Internet of Things e Industria 4.0
—- di Federica Di Bari – Trendiest News — I passi avanti della tecnologia cui abbiamo assistito negli ultimi decenni hanno enormemente avvantaggiato le imprese, permettendo loro di implementare il processo produttivo con un prezioso alleato: l’infrastruttura di internet.
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È il caso dell’Internet of Things (o semplicemente IoT), che ha portato in dote a quelli che fino a qualche anno fa erano comuni oggetti, il dono dell’intelligenza. Molti di essi li adoperiamo già da tempo nella vita di tutti i giorni: i diffusissimi smartwatch, o gli impianti di riscaldamento delle abitazioni, ormai comandabili da remoto tramite smartphone, solo per fare un paio di esempi.
L’Industria 4.0
Ma anche l’industria ha beneficiato a piene mani dell’impiego dell’IoT. Nella cosiddetta Industria 4.0, i macchinari impiegati nella produzione sono dotati di speciali sensori, grazie ai quali riescono ad offrire dei veri e propri servizi senza la necessità di alcun intervento umano. Ma non finisce qui: questi macchinari possono anche dialogare tra loro, nell’ambito di un processo produttivo completo. I vantaggi di queste soluzioni sono sotto gli occhi di tutti: migliorano le prestazioni dei prodotti, si riducono i consumi energetici, le previsioni si fanno sempre più attendibili, e gli scarti si riducono all’osso.
Le soluzioni appena descritte sono totalmente applicabili alle grandi imprese, ma non accade necessariamente lo stesso anche a quelle piccole e medie. È un’indagine dell’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano a certificarlo: nel triennio 2017-2019 ben il 54% delle grandi aziende prese in esame ha avviato almeno un progetto nel campo dell’IoT, mentre si può dire lo stesso solo per il 13% delle PMI. Il problema sembrerebbe riconducibile alla mancanza di competenze e alle barriere di tipo culturale e tecnologico; infatti, solo il 39% delle piccole e medie imprese ha cognizione delle innovazioni nel campo dell’Industria 4.0.
Il problema dei costi
Certo, i costi da sostenere per la conversione dei processi produttivi non sono indifferenti; non si tratta solo di acquistare nuovi macchinari “intelligenti”, ma anche di rinnovare le soluzioni di storage dei dati prodotti dall’IoT, abbandonando i server tradizionali (non abbastanza capienti) per convertirsi all’utilizzo del Cloud, capace di accogliere e gestire questi dati al meglio. Questi ingenti costi – da ammortizzare nel lungo periodo – possono determinare però un incremento pressoché immediato del profitto. Anche l’immagine aziendale ne trae beneficio, associando il brand allo sviluppo di progetti innovativi e consentendo alle aziende di offrire ai propri clienti servizi extra altamente competitivi: ad esempio la possibilità di ricevere notifiche in tempo reale in caso di situazioni di emergenza, o la capacità di prestare servizi di manutenzione preventiva o predittiva.
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Privacy by design
Alle valutazioni della convenienza a digitalizzare il proprio impianto produttivo – soprattutto per quanto riguarda le imprese che offrono ai propri clienti servizi basati sulla tecnologia IoT – va però affiancato un attento studio delle norme in materia di data protection. L’interconnessione di oggetti comporta, inevitabilmente, la raccolta di numerosissimi dati personali degli utenti: in tal senso, il GDPR parla di “privacy by design”, che significa che ogni impresa dovrà, sin dal momento della progettazione di servizi, sistemi o applicazioni, dotarsi di garanzie per la protezione dei dati, in conformità con il regolamento stesso.
Solo un’impresa che coniughi efficienza, innovazione e attenzione ai dati personali dell’utente, potrà trarre il massimo beneficio dall’adozione di tecnologie compatibili con l’Internet of Things. In un futuro ormai prossimo, caratterizzato da una crescente competitività dei mercati, la rivoluzione dell’Industria 4.0 non potrà non riguardare sempre più anche le piccole e medie imprese, che non vorranno rischiare di rimanere tagliate fuori dai propri mercati di riferimento. Non sarà solo auspicabile, ma persino necessario che le aziende si adeguino – “darwinianamente” – al cambiamento.
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