Quale Europa vogliamo? Dai temi economici a quelli sulla pace
— di Alessia Potecchi —
Stiamo vivendo una fase di importanti trasformazioni: la crisi climatica, le guerre alle porte dell’Europa, la frammentazione geopolitica e geoeconomica, la rivoluzione tecnologica e l’Intelligenza Artificiale stanno cambiando l’economia mondiale, le catene globali del valore, i flussi commerciali e di investimento. Dobbiamo decidere quale Europa vogliamo e su quali valori vogliamo investire, la partita si giocherà soprattutto sui temi economici, il fisco, i programmi finanziari, il completamento del Mercato Unico Bancario il tema della pace.
L’Unione Europea è il luogo dove esprimere e realizzare l’interesse nazionale, dove l’Italia deve dialogare con gli altri grandi paesi che si pongono sulla frontiera più avanzata dell’integrazione.
Dobbiamo chiederci se desideriamo costruire davvero una Europa Sociale e della solidarietà che non arretri rispetto a quegli strumenti di solidarietà economica che sono stati messi in campo in questi anni con delle decisioni di carattere storico per fare fronte alla tragedia del Covid che ha colpito in maniera simmetrica tutti gli stati, se vogliamo un’Europa che attui in maniera permanente investimenti comuni, che replichi i programmi che sono stati realizzati in questi anni e ragioni come una famiglia unica, cambiando davvero visione e mentalità.
Rinvigorire il modello sociale europeo per costruire un’Europa che abbandoni definitivamente l’austerità e gli egoismi nazionali per riconoscersi in una comunità di destino con la costruzione del cosiddetto pilastro sociale dell’Unione che garantirà passi in avanti per rimettere al centro la persona, il lavoro e cogliere le migliori opportunità della transizione verde e digitale, che ponga attenzione alle donne grazie al rafforzamento del dialogo sociale e della contrattazione collettiva.
Una Europa sempre più sinergica sui tanti punti che ancora mancano e che voglia rispondere e impegnarsi con una sola voce sulle grandi questioni di oggi a cominciare dai processi di pace dinnanzi ai quali occorre spingere e marciare con forza tutti nella stessa direzione.
Serve molto più coraggio, ritrovare la strada che ha dato vita al Next Generation EU. Non possiamo permettere che questa esperienza termini, una decisione storica lanciata dal più importante piano di investimenti comuni della storia europea.
Le destre nazionaliste si oppongono con forza a questi programmi di solidarietà, è nella loro storia e nel loro DNA, vorrebbero tornare indietro, vorrebbero arretrare e sono in forte imbarazzo dinnanzi a queste decisioni.
È necessario rendere strutturali i programmi di investimento comuni introdotti come risposta alla pandemia, tali programmi non devono essere considerati solo un fattore emergenziale ma devono costituire la spinta per metter in campo nuove risorse per favorire investimenti comuni sulla transizione ecologica e digitale e sui beni pubblici europei.
La governance economica deve contribuire fattivamente a costruire un’Europa sociale, democratica e sostenibile, che sostenga decisamente le persone e le realtà interessate alle grandi trasformazioni della conversione ecologica e digitale. È urgente puntare alla creazione di un fisco comune e questo è necessario per costruire le basi sociali dell’Unione e superare un’impostazione che dà ancora prevalenza in particolare ai contributi nazionali.
Non è facile, è un percorso complesso e delicato l’armonizzazione di 27 sistemi tributari diversi ma è un cammino che è necessario percorrere con competenza, serietà e lungimiranza.
Un bilancio che corrisponde all’1% del PIL europeo è del tutto insufficiente alle sfide cui l’Unione è chiamata. Non è più pensabile che esistano paradisi fiscali all’interno dell’UE o Stati che applicano tranquillamente il Dumping Sociale facendosi concorrenza, le tasse vanno pagate lì dove si realizzano i profitti.
Vanno eliminate con programmi seri le disuguaglianze territoriali, geografiche e generazionali. Uno degli obiettivi della prossima legislatura deve essere il completamento e la modernizzazione del mercato interno, è una priorità fondamentale per rafforzare il modello sociale e produttivo europeo.
In questo contesto occorre introdurre un meccanismo comune di contributi provenienti dagli aiuti di stato, da indirizzare a investimenti per progetti pan-europei e favorire parità di condizioni tra le imprese. Bisogna costruire un mercato interno che sia efficace e che sappia competere in maniera fattiva con i soggetti economici internazionali.
Va rafforzato il completamento dell’Unione di capitali, per consentire alle imprese di avere finanziamenti privati alle stesse condizioni e dell’Unione Bancaria con un meccanismo di protezione dei depositi a livello europeo e un fondo di liquidità per garantire la stabilità finanziaria.
L’Italia in tutto questo deve giocare una parte importante, da protagonista ed essere all’altezza delle sfide che ci attendono.
A tutto questo dobbiamo rispondere introducendo un programma serio di Riforme, ce lo chiede l’Europa ma il nostro paese ne ha bisogno perché le Riforme sono necessarie per continuare a operare in prima fila e a svolgere un ruolo fondamentale nel contesto europeo e globale, non è più tempo di attendere se vogliamo guardare avanti e affrontare il futuro con consapevolezza e responsabilità.