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Venezia 2018. La 75ª Mostra internazionale d’arte cinematografica

  • REDAZIONE TRENDIEST
  • 10 Settembre 2018
mostra cinema venezia 2 960x460
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Le recensioni di Alessandra Basile 

75ª Mostra internazionale d’arte cinematografica

Indice dei Contenuti:
  • Venezia 2018. La 75ª Mostra internazionale d’arte cinematografica
  • Le recensioni di Alessandra Basile 
  • PRIMA PARTE
  • SECONDA PARTE
  • TERZA PARTE


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LE MIE RECENSIONI (su alcuni dei film in concorso e non, a Venezia 75)

 

PRIMA PARTE

Due parole sul francese AMANDA sul neo-rapporto fra una bambina e il suo giovane zio David .


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Un ragazzo di 24-25 anni la cui sorella maggiore muore in un atto terroristico – che colpisce duramente anche la ragazza di cui . innamorato, Lena, la quale riporta lesioni gravi a un braccio – e lascia Amanda di soli 7 anni. Amanda viene quindi affidata all’inesperto David.

Questo dramma francese, i cui personaggi sono moltissimi (forse troppi?) e non dettagliati (forse l’obiettivo . una serie tv?), non manca di lacune, forse dovute a un montaggio frettoloso che a una sceneggiatura abbozzata in alcuni punti, come l’atto terroristico inscenato in modo poco credibile bench. sia un evento importante nella storia, perch. causa il drastico e improvviso cambio di vita di David, ma . commovente, delicato e contiene un messaggio positivo. Infatti, il rapporto fra David e Amanda, sempre pi. forte e complesso, arriva bene allo spettatore soprattutto grazie ai due attori molto ben diretti; in particolare, si apprezza la bravissima interprete di Amanda, specie nell’ultima scena del film, che si conclude con un invito a non arrendersi mai e alla speranza, una vera lezione di vita per tutti. Voto: 7,5/10.

Interessante il docufilm WHAT YOU GONNA DO WHEN THE WORLD’S ON FIRE?

Uno spaccato di vita sui diritti civili e sul forte senso della propria razza, disgiunta dal mero colore della pelle, che, infatti, come dice uno dei personaggi del film, . talvolta bianca anche per chi appartiene alla cos. detta razza negroide. I nomi di morti rivendicati dalle black panthers, il Movimento rivoluzionario afroamericano fondato, ad Oakland in California, nell’ottobre 1966 da H. Newton e B. Seale, originariamente con il nome di Black Panther Party for Self-Defence, per contrastare la discriminazione sociale, politica e legislativa degli afroamericani, sono reali con riferimento a chi fu ucciso dalla polizia locale. Molto interessante . vivere e guardare dall’interno, attraverso questo film-documentario, il movimento e le problematiche di violenza e solitudine specifiche di una certa situazione socio-storico-territoriale. La mamma, in certe culture, . quasi una divinità, motivo per cui, quando la protagonista fa la scoperta che l’amico non sa dove la madre defunta sia sepolta, la vive come uno scandalo. Emerge la distinzione data dall’educazione scolastica/culturale, cioè fra chi sa leggere e scrivere e chi no, con la conseguenza di ingiusti effetti discriminatori. Il film . in bianco/nero: per evidenziare il discorso razzista? magari anche per sottolineare la durezza della vita di queste persone, in particolare dei ragazzini che crescono fra solitudine, noia e desiderio di fuggire. Voto: 7/10.

PETERLOO: è il nuovo film scritto e diretto da Mike Leigh sulla battaglia di Waterloo

Il massacro di Peterloo avvenne nel 1819 a Manchester: si sarebbe dovuto trattare di una adunata pacifista in nome della democrazia contro la riforma parlamentare, organizzata dall’Unione patriottica di Manchester. La povertà imperante, per le carestie e la disoccupazione, causata dai cos. detti Corn laws sempre maggiori, ossia i dazi sulle derrate agricole importate, che seguirono alle guerre napoleoniche conclusesi nel 1815, l’assenza di suffragio nell’Inghilterra del nord e l’insorgere dei movimenti a favore dei diritti delle donne furono alla base del raduno nel St. Peter’s field, sotto la guida del noto oratore radicale pacifista Henry Hunt, conclamato dal popolo. L’evento si trasformò in strage a causa della repressione delle forze governative che attaccarono una folla di oltre 60.000 persone, causando moltissimi morti e ancor pi. feriti. Fortunatamente, la presenza di alcuni elementi della stampa inglese permise la diffusione della notizia con una chiara comunicazione di quanto accaduto, il che aiutò la definizione della democrazia e la fondazione del quotidiano The Guardian. Un personaggio fa da legame fra l’inizio e la fine del film, un giovane soldato che torna a casa traumatizzato: . il trauma della guerra dal quale non si riprenderà mai più. La perfetta costruzione e rappresentazione di personaggi, scenari, ambientazioni (anche interne), l’espressività curata di ogni personaggio, l’uso superlativo della luce mi spingono a un convinto 9./10 per questo film, prodotto da Amazon Studios.

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SECONDA PARTE

In CAMORRA Francesco Patierno racconta la sua Napoli grazie all’archivio Rai Teche

Questi preziosi 70 minuti di film documentano, grazie al video-repertorio della Rai che Patierno ha saputo organizzare in uno svolgimento che tiene l’interesse vivo per tutto il tempo, la costruzione e lo sviluppo della criminalità organizzata campana così detta Camorra, in un contesto storico e socio-antropologico che definì quell’Italia negli anni sessanta/novanta. Alcuni dei filmati, frutto di una ricerca senz’altro lunga meticolosa appassionata, sono inediti e ci raccontano, per esempio, il legame subordinato con la Mafia, ben più potente e violenta, che nel dopoguerra gestiva a Napoli e dintorni, in particolare, il contrabbando di sigarette. Assai interessante tutta la parte del film dedicata alla persona e al personaggio di Raffaele Cutolo, la cui fredda capacit. di negare ogni accusa, anche quando ve n’era evidenza, era sempre accompagnata da un sorriso sardonico e mellifluo, come a farsi beffa dei tanti omicidi a lui imputati e a vantarsi del suo potere anche dal carcere, dove peraltro . a tutt’oggi rinchiuso in attesa di morirvi. La Mafia e la Camorra insieme hanno costituito un’unica forza estorsiva, un enorme mercato nero ramificato nel sud e ovunque e una sola grande e temibile organizzazione militare ed economica. Voto: 9/10.

Torna A QUALCUNO PIACE CALDO restaurato e mostrato in prima visione mondiale

Due eccezionali interpreti sempiterni, due anime artistiche che vivranno attraverso i loro film per ere, due mostri sacri del cinema non solo americano ma internazionale, due attori comici pertanto ottimi anche nel drammatico. Sto parlando degli indimenticabili Jack Lemmon e Tony Curtis, qui diretti da un mito: Billy Wilder. E sto parlando di una delle commedie che è ancora diffusamente apprezzata per avere fatto la storia del cinema: “A qualcuno piace caldo”, con riferimento, da ciò il titolo, al Jazz e fors’anche al periodo del proibizionismo, laddove l’alcol veniva servito in tazzine da caffè per confonderlo in caso di un’incursione della polizia.

Il film è decisamente moderno per ritmo, battute, alcune esilaranti, svolgimento della storia con costante ironia, mai volgare e sempre indovinata, capacità di resa dei personaggi; non lo è invece per i costumi dell’epoca ed alcuni pezzi da museo, come lo yacht del simpaticissimo milionario che si innamora perdutamente di Daphne, alias Jerry, alias Lemmon. Per il resto, il divertentissimo capolavoro è assolutamente godibile anche nel ventunesimo secolo. Curtis e Lemmon vestono i panni di una coppia di musicisti jazz che, per sfuggire a dei pericolosi gangster che li vogliono morti, si armano di trucco e parrucco e di un falsetto strampalato riuscendo a farsi assumere da una band di sole donne, dove incontrano, infatuandosene, Sugar Kane, una sensuale e naif suonatrice di ukulele dedita all’alcol, con un debole per i sassofonisti scapestrati ma decisa a trovarsi un riccone. Sugar altri non è che un’irresistibile Marylin Monroe, di cui però Wilder si lamentò parecchio, per gli innumerevoli e forti ritardi sul set e altri capricci. Colpa forse anche di alcol e psicofarmaci assunti in quantità. Aveva 33 anni. Sarebbe morta a 36. Voto: 10&lode!

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Arriva anche la TV con una serie diretta da Saverio Costanzo: L’AMICA GENIALE

L’inizio di quello che è stato presentato alla 75a mostra del cinema di Venezia come un film fuori concorso, ma in realtà non ha un finale conclusivo perché nasce come serie televisiva, tratta dal romanzo della scrittrice Elena Ferrante e diretta da Saverio Costanzo con l’aiuto della compagna Alba Rohrwacher, quale coach attoriale, è questo: una donna anziana, Elena Greco, è allo scrittoio di casa sua, una casa piena di libri, in una stanza poco illuminata e scopre, da una telefonata con un uomo cui intima di non cercarla più, che, della sua migliore amica Lila, non vi è traccia. Scomparsa. Comincia così a scrivere, a computer, la storia di una grande amicizia fra lei e Lila, nata fra i banchi di scuola. E con un tuffo nel passato ci troviamo negli anni Cinquanta in una Napoli pericolosa. Elena e Lila sono alle elementari in una zona piuttosto povera e desolata, capeggiata da piccoli mafiosi locali e popolata da bambini e ragazzini che si annoiano o sono maltrattati per ignoranza dalle famiglie che li fanno persino lavorare. Il racconto copre oltre sessant’anni di vita e ruota intorno al mistero di Lila, appunto l’amica geniale di Elena: Lila è di una intelligenza straordinaria ma anche un po’ scugnizza. Le piccole attrici interpreti di queste due protagoniste sono da 10 e lode! Si tratta di Elisa Del Genio (Elena) e Ludovica Nasti (Lila). A impersonare le stesse in versione più adulta saranno, rispettivamente, Margherita Mazzucco e Gaia Girace. Voto a queste prime due ore: 10/10!

TERZA PARTE

Rivive al cinema Vincent Van Gogh alias Willem Dafoe in AT ETERNITY’S GATE

Willem Dafoe . Vincent Van Gogh. Non una scelta facile, ma una notevole somiglianza grazie al make-up e a una delicata e profonda interpretazione dell’attore che sembra arrivare all’anima del grande genio. Ci sono diverse teorie riguardo la sua morte e il film sposa quella del suo assassinio per mano di alcuni ragazzini. Alcune scene sono romanzate o raccontano fatti non provati come realmente accaduti, ma ciò cui ‘At eternity’s gate’ punta è il tormento interno di Van Gogh oltre a: il suo sentirsi un po’ simile a Gesù perché fu martirizzato in vita ed evocato solo tanti anni dopo la sua morte, la sua enorme passione, controversa e genuina per l’arte, la sua fede in un certo modo di fare pittura assai lontano da quello della sua epoca e la sua fiducia nel fatto di essere un precursore dell’arte che verrà, cosa che si rivelò vera. Per lui dipingere e farlo a modo suo, dando una importanza preminente e esteticamente centrale nei suoi quadri alla luce, esprimeva la sua ragione di vivere. La sua ricerca esasperata della luce lo spinse a viaggiare, ma la reazione di chi lo circondava, escluso, soprattutto in un secondo momento, il suo amico e sfidante Paul Gauguin, che inizialmente contest. le sue pennellate veloci, era la medesima. A dispetto della violenza, dell’abbandono fino a finire in un manicomio a causa delle sue turbe psichiche, delle tragedie sofferte da Van Gogh, egli visse una vita illuminata dalla magia della sua profonda relazione con la natura, nella quale egli trovava gioia e talvolta pace. L’opera di Van Gogh è fondamentalmente ottimista, grazie anche e proprio all’uso della luce versus il buio. Egli cercò di visualizzare l’inesprimibile, quasi come se anche la sua stessa esistenza fosse oltre il terreno, oltre il comprensibile, come se potesse oltrepassare la sua morte, cosa che in fondo accadde attraverso i suoi dipinti e così sarà in futuro, per sempre. L’arte ci salva. E lui non l’abbandonò mai, a costo di andare contro tutti. Voto al film: 9/10.

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VOX LUX è interpretato dalla coppia Portman/Law che ne sono produttori esecutivi

Madonna. Si presenta come un film ispirato a una tale star internazionale che, per grande managerialità, capacità di influenzare le masse, determinazione nel ‘farcela’, freddezza imprenditoriale e talento su più fronti escluso probabilmente quello canoro, ha scalato la montagna del successo per anni e continua a farlo. In ‘Vox lux’, tuttavia, la vita di Celeste, la protagonista, è segnata quando lei è ragazzina da un terribile attacco terroristico che la coinvolge in prima persona e poi dalla durezza proprio di un mondo, quello dello spettacolo, nel quale viene, un po’ per caso all’inizio e per ambizione poi, catapultata fino a esserne inglobata e quasi annientata. E’  forse la sorella maggiore il vero talento di casa sul piano delle capacità vocali, ma resterà sempre nell’ombra di Celeste. I temi del film sono molti ma restano appena abbozzati. La Portman è straordinaria come sempre anche se non è la sua migliore prestazione. Jude Law, sempre fascinoso, rende perfettamente il personaggio arrivista del manager. Ma regia e sceneggiatura lasciano il tempo che trovano e gli altri personaggi non sono approfonditi a sufficienza. Il film racconta l’ascesa di Celeste a superstar pop in 18 anni, dal 1999 al 2017, anche attraverso alcuni grossi eventi culturali visti con i suoi occhi. Voto: 6./10.

In ACUSADA la protagonista ci porta alla mente l’ambiguo processo di Amanda Knox

Un caso di cronaca nera ispirato a fatti realmente accaduti, come quello a noi tutti noto e per molti rimasto nell’ombra del mistero, di Amanda Knox, ormai rientrata nel suo paese. La protagonista del film, diretto dal giovane argentino Gonzalo Tobal, si chiama Dolores ed è una ragazza poco più che ventenne, la cui migliore amica viene assassinata brutalmente. Unica imputata: lei. Il film trova il suo inizio due anni dopo l’accaduto, poco prima che venga indetto il processo accusatorio che terminerà con la sentenza: colpevole o innocente? Una semicondanna mediatica, che ci ricorda altri casi, anche di storia assai passata come, forse il più celebre, l’affare Dreyfus. Dolores resta reclusa nella sua casa, protetta dai genitori che vivono le pene dell’inferno e viene difesa dal migliore avvocato pagato con l’indebitamento di una casa di proprietà della famiglia. Ma Dolores è anche sempre più circondata da tensioni e dubbi sulla sua innocenza, persino da chi le è vicino. Il film punta, soprattutto, a far vivere allo spettatore il dramma, non solo della vittima, ma anche della sua famiglia, del fidanzato, degli amici e l’enorme difficoltà di vivere con un confronto costante d’informazione e pubblicità aggressiva che incriminano senza pietà nè prove. A dispetto della suspense e della capacità di Tobal di condurre lo spettatore in questo vortice di ansia e di domande senza risposta e la bravura di molti degli interpreti, particolarmente del padre di Dolores e del conduttore che la intervista in un noto programma televisivo, contesto il finale che non svelerò e la scelta dell’attrice per il ruolo principale, caratterizzata da un’espressione… ‘unica’. Voto: 7./10.


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