MILANOLTRE SI TINGE DI SACRO E ILLEGALE
MILANOLTRE
La sala Shakespeare del teatro Elfo Puccini s’incanta d’isterico misticismo, grazie alla prima messa in scena (27/28 settembre) del MILANOLTRE FESTIVAL
“A. semu tutti devoti tutti?”
di Vivien Bovard
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La grazia nevrotica dello spettacolo, la cui regia e coreografia sono frutto di Roberto Zappalà, nasce dall’ambiguità potente di una delle feste più grandi della cattolicità: Sant’Agata a Catania. L’ossessività abissale dei sette uomini in scena mostra la frenesia sacra alla quale si condannano certi fedeli, desiderosi d’ubriacarsi di Dio e di congiungersi con esso, tramite i metodi più disparati.
Il conflitto costante è coordinato da gesti irrequieti e instabili che lasciano lo spettatore turbato dal supplizio a cui sono sottoposti questi mistici popolari. La scena si esalta grazie alla passiva ieraticità del corpo di Valeria Zampardi, che nelle luci ambrate e nella sua fluente immobilità, si erge a ruolo di Santa, nella sospesa lentezza processionale, che sublima il tempo e il gesto. La musica dei Lutari, nello sciogliersi dei corpi, trama la scena di sacre e funeste sinfonie.
SACRO E PROFANO
Nell’ambivalenza tra sacro e profano, che s’intrecciano saldamente in una coniunctio oppositorum, l’intero spettacolo si pone come una sintesi di conflitti, ch’eppure non si risolvono. Dal corpo nudo, ai reggiseni che fungono da scenografia, dalle luci scattanti al luminoso silenzio degli attimi quieti, tutto si scontra e s’inganna.
Anche lo schermo, inserito nella cattedrale di reggiseni, sulla quale vengono proiettate immagini dello stadio di Catania, s’inserisce in modo caustico all’interno del quadro generale. I tifosi proiettati sono metafora degli instancabili “divoti” che più che religiosi si fanno, nella degenerazione cultuale, fanatici fans di Sant’Agata. Zappalà condanna anche le ingerenze mafiose, citando il processo giudiziario che ridimensionò questo aspetto all’interno di una delle feste più pagane della cattolicità.
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I rimandi alla tragedia greca, ogni qual volta si tratti di Sicilia, sono pressoché inevitabili: il palcoscenico dell’Elfo, grazie alla nevrotica spiritualità di “A. semu tutti devoti tutti?” ha riportato il teatro a ciò che era un tempo, il tempio di un dio folle.
Vivien Bovard
P. S.: Ricordiamo che nel titolo dello spettacolo, vincitore già nel 2009 del Premio D&D, la “A” sta per Agata, la santa patrona della città di Catania, cui sono stati strappati i seni per punizione, avendo rifiutato di concedersi al proconsole romano. A lei Catania dedica ogni anno una festa, che figura tra le più importanti del mondo cattolico, caratterizzata dalla litania “siamo tutti devoti tutti!”.
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