Quando lo scammer viene raggirato dalle sue stesse vittime: protagonisti Eidoo, Vank e l’Avvocato Marco Tullio Giordano di Coinlex. Come la collaborazione di utenti truffati ed imprenditori digitali ha portato all’identificazione ed alla cattura del più pericoloso truffatore seriale della piattaforma di messaggistica Telegram
La storia può sembrare la versione 2.0 in salsa cripto del cult movie “Catch me if you can”, con Leonardo di Caprio e Tom Hanks, trasposizione cinematografica di Steven Spielberg dell’autobiografia del noto truffatore americano Frank Abagnale Jr.
Per quasi due anni, infatti, i gruppi Telegram e più in generale l’ecosistema delle criptovalute sono stati infestati da un abile furfante, capace di estorcere in totale quasi 60 bitcoin (al cambio attuale circa duecentomila euro, come riportato dal comunicato stampa della Polizia di Stato).
Tutte le vittime sono state meticolosamente scelte tra gli utenti delle community di appassionati di criptovalute e ICO ed i suoi metodi erano per lo più sempre gli stessi, anche se estremamente perfezionati e perfettamente funzionanti: lo scammer aveva creato, grazie all’uso di decine di utenze VOIP e virtual number, più di 80 account Telegram, tutti riconducibili a soggetti influenti dell’ecosistema blockchain italiano e internazionale; tra essi, CEO di note ICO e startup digitali, influencer, giornalisti e semplici addetti ai lavori.
Per il tramite di questi account fake, era solito imperversare nei gruppi più popolati a caccia di utenti disattenti o poco esperti. Una volta agganciati, proponeva loro affari mirabolanti, chiedendo l’invio di fondi in bitcoin ed ether e promettendo, in cambio, token a un tasso di cambio molto vantaggioso o assistenza tecnica a coloro i quali erano in difficoltà.
In alcuni casi si era spinto a minacciare alcuni utenti, come ad esempio il CFO di una nota ICO italiana che ha raccolto più di 20 milioni di dollari nel 2018, chiedendo il pagamento di 40 mila euro in bitcoin, in mancanza del quale – come si può ascoltare nella nota audio registrata e resa pubblica dalla stessa vittima – lo avrebbe raggiunto presso la sua abitazione per sfigurare in volto lui e la compagna con acido solforico.
Le conseguenze delle sue scorribande erano dunque giunte ben oltre le perdite materiali sofferte dagli utenti truffati, poiché le stesse aziende i cui CEO erano stati vittima di sostituzione di persona si ritrovavano a patire gravi danni reputazionali, in quanto i membri delle community distinguevano con difficoltà la realtà dalla finzione e avevano iniziato a lamentarsi direttamente con i soggetti impersonati, chiedendo rimborsi, minacciando querele e abbandonando in massa i canali sulla piattaforma Telegram.
Alcuni di loro si sono quindi rivolti alle Autorità, denunciando le sostituzioni di persona e le truffe commesse in danno degli utenti.
Purtroppo, l’assenza di tracce telematiche concrete aveva impedito, sino a questo momento, la prosecuzione delle indagini: è notorio che Telegram, fondata dal russo Pavel Durov, nega il supporto alle polizie locali nell’identificazione di utenti del servizio, anche in presenza di reati.
I casi come questo sono, di fatto, considerati reati minori rispetto alle ben più gravi fattispecie di terrorismo internazionale, pedopornografia o traffico di armi e stupefacenti, e quindi l’identità e gli ulteriori alias del truffatore continuavano a rimanere ignoti.
È stato allora che gli utenti e gli imprenditori dell’ecosistema delle criptovalute, probabilmente applicando inconsapevolmente gli stessi principi virtuosi del paradigma decentralizzato della blockchain, hanno avuto l’idea di mettere insieme le forze, escludere l’intermediario centralizzato costituito dalla polizia giudiziaria e iniziato a collaborare come nodi per un obiettivo comune: raccogliere quanti più indizi sul truffatore, per arrivare concretamente alla sua identificazione e, perché no, alla sua cattura.
Tutto è nato dall’idea di due aziende del settore, l’italiana Vank con sede a Treviso e la nota azienda svizzera Eidoo con sede a Lugano Chiasso e Zugo.
È stata creata una pagina Facebook, a cui è stato assegnato il nome evocativo di “Troviamolo”, tramite cui gli utenti hanno potuto raccogliere prove e indizi. Sono state caricate le note audio con cui il truffatore approcciava le sue vittime – ivi incluse quelle estorsive e minacciose, nonché quelle con cui quest’ultimo si pavoneggiava di “aver raccolto circa 200 mila euro in truffe e minacce varie” e di “voler diventare milionario prima di compiere 30 anni”.
La cooperazione tra gli utenti ha permesso di risalire agli account ed agli ID creati e utilizzati dallo stesso, in modo da formare un corposo database su cui incrociare dati e informazioni.
Gli utenti, guidati da due giovanissimi “investigatori digitali”, che si celano dietro gli pseudonimi “@ellie55” e “@dnpr” – a cui va il merito di aver insistito nelle indagini – hanno continuato a seguire le tracce del truffatore e attendere il momento opportuno per agire.
Quando il truffatore, spinto probabilmente dall’avidità, ha infine commesso il suo primo passo falso, indicando un indirizzo reale e chiedendo a un utente – preventivamente informato sulla vera natura dell’offerta, avanzata utilizzando l’ennesima falsa identità – di spedirgli un lingotto d’oro del peso di 2kg in cambio dell’equivalente in Ekon, una stable coin legata, appunto, all’oro fisico, è scattato il contro-raggiro.
Gli utenti e gli imprenditori coinvolti si sono rivolti all’avvocato Marco Tullio Giordano, penalista esperto di diritto delle nuove tecnologie e partner del network Coinlex.it, il primo team italiano di professionisti eterogenei – avvocati, commercialisti, fiscalisti, consulenti tecnici e developer – che offre assistenza nel campo della blockchain e delle criptovalute.
Tramite quest’ultimo, hanno depositato particolareggiate denunce querele e preso accordi con gli operanti della Polizia Postale e delle Telecomunicazioni di Imperia, al fine di organizzare una complessa attività sotto copertura: è stata predisposta la spedizione di un finto lingotto d’oro, stampato in 3D e contenente un telefono cellulare collegato a un power bank, con il GPS attivato per monitorare il tragitto del pacco e, al momento del ritiro a destinazione, sono intervenuti gli investigatori, cogliendolo con le mani nel sacco.
Il giovane, residente a Genova, aveva soggiornato in un hotel a cinque stelle nella cittadina di Sanremo, ove si era fatto spedire quello che riteneva essere un lingotto del valore di 70.000 euro e, sotto mentite spoglie, si apprestava a ritirare il pacco con l’intento, come al solito, di sparire poi nel nulla.
Dopo una complessa attività di indagine, però, la Polizia è riuscita a fermarlo, identificarlo e procedere ad una accurata perquisizione locale presso la sua abitazione, provvedendo a sequestrare i molti dispositivi informatici, numerosi documenti falsi, alcune carte prepagate e altri strumenti tramite i quali lo scammer portava a termine le sue truffe.
Nei computer, al momento della successiva analisi informatica, gli investigatori sono certi di trovare le prove documentali delle altre truffe e sostituzioni di persona perpetrate e, grazie al database di account fake, indizi, wallet di destinazione e riferimenti messo insieme dai volenterosi utenti, stanno iniziando ad arrivare decine di ulteriori denunce da parte degli altri utenti raggirati e degli imprenditori la cui identità è stata utilizzata dal criminale informatico.
Chiunque volesse partecipare all’azione penale, può ancora aderire contattando l’avvocato Marco Tullio Giordano o rivolgendosi direttamente alla Procura della Repubblica di Imperia.
Si preannuncia una indagine molto approfondita e un procedimento penale di particolare rilevanza, sia per il tema trattato – i bitcoin non sono ancora mai stati oggetto di un processo penale – sia per le decine di parti civili agguerritissime.
Il peggio, per lo scammer di Telegram, deve ancora arrivare.