Al teatro Franco Parenti “Opera Panica” con la regia di Fabio Cherstich
Se dopo un anno dalla sua prima volta al teatro Franco Parenti, Opera Panica, con la regia di Fabio Cherstich, s’inserisce in calendario per ancora due settimane, un motivo c’è.
di Vivien Bovard
I quattro attori, assieme al duo DUPERDU (Marta Maria Marangoni e Fabio Wolf, autori e interpreti delle canzoni originali) hanno saputo dare voce a un testo al limite del magico e, poeticamente parlando, ancora in grado, nonostante lo stravolgimento delle avanguardie, di inserire nuovi tasselli al linguaggio scenico.
L’OPERA
Il tema dell’opera è così indefinibile che declinarlo nelle sue varie sfumature sarebbe impossibile. La narrazione, infatti, si concentra sugli aspetti più disparati dell’esistenza, che tra farsa e realtà, ci costringe a mascherarci e smascherarci di continuo. Non si limita soltanto a ciò Opera Panica. La sua sconvolgente e attraente totalità cita l’assurdità delle varie attitudini alla vita, che spesso sono intercambiabili e mai fisse. L’iraconda tragicomicità dello spettacolo non può che risvegliare nello spettatore l’ambiguità che gli appartiene e, di conseguenza, attrarlo nella sua morsa illuminante. In un caleidoscopio di visioni, surreali e radicate nell’animo umano, lo spettacolo si svolge su piani diversi e intersecati.
PANICA OVVERO TOTALE
Sono 26 le mini-pièce che, accordate a piccoli sketch musicali, ornano l’intero spettacolo. Al di sopra di un complesso, apparente, delirio d’eventi, un velo d’ironia e caustica realtà si staglia, come stendardo dell’interezza della vita, a riproporre la sua unica molteplicità. Motivo per cui l’opera è definita “panica”, ovvero “totale”. Il titolo riprende l’idea teatrale dell’autore originale: Alejandro Jodorowsky, l’autore cileno, inventore della psicomagia, la terapia artistica che vuole insegnare alla ragione il linguaggio del sogno. Il teatro non deve essere, infatti, un luogo chiuso, unidirezionale, moralista ed essenzialmente bourgeois, ma un detonatore d’emotività, abile nel risvegliare sentimenti, anche scomodi, che, però, ci esortano alla vera vita.
LORIS FABIANI
All’apice di questo aspetto si erge un nietzschiano Loris Fabiani, che vestendo i panni di uno pseudo-Zarathustra, in mezzo alla ridicola farsa di uno show televisivo, dove impera l’immagine più superficiale, si annuncia “diverso”. Così, nutrito di quella diversità sublimante, esorta il pubblico a prendere parte al teatro. In questo istante scatta il panico. Ognuno si accorge che è ancora lunga la via verso l’acquisizione del potere sulla propria vita. È allora l’attore, sfrontato abbattitore della quarta parete, a inserirsi, senza pudore, nel pubblico, ampliando i limiti, per inglobare la totalità dello spazio possibile.
Il testo non è mai antiquato e di continuo, con dissacrante potenza, cita la contemporaneità nella sua ambiguità. L’approccio onirico non distoglie però lo spettatore dalla realtà. Le scene, in un groviglio di voci diverse, conducono alla chiarità, che è esposta così come si presenta nella vita, paradossalmente velata.
Fino al 13 ottobre Opera Panica lascia aperte le porte a chiunque voglia ridimensionare e purificare la parola “panico”.
Vivien Bovard
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Opera Panica
di Alejandro Jodorowsky
traduzione di Antonio Bertoli
con Valentina Picello, Francesco Brandi, Loris Fabiani, Francesco Sferrazza Papa
e con i DUPERDU (Marta Maria Marangoni e Fabio Wolf, autori e interpreti delle canzoni originali) e altri in via di definizione
regia e spazio scenico Fabio Cherstich
costumi Gianluca Sbicca
produzione Teatro Franco Parenti
Spettacolo vincitore NEXT – Laboratorio delle idee per la produzione e la distribuzione dello spettacolo dal vivo lombardo – Edizione 2016/2017