Educazione e Cultura: i Rischi di una Deriva Sovranista e la Sfida per un’Utopia Liberale e Moderata

Nel dibattito pubblico italiano i temi dell’istruzione e della cultura sembrano sempre più appaltati a una visione identitaria, spesso piegata a esigenze di legittimazione politica piuttosto che orientata al futuro. La recente enfasi del governo su programmi educativi e culturali connotati da un’impronta sovranista e conservatrice solleva interrogativi profondi sul modello di cittadinanza che stiamo costruendo. E interroga, soprattutto, quella parte di Paese che, pur non riconoscendosi negli eccessi ideologici della sinistra storica, cerca un equilibrio tra memoria e innovazione, tra valori nazionali e apertura globale.
Indice dei Contenuti:
Un passato mitizzato e selettivo?
L’impostazione prevalente nei programmi ministeriali promossi negli ultimi mesi (si pensi alla revisione dei curricoli scolastici, al ridimensionamento di alcuni contenuti legati all’educazione civica europea o al ruolo marginale attribuito alla cultura del dissenso novecentesco) rischia di cristallizzare un’idea di Nazione fondata su un passato mitizzato e selettivo. Non si tratta solo di decidere quali autori insegnare o quale storia raccontare: si tratta di quale tipo di cittadino vogliamo formare.
Pluralismo e responsabilità individuale
Da liberale moderato, con una visione della democrazia ancorata al pluralismo e alla responsabilità individuale, è difficile non cogliere le implicazioni sistemiche di un simile orientamento. L’istruzione pubblica non dovrebbe essere un campo di battaglia ideologico, ma un luogo di fermento critico, in cui le generazioni si incontrano nel confronto tra visioni diverse. Il rischio maggiore è quello di perdere il senso stesso della cultura come strumento di emancipazione. Un’educazione che insegna a credere anziché a pensare genera sudditi, non cittadini.
La generazione Z
Eppure, non basta opporsi per costruire alternative credibili. L’egemonia culturale, per quanto discutibile, si combatte con proposte. La generazione Z, con la sua domanda di autenticità, sostenibilità e giustizia sociale, sfida tanto i conservatorismi reazionari quanto le ortodossie di sinistra ormai svuotate di visione. In questo spazio si apre un’opportunità per una nuova sintesi: riscoprire l’universalismo progressista della sinistra storica, fatto di diritti, mobilità sociale, scuola pubblica, e intrecciarlo con la fiducia liberale nell’individuo, nella libera iniziativa, nella diversità come valore.
Parlare con i giovani
Questo richiede una politica culturale che sappia parlare non solo ai giovani, ma con i giovani. Che valorizzi la memoria storica senza dogmi, che investa in competenze digitali senza scadere nel tecnicismo, che promuova l’identità italiana come tessuto aperto di scambi, contaminazioni e innovazioni.
In ultima analisi, si tratta di capire se vogliamo una scuola e una cultura che raccontino ciò che siamo stati o che ci aiutino a diventare ciò che possiamo essere. Per chi crede nella libertà come responsabilità condivisa, nella cultura come ascensore sociale e nella moderazione come scelta coraggiosa, il tempo delle ambiguità è finito. Serve una nuova alleanza tra riformismo liberale e progressismo etico: solo così potremo evitare che la prossima generazione venga educata non alla cittadinanza, ma alla fedeltà.
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