L’aurea mediocritas di Orazio
L’aurea mediocritas di Orazio non ha l’accezione negativa che gli conferiamo noi di “dozzinale”: è il calco semantico del sostantivo greco “mesotes”, usato anche da Aristotele nell’Etica Nicomachea come la via di mezzo tra vizi opposti.
Cicerone scrive nel “De Officiis” che la mediocritas è ciò che sta tra il troppo ed il poco, ma anche lui si fa portavoce della tradizione della cultura classica in cui l’aspirazione alla moderazione è un topos letterario ampiamente consacrato.
L’aggettivo “aurea” è in riferimento all’età dell’oro quando l’uomo viveva felice privo di superbia ed eccessi.
Vivrai meglio, o Licinio, senza spingerti sempre in alto mare né, mentre cautamente temi le tempeste, non seguirai troppo da vicino la costa pericolosa.
Chiunque segue l’aureo principio del giusto mezzo, al sicuro, resta lontano dallo squallore di una casa fatiscente; e sta lontano, sobrio, da un palazzo che crea invidia .
Molto spesso il pino troppo alto è agitato dai venti, e le torri più elevate sono quelle che crollano al suolo in modo più rovinoso, ed i fulmini colpiscono le cime dei monti .
Un cuore opportunamente predisposto nelle situazioni avverse si augura una sorte favorevole, in quelle felici teme la sorte contraria. Squallidi inverni scatena su di noi Giove ed è lui stesso che li allontana.
E se le cose ora vanno male, non è detto che sarà così anche la prossima volta: talvolta, Apollo con la cetra sveglia la Musa silenziosa, e non sempre tende l’arco.
Nei momenti difficili mostra un animo forte e coraggioso, ed allo stesso modo, saggiamente, ammainerai le vele gonfiate da un vento troppo favorevole.