AFGHANISTAN: aiuto dai Trade Point?
Intervista a Gaetano Visalli circa la potenzialità di intervento in
Afghanistan di una rete di Trade Point per lo sviluppo economico- sociale sostenibile
I TRADE POINT sono il “braccio operativo” della World Trade Point
Federation (WTPF), organizzazione internazionale non governativa
costituita dalla Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo
Sviluppo (United Nations Conference on Trade and Development, anche
UNCTAD)
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Alla luce della sua esperienza nella creazione dei Trade Point
in Europa, ritiene che possa sussistere la possibilità di un
intervento economico in Afghanistan?
La situazione economica Afghana, descritta da tutti come sull’orlo di un disastro, in effetti è quella che ci ritroviamo in altre aree del
mondo definite “territori in conflitto o post conflitto”; parliamo di territori che per effetto di tale condizione subiscono valutazioni e
rating internazionali che sono molto confusi e che offuscano l’effettività delle situazioni; in poche parole non si ha una visione chiara del territorio e della sua economia. E’ infatti da ricordare che nel corso di venti anni di insurrezione è stata creata una sorta di
amministrazione ombra in diverse aree del Paese, dove gli introiti maggioritari provenivano dai dazi che si imponevano per i transiti territoriali di beni quali carburante e sigarette, quindi la “tassazione di beni legali”, che consente al nuovo Governo, di avere dei margini in grado di attutire le pressioni finanziarie interne. Gli Afgani sperano di poter conquistare il perfetto funzionamento dello Stato.
Tale funzionamento non può prescindere dalla considerazione che i governatori delle Regioni non hanno il controllo delle aree che
sono loro affidate, perché, come sempre, nella tradizione afgana intervengono “la spartizione territoriale delle famiglie” che con la loro influenza, controllano l’economia di zona e garantisco ai cittadini le provviste per le loro necessità: il cibo, le medicine, la difesa.
Il nuovo Governo vuole rinunciare alle droghe e far rinascere l’economia; la Comunità internazionale dovrebbe proporre un intervento che sia conforme agli usi ed alle consuetudini locali.
Occorre ricreare l’economia in una Nazione che è ancora in guerra con se stessa, ed i Trade Point con le loro linee, fissate dalla World Trade Point Federation che è stata creata dall’UNCTAD ( agenzia dell’ONU, quindi rappresentante della Comunità Internazionale in più di 120 Nazioni), può essere la carta vincente, mettendo in
campo due elementi indispensabili: il commercio che tradizionalmente, sin dall’antichità, è sempre stato l’elemento di sviluppo dei territori, e l’intervento sociale, “arma” potentissima in grado di aiutare lo sviluppo dei vari settori attraverso la crescita culturale della popolazione, senza ingerenze verso un popolo che nel tempo già ha sofferto abbastanza.
Come si può raccordare la pretesa di sviluppo sostenibile,
nell’ambito del dibattito in corso a livello globale, con un
intervento dei Trade Point in Afghanistan?
“Sviluppo” e “crescita” sono due termini che, seppure in modo non
sempre appropriato, hanno accompagnato da sempre il dibattito
inerente lo sviluppo sostenibile.
Nella differenza che intercorre tra questi due concetti, si nasconde uno
degli obiettivi che lo sviluppo sostenibile intende perseguire, e allo
stesso tempo uno dei fenomeni che oggi rendono l’attività umana
ecologicamente e socialmente insostenibile.
In realtà i termini “sviluppo” e “crescita” non possono essere confusi
l’uno con l’altro. La crescita fa riferimento all’aumento di un indicatore
economico quantitativo come la produzione. Lo sviluppo riguarda
invece il miglioramento di parametri economici e sociali
essenzialmente qualitativi, che comprendono certo la crescita del
prodotto pro- capite, ma anche altri importanti aspetti strutturali,
sociali e culturali, relativi per esempio all’istruzione, alla vita culturale,
alla salute, alla partecipazione democratica.
Da ciò si può, anzi si deve, dedurre che quando i teorici dello
sviluppo sostenibile propongono un modello di sviluppo senza
crescita, non intendono immaginare un futuro che fermila produzione
economica, gli scambi commerciali e, in sostanza, che provochi uno
stato stazionario della ricchezza delle nazioni.
L’intervento dei Trade Point ed in particolare di quello di Milano che
al suo interno gode di una sezione “International Center for
Sustainable Development ”può proporre un modello economico e
soprattutto sociale, sul quale la Comunità Internazionale potrà basarsi
ed investire, al fine di creare il benessere e lo sviluppo delle relazioni
umane in Afghanistan.
Sviluppo e crescita non sono due dimensioni in conflitto reciproco. In
un contesto di sviluppo sostenibile, l’economia Afghana deve
continuare a crescere, non però per mezzo di una sempre maggiore
produzione di beni materiali, quanto piuttosto grazie all’aumento di beni
e servizi immateriali. A incrementare la domanda all’interno di
un’economia sostenibile, non sarà il consumismo, bensì il bisogno di
miglioramento della qualità della vita Afghana, intesa come
accrescimento culturale, miglioramento della salute, qualità
dell’ambiente circostante, sicurezza sociale ed economica.
Da dove si comincia, quindi?
Da accordi ufficiali con il Governo Afghano, per la creazione di una
rete di Trade Point sull’Afghanistan che dovranno operare al pari di
ospedali. Gli ospedali curano le malattie ed i feriti per evitare la
morte delle persone, noi aiutiamo l’economia e lo sviluppo sociale,
con il medesimo obiettivo: “curare ed evitare la morte delle
persone”.
Nei prossimi giorni saranno avviate intese con il nuovo Governo
Afghano, per proiettare la Nazione ed i suoi Cittadini verso un futuro
più promettente.
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