Ascolti Tv Auditel 2017. Rai in calo. Parodi e Fazio portano giù i risultati.
Nel 2017 meno spettatori del 2016 per la Rai e critiche a “Domenica In”, “Che Tempo che fa” e la gestione di Mario Orfeo. Questo il triste bilancio di Auditel 2017.
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I dati rilevati dallo studio Frasi, pubblicati da Gianluca Roselli sul “Fatto Quotidiano”, sono impietosi nei confronti della TV di Stato: “Meno 123.764 telespettatori al giorno per i canali generalisti Rai rispetto al 2016, che arrivano a meno 410.049 nella fascia di prima serata. Con Rai Uno che perde 25.543 spettatori nel giorno medio, Rai Due 73.346 e Rai Tre 24.746. Mentre in prima serata – la fascia più importante, quella che produce i maggiori introiti pubblicitari – Raiuno perde 44.143 spettatori, Raidue 187.933, Raitre 177.963”.
Che Cristina e Benedetta Parodi lasciassero perplessi gli spettatori, si sapeva. Forse anche un calo di interesse per il programma “Che tempo che fa” di Fabio Fazio, passato da Rai3 a Rai1, si poteva intuire, ma quello che più brucerà a Mario Orfeo è che la Rai “nei primi mesi del 2018 sarà costretta a ritoccare al ribasso il suo listino pubblicitario e a regalare spot compensativi agli inserzionisti”, secondo le indiscrezioni del “Fatto Quotidiano”.
FLOP DEL RENZISMO?
E si parla ovviamente di “flop del renzismo a Viale Mazzini”, e in special modo del renziano direttore generale Mario Orfeo, cui vengono imputati due errori clamorosi, quali il supercontratto di Fabio Fazio e il doloroso addio di Milena Gabanelli, che approda a La7. “La7 che ha accolto transfughi Rai di primo livello come Massimo Giletti e Giovanni Floris, quest’ultimo in special modo divenuto un baluardo dell’informazione alternativo alla Rai. Assieme ovviamente a Lilli Gruber, che – in concerto con il collega di cui sopra – vede avvicendarsi politici di spicco nei momenti caldi del dibattito politico. E così lo stesso Renzi preferisce apparire a DiMartedì e la stessa Boschi dalla Gruber anziché veicolare i propri messaggi o le proprie presenze televisive dai canali Rai” insiste il giornalista. Per non parlare dell’autogol sui diritti dei mondiali di calcio.
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