Fondazione PLEF presenta: “La banca di territorio tra passato, presente e futuro”.
Intervento di Maurizio Baravelli, Professore Ordinario di Economia e gestione della banca presso l’Università Sapienza di Roma – di Letizia Dehò –
“C’erano una volta le banche di territorio…” potrebbe essere l’inizio di una fiaba dei prossimi decenni. Ebbene sì. Le banche di territorio stanno scomparendo a vantaggio di un modello di Grande Banca, favorito, secondo il modello di “pensiero unico”, dai grandi regolatori (BCE e Banca d’Italia).
Il dibattito in letteratura riflette al riguardo chiedendosi: qual è il sistema bancario migliore per lo sviluppo, tante banche territoriali oppure un’unica grande banca diversificata? Perché i grandi regolatori favoriscono il pensiero unico? C’è, forse, un disegno (nascosto) per eliminare le banche di territorio a favore del grande capitale? Quali ragioni economiche, politiche e sociali a favore della difesa delle banche di territorio e quindi di un sistema pluralistico?
Maurizio Baravelli, Professore Ordinario di Economia e gestione della banca presso l’Università Sapienza di Roma e ospite per la serata della Fondazione PLEF (Planet Life Economy Foundation), prova a rispondere a questi interrogativi.
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Cos’è la banca di territorio?
Le banche nascono come banche di territorio.
La Banca di territorio ha un’area di azione circoscritta, dispone di una rete di distribuzione nel territorio in cui è radicata grazie alla condivisione di valori di appartenenza alla comunità locale. Questo è l’aspetto sociologico che lega molto la comunità alla banca di territorio che diventa quasi difensore dello sviluppo della zona stessa.
La banca di territorio è dunque in dialettica con la grande banca che invece opera in più territori con un’ampia operatività e con servizi diversificati, persegue strategie di espansione, dispone di reti distributive ed è guidata dalla creazione di valore per l’azionista. Mentre la banca di territorio guarda all’efficienza interna ed esterna, la grande banca guarda più all’efficienza propria: agli azionisti piuttosto che al mercato.
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Quale struttura del sistema del bancario per il rilancio dello sviluppo?
Si tratta di continuare il ragionamento seguendo una prospettiva macroeconomica e riflettendo su quale sia la struttura bancaria più adatta perché la banca dia un contributo alla crescita.
Due sono le opzioni di risposta: da un lato una struttura che prevede un insieme numeroso di banche locali, dall’altro pochi gradi gruppi bancari nazionali che operano in più regioni. Ma c’è anche una terza soluzione che prevede la coesistenza di banche locali e nazionali.
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Pro e contro dei due modelli
Il Professore Maurizio Baravelli afferma: ”La Banca locale raccoglie risparmio locale e lo alloca nel territorio stesso, ha una vicinanza alla clientela locale (la conosce e quindi valuta bene il rischio), sostiene imprese locali in cado di crisi (difende economia locale). I contro: il risparmio locale piò essere inadeguato rispetto alla crescita ei grandi finanziamenti.
La banca nazionale non segmenta il mercato, ma mobilita il risparmio in un’ottica nazionale, unifica mercato del credito, ha minori legami politici con il territorio, diversifica i rischi, ma, di contro, vive di forti asimmetrie informative perché non conosce bene i clienti e favorisce le economie territoriali più progredite.
Avendo entrambi i modelli dei lati positivi e negativi, la migliore soluzione sembra la loro coesistenza come tutt’ora avviene.
Allora perché i Regolatori, che decidono in ultima istanza il disegno da adottare, insistono con il modello di “pensiero unico”, cioè con il modello di grande banca universale?
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Il “pensiero unico” è la migliore soluzione?
Si può pensare che il futuro sia della grande banca per varie ragioni: nel mercato unico europeo vinceranno le grandi dimensioni, solo le grandi banche beneficiano dell’economia di scala e sono più competitive nei servizi perché hanno economie di scopo e sul piano finanziario dunque sono più efficienti.
Ed è questo quello che pensano i grandi Regolatori tanto da effettuare un’evoluzione del piano normativo con cui si introducono regole e vincoli particolari che direttamente e indirettamente favoriscono la grande banca e penalizzino la più piccola. Per esempio sono richiesti maggiori requisiti patrimoniali, un controllo strategico sulla sostenibilità dei modelli di business ed è prevista una pressione molto forte da parte della vigilanza. Queste stesse regole sono state applicate ad entrambe le banche grandi e piccole violando il principio di proporzionalità. Quindi le piccole sono state in difficoltà a seguire la regolamentazione
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Come hanno reagito le banche del territorio?
Le più grandi delle piccole banche hanno cercato la via dell’autonomia e dell’indipendenza, con rafforzamenti patrimoniale e organizzativi e uscendo dai loro territori escono dal localismo. Altre hanno fatto accordi collaborativi con modello network per abbattere strutture comuni. La maggior parte è finita nell’orbita delle grandi banche che si dichiarano poli di aggregazione e diventano grandi gruppi. Gli azionisti amano quest’ultima soluzione
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Minacce e opportunità:
Da un lato la vigilanza è restrittiva, hanno meno attività da svolgere, minore attrattività dell’attività creditizia tradizionale. Si è poi aggiunto anche il settore del fintech che richiede una superiore tecnologia ed informativa ed una maggiore efficienza operativa. Sono minacce che se affrontate in modo adeguato possono trasformarsi in opportunità ed in successo competitivo
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PLEF
PLEF è una libera Fondazione senza scopo di lucro che si occupa di dare concretezza ai principi della Sostenibilità al fine di includerli nelle dinamiche gestionali dell’impresa (strategie, competitività, valore aggiunto, finanza, processi produttivi, ecc.) facendo attenzione alle reali aspettative dei cittadini/consumatori (qualità di vita, emozione, piacere, divertimento).
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L’obiettivo che si pongono i membri di Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile ASVIS è quello di cambiare rotta ai modelli di sviluppo economico attuali e consolidare la sostenibilità come valore fondante a livello globale. L’ambizione di ASVIS, raggiungendo i target di sviluppo sostenibile dell’Agenda Globale 2030, è quella di orientare le persone verso un percorso condiviso e ritenuto necessario basato su forme di uguaglianza e egualitarismo nei confronti delle strutture economiche, naturali, umane, sociali del capitale.
– di Letizia Dehò –