegali, con l’obiettivo di tutelare gli utenti da false informazioni e speculazioni dannose. Questa misura si inserisce in un piano coordinato con le autorità finanziarie governative, volto a contrastare la diffusione di attività finanziarie non regolamentate, in particolare nel settore crypto, mantenendo il controllo sull’informazione circolante nei canali digitali cinesi.

Gli account sospesi erano coinvolti nella diffusione di dati falsati e consigli d’investimento non autorizzati, nonché nella promozione di transazioni crypto vietate. La chiusura degli stessi rappresenta un segnale concreto della volontà delle autorità di intervenire contro forme di manipolazione e pubblicità ingannevole che potrebbero compromettere la stabilità e la sicurezza del mercato finanziario.

Tipologie di contenuti vietati e motivazioni della censura

Le autorità cinesi hanno individuato quattro categorie principali di contenuti vietati distribuiti tramite i social media, giustificando così la chiusura degli account incriminati. La prima categoria comprendeva la diffusione di informazioni ingannevoli legate al mercato dei capitali, quali falsi accordi istituzionali su trasferimenti, finanziamenti e prestito titoli, nonché speculazioni infondate sulle modifiche normative relative ai fondi quantitativi. Questi contenuti compromettevano la trasparenza e la corretta informazione degli investitori, rappresentando un potenziale pericolo per l’ordine finanziario.

La seconda tipologia riguardava la promozione di raccomandazioni d’investimento illegali, con offerte a pagamento per l’adesione a gruppi esclusivi dove si suggerivano acquisti di singole azioni con la promessa di guadagni certi. In Cina, soltanto i consulenti finanziari autorizzati possono fornire consulenze d’investimento, rendendo tali attività non conformi e illegali.

Una terza categoria specifica è quella dei contenuti legati direttamente al trading di criptovalute. Nonostante il divieto imposto dal 2021, sono stati riscontrati account che stimolavano la partecipazione a operazioni crypto tramite la condivisione di screenshot e testimonianze di presunti guadagni, spesso su piattaforme estere non autorizzate, favorendo così l’elusione della normativa vigente.

L’ultima categoria di contenuti vietati concerneva la promozione di metodi fraudolenti per l’ottimizzazione del debito e rimborsi economici inesistenti, con racconti di successi fasulli che spingevano gli utenti a ricorrere a pratiche illegali e irregolari. Questa ampia classificazione riflette la strategia di Pechino di reprimere non soltanto la speculazione illegale ma anche le false narrazioni finanziarie che minacciano la sicurezza economica individuale e collettiva.

Il contesto legale e la repressione del trading crypto in Cina

La Cina mantiene un approccio legislativo rigoroso nei confronti del trading di criptovalute, vietato esplicitamente dal 2021. Il divieto include il blocco totale degli exchange crypto sul territorio nazionale e la repressione severa di chiunque promuova tali attività, soprattutto tramite canali non autorizzati. Sebbene in Cina non sia formalmente illegale detenere criptovalute, l’utilizzo come mezzo di pagamento e lo scambio libero sono proibiti, creando una distinzione netta tra possesso e transazione.

Nonostante queste restrizioni, molti cittadini riescono ad aggirare il divieto accedendo a piattaforme estere, situazione che complica l’azione delle autorità. In questo contesto, l’attenzione del governo si è spostata in particolare verso la lotta alle truffe e alle offerte fraudolente, piuttosto che vietare completamente l’ecosistema crypto, ritenuto difficile da estirpare del tutto.

Inoltre, a Hong Kong, che pur essendo parte della Cina gode di autonome normative finanziarie, è consentito lo scambio legale di ETF legati alle criptovalute, confermando differenze sostanziali nell’approccio regolatorio tra il continente e il territorio speciale.

Le autorità cinesi, pertanto, puntano su una sorveglianza rigorosa e sulla repressione delle attività illegali, invitando gli investitori a una maggiore consapevolezza dei rischi e a evitare transazioni in canali non regolamentati. La strategia appare concentrata soprattutto sulla tutela del risparmio e sulla prevenzione delle frodi, più che sull’eradicazione completa del trading crypto.

In sintesi, la repressione riguarda soprattutto chi promuove piattaforme truffaldine o attività fuori controllo, garantendo così una linea di confine tra i servizi autorizzati e le attività vietate, con un monitoraggio costante dell’informazione circolante per impedire la diffusione di messaggi fraudolenti e ingannevoli nel panorama digitale cinese.