Brexit difficile. Anche i droni saranno usati per controllare le dogane
Aumenta la preoccupazione in tutta Europa in attesa della fatidica data del 29 marzo 2019, quando dovrebbe diventare operativa la Brexit: soprattutto i Paesi che si trovano a dover pattugliare d’ora in poi, nel Mare del Nord, confini che da anni, dal dopo Schengen, erano stati completamente abbandonati al libero passaggio di persone e merci. Per fronteggiare un rischio di contrabbando selvaggio, Paesi come il Belgio hanno previsto tecniche innovative e strumenti tecnologicamente avanzati come droni e sottomarini.
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Del resto anche gli aspetti amministrativi si complicano sempre più. Anche in Belgio è stato attivato uno strumento online, il Brexit Impact Scan, per misurare il livello di preparazione delle imprese locali alla Brexit. Ma in Italia? Non è stato fatto granché, mentre invece siamo strangolati dalla nuova normativa sulla “fattura elettronica”, che non solo non sta partendo tanto bene, ma rende ancora più complicate le operazioni con l’estero, visto che praticamente nessun altro Paese l’ha adottata. Tantomeno il Regno Unito.
Come il Governo italiano si prepara alla Brexit
Anzitutto, come previsto nei trattati, dopo l’uscita del 29 marzo 2019 avremo un periodo transitorio fino al 31 dicembre 2020. Il Governo italiano, in stretto raccordo con la Commissione europea e gli altri Stati membri dell’UE, aveva avviato anche preparativi paralleli nel caso di recesso senza accordo. Ma ormai sembra proprio che non ce ne sia bisogno.
Ma l’adeguata preparazione delle imprese e la gestione di emergenze relative ad alcuni ambiti settoriali come, ad esempio, trasporti, dogane, sanità, agricoltura, ricerca, istruzione e altri settori sensibili, è stata promessa ma mai effettuata.
Il Consiglio europeo ha ribadito sistematicamente che un Paese terzo non può vantare gli stessi diritti e godere degli stessi vantaggi di uno Stato membro: è pertanto della massima importanza prepararsi a una realtà in cui il Regno Unito sarà un Paese terzo.
E’ sempre stato chiaro che occorreva concordare rapidamente misure a tutela dei diritti di circa 4 milioni di cittadini (di cui circa 3 milioni di cittadini UE in UK, tra cui sono stimati fino a 700.000 italiani) allo scopo di garantire la maggior parte dei diritti acquisiti a tutti i cittadini residenti nel Regno Unito o nell’UE prima della data della fine del periodo di transizione (31 dicembre 2020).
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I PRIVATI CITTADINI
I cittadini italiani residenti nel Regno Unito potranno ottenere o maturare, ove non possedessero ancora il requisito dei cinque anni di residenza nel Regno Unito al termine del periodo di recesso, il “Settled Status” o “pre-Settled Status” tramite una procedura amministrativa semplificata gestita dall’Home Office britannico. A quanti giungeranno nel Regno Unito dopo il 29 marzo 2019 verrà riservato diverso trattamento, basato sulla legislazione nazionale britannica in materia di immigrazione e su principi di reciprocità con la situazione dei britannici residenti nei Paesi di provenienza degli interessati.
Per quanto riguarda i cittadini britannici residenti in Italia, si intende riconoscere i diritti previsti dall’Accordo di Recesso con le procedure previste dall’art. 18.4, applicando quindi una procedura di natura dichiarativa che riconosce tali diritti per i cittadini britannici residenti in Italia al termine del periodo di transizione (31 dicembre 2020). Un metodo semplice e rapido per tutelare le decine di migliaia di cittadini britannici che hanno scelto di vivere in Italia. I cittadini britannici che vivono e che lavorano in Italia sono invitati ad iscriversi all’Ufficio Anagrafe del proprio Comune italiano di residenza.
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