Juventus Tether: Elkann cede Gedi ma si offende se i “nuovi ricchi” di Tether offrono un miliardo per la Juventus

È un momento di rara convergenza astrale quello a cui stiamo assistendo: John Elkann è riuscito nell’impresa titanica di mettere d’accordo Matteo Salvini e Carlo Calenda. Il numero uno di Exor, artefice dello spostamento del baricentro familiare verso orizzonti globali (e sedi olandesi), ha respinto al mittente l’offerta da 1,1 miliardi di euro presentata da Tether per l’acquisizione della Juventus.
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La motivazione ufficiale fa appello alla storia e all’impegno secolare della famiglia. Una presa di posizione che, tuttavia, stride rumorosamente con le recenti mosse di portafoglio: dalla cessione del gruppo Gedi (e della storica Repubblica) a quella di Magneti Marelli. Una strategia di disimpegno dagli asset italiani che non è sfuggita alla politica: Calenda su X sottolinea come le dichiarazioni sui “valori” siano difficilmente conciliabili con la vendita di pezzi pregiati dell’industria nazionale, mentre Salvini, tra una bocciofila e l’altra, chiosa amaramente sui “danni” percepiti dal sistema Italia.
Eppure, di fronte al calcio, la logica del “vendere per valorizzare” si arresta. Tenersi la Juventus sembra essere diventata l’ultima trincea, una scelta che sfida la logica puramente finanziaria per entrare nel campo minato dell’orgoglio dinastico.
Lo Snobismo Geografico: Amsterdam guarda dall’alto in basso El Salvador
Tra le righe del comunicato di rifiuto di Exor si legge un certo fastidio, quasi un divertissement aristocratico. La holding ha tenuto a specificare che l’offerta proveniva da “El Salvador-based Tether”. Una puntualizzazione geografica che suona come una sottile presa di distanza: da una parte la solidità della vecchia Europa, dall’altra l’esotismo di chi ha sede nel Paese del Bitcoin. L’ironia della sorte, però, è che questa lezione di stile arrivi da Exor N.V., società che ha scelto i Paesi Bassi come base legale e fiscale.
È un curioso paradosso: la finanza tradizionale, che si muove tra le pieghe delle normative olandesi per ottimizzare la governance (e il voto maggiorato), storce il naso davanti ai capitali della new economy solo perché domiciliati in lidi considerati meno blasonati. Tether.io , guidata dal management italiano Paolo Ardoino e Giancarlo Devasini, offriva liquidità immediata, senza le complesse architetture di debito che spesso soffocano il calcio. Ma evidentemente, per Torino, c’è denaro e denaro. E quello generato dalla DeFi e dal mondo delle Stablecoin sembra non avere, agli occhi della proprietà, il giusto pedigree.
L’Internet del Valore contro i Salotti del Novecento
Se guardiamo oltre la cronaca, il rifiuto di Exor assomiglia al tentativo di fermare l’alta marea con un secchiello. L’offerta di Tether non era una semplice acquisizione, ma il simbolo di un cambio d’epoca: il passaggio all’Internet del Valore. Mentre il calcio europeo annaspa tra debiti e bilanci in rosso, le stablecoin come USDT muovono volumi colossali in tempo reale, rappresentando un’infrastruttura finanziaria liquida e veloce che le banche tradizionali faticano a eguagliare.
Tether offriva alla Juventus un biglietto per il futuro: tokenizzazione, mercati digitali e un’iniezione di capitale fresco (si parlava di un ulteriore miliardo per il mercato) che avrebbe potuto colmare il gap con le big inglesi. Rifiutare questa prospettiva in nome della “continuità” rischia di apparire come una scelta di retroguardia. Si preferisce gestire un asset analogico con metodi tradizionali piuttosto che aprirsi alle opportunità della blockchain economy, lasciando sul tavolo risorse che avrebbero fatto comodo a un bilancio che richiede continue ricapitalizzazioni.
L’Ultimo Baluardo: tra dismissioni industriali e orgoglio sportivo
La vera domanda che aleggia sulla Continassa è: perché proprio la Juventus? Dopo aver razionalizzato il portafoglio vendendo asset industriali ed editoriali considerati non più strategici o profittevoli, la famiglia Agnelli-Elkann si aggrappa al club bianconero con una tenacia inaspettata.
Se per Repubblica o Marelli ha prevalso la fredda logica dei numeri, per la Juve sembra prevalere una logica di status. Cedere il club significherebbe recidere l’ultimo, visibilissimo legame popolare con l’Italia, lasciando alla famiglia solo il ruolo di investitori globali “senza patria”. I tifosi, tuttavia, faticano a comprendere questa dualità: si sentono prigionieri di una proprietà che non vende a chi (come Tether) promette investimenti faraonici, ma che allo stesso tempo gestisce il club con un’attenzione maniacale ai costi, tipica di chi non vuole più “spendere per vincere” ma solo “gestire per non perdere”.
Il rifiuto a Tether non è solo un “no” a un assegno; è la conferma che la Juventus resta, per ora, un affare privato di famiglia, impermeabile sia alle critiche della politica che alle sirene del nuovo capitale digitale che sta, inevitabilmente, cambiando (nuovamente) il mondo.
FAQ
Perché Exor ha rifiutato l’offerta di Tether nonostante la cifra elevata?
Ufficialmente, Exor ha ribadito che la Juventus è un asset storico e non è in vendita, sottolineando l’impegno a lungo termine della famiglia. Dal punto di vista strategico, molti analisti ritengono che John Elkann non voglia cedere l’ultimo vero simbolo di potere e visibilità rimasto alla famiglia in Italia, specialmente dopo le numerose dismissioni in altri settori. Inoltre, Exor valuta il club circa 2 miliardi di euro, ben oltre l’offerta di 1,1 miliardi.
Perché Salvini e Calenda hanno criticato la scelta di Elkann?
Sebbene appartengano a schieramenti opposti, entrambi i leader politici hanno interpretato il rifiuto di vendere come un atto di incoerenza. Calenda ha ricordato come Elkann non abbia esitato a vendere asset strategici italiani (come Magneti Marelli e i giornali Gedi), accusandolo di mancare di “valori” nazionali. Salvini ha rincarato la dose parlando dei “danni” industriali fatti dalla gestione recente, evidenziando l’isolamento politico della proprietà.
Qual è il significato del riferimento a “El Salvador” nel comunicato Exor?
Citare la sede di Tether in El Salvador serve a evidenziare la natura “esotica” e rischiosa della controparte, contrapponendola alla presunta stabilità istituzionale di Exor. È una mossa retorica per giustificare il rifiuto agli occhi degli azionisti tradizionali, sebbene generi ironia dato che Exor stessa ha spostato la propria sede legale e fiscale all’estero (Olanda) per motivi di convenienza corporativa.
Che cos’è l’Internet del Valore e cosa c’entra con la Juventus?
L’Internet del Valore è l’evoluzione del web permessa dalla tecnologia blockchain, dove è possibile trasferire valore (denaro, asset, diritti) istantaneamente senza intermediari. Tether, emettendo stablecoin (USDT), è un pilastro di questo sistema. L’acquisizione avrebbe potuto trasformare la Juventus in un pioniere dell’economia digitale, integrando nuove forme di ricavi e gestione finanziaria decentralizzata (DeFi).
Perché i tifosi sono scontenti del rifiuto di Elkann?
Molti tifosi vedono nel rifiuto un’occasione persa. Tether non offriva solo 1,1 miliardi per l’acquisto, ma aveva prospettato un ulteriore miliardo di euro da investire nella squadra e nelle strutture. Il “no” di Elkann significa che la Juventus dovrà continuare ad autofinanziarsi o dipendere dalle risorse controllate di Exor, riducendo potenzialmente la capacità di spesa sul mercato rispetto ai club posseduti da stati sovrani o grandi fondi.
Esiste ancora una possibilità che la Juventus venga venduta?
Al momento, la chiusura di Exor è netta (“la Juventus non è in vendita”). Tuttavia, nel mondo della finanza, le posizioni possono cambiare rapidamente di fronte a offerte irrinunciabili o a nuove necessità strategiche della holding. Il rifiuto attuale serve anche a fissare un prezzo minimo (valutazione di 2 miliardi) per eventuali, futuri interlocutori che volessero sedersi al tavolo.




