Sconfiggere il terrorismo con la cyber-technology di Israele
L’importanza della cyber-technology. Un particolare aspetto della difesa dal terrorismo che l’Europa può imparare da Israele è la strategia di sorveglianza basata sulla sicurezza informatica, materia in cui lo Stato ebraico è un leader senza precedenti.
Parlando ad una conferenza sulla sicurezza in giugno, Nadav Argaman, capo della Shin Bet (agenzia di sicurezza interna di Israele), ha rivelato che l’agenzia ha utilizzato la cyber-technology per evitare più di 2.000 attacchi terroristici dall’inizio del 2016. Israele ha utilizzato una specifica tecnologia informatica per proteggersi meglio dagli attacchi di lupi solitari, sempre ispirati all’incitamento ad uccidere espresso sui social media. Il punto è che utilizzando strumenti tradizionali di lettura, senza una specifica tecnologia innovativa di analisi dei contenuti e di raccolta di informazioni, non si otterrebbe alcun risultato.
I leader europei dovrebbero coinvolgere le loro controparti israeliane, sia in ambito pubblico, sia privato, per imparare e applicare queste best practice e monitorare i canali on-line, fino a specifiche metodologie, come ad esempio quella di esercitare la sorveglianza sulle moschee, che sono certamente lecite e spesso ricoprono un ruolo positivo ed educativo per chi le frequenta, ma talvolta si rivelano purtroppo incubatori per il terrorismo. L’obiettivo è di raccogliere indizi, individuare i terroristi potenziali prima che abbiano l’opportunità di compiere un attacco, e arrestarli in tempo.
Logicamente non basterà mai la sola prevenzione online: ci deve essere una maggiore presenza fisica della sicurezza, inclusi personale armato e barriere nei principali luoghi pubblici e punti sensibili, che sono obiettivi appetibili per i potenziali terroristi.
In Israele, per continuare questo parallelo, troverete una pesante presenza della sicurezza, sia in uniforme che non, nei siti più importanti, oltre a barriere in cemento armato nei punti sensibili e nelle fermate degli autobus, per prevenire i sempre più numerosi atti di terrorismo compiuti da auto, furgoni e altri mezzi.
Per quanto finora sia stato meno sentito in Europa, il prossimo passo deve essere quello di cominciare ad applicare la valutazione dei rischi tramite la profilazione come misura di precauzione e di prevenzione, concentrandosi su quello che le nuove tecnologie informatiche possono meglio evidenziare. Inutile monitorare tutti: una madre con due bambini non si adatta al profilo di un tipico terrorista in questo scenario, quando tutti i terroristi che usano auto bomba o si gettano sulla folla sono maschi jihadisti islamici tra i 20 e i 40 anni.
Per far sì che le nuove tecniche siano efficaci, l’Europa dovrebbe seguire i metodi di Israele, che non applica un’approfondita profilazione a interi gruppi etnici, ma si è concentrato nell’osservare il linguaggio del corpo, i segni fisici e altri indizi forniti da comportamenti anomali. La limitazione di alcune libertà personali sarà un piccolo prezzo da pagare per salvare la vita di molti cittadini europei.
Ci sono altri passi che i leader europei dovrebbero prendere in considerazione, nell’ambito della loro strategia globale per prevenire gli attacchi di lupi solitari, incluso il rifiuto di rientro a coloro che sono andati in Siria, Iraq o altro per imparare a combattere per conto dell’Isis. Altro concetto difficile da accettare: il sogno delle frontiere aperte di Schengen forse non può continuare nella sua forma attuale, con frontiere libere e controlli di sicurezza limitati, in cui i terroristi possono liberamente muoversi da un Paese all’altro senza dover subire alcun controllo. Così come molte contraddizioni andrebbero chiarite anche in politica estera. Ma qui ci addentriamo in un campo che poco ha a che fare con la cyber-technology.
Prevenire al 100% gli attacchi dei lupi solitari non è possibile, ma è possibile compiere molti passi diversi per ridurre al minimo la minaccia.