Intervista alla stilista Cettina Bucca
Ho incontrato la stilista di moda Cettina Bucca nel cuore di Roma, proprio dietro piazza Navona, trovandomi qui per la fiera del libro e lei per i suoi innumerevoli e sempre più gratificanti impegni di lavoro.
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Arriva trafelata ma con un bellissimo sorriso sincero, non di quelli di circostanza stampati in viso agli incontri professionali. Della Bucca mi colpisce che è assolutamente dentro il suo amore per gli abiti.
Mi spiego: il detto ‘ciabattino con le scarpe rotte’ trova in lei un’assoluta eccezione. Infatti se in genere i creatori di moda vivono indossando, le donne nero esistenzialista e gli uomini jeans, lei piomba sulla sedia togliendosi un cappottino di broccato operato in diverse nuance di rosso proprio da urlo, twin set coordinato a un abitino anni ’50 che appare in tutta la sua bellezza quando si toglie il capo spalla restando sbracciata.
INTERVISTA ALLA STILISTA CETTINA BUCCA: OVVERO QUANDO LA FORZA DELLA PASSIONE SI FA MORBIDO ABITO
Insomma eccola qui, davanti a me ‘Cettina Bucca emotional couture’, che si modella addosso un proprio capo, interpretato con l’umanità che nessun altra modella potrebbe incarnare. Perché lei è lei: ovvero il filo emotivo che cuce e s’immerge insieme all’ago nel processo creativo dell’abito.
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E sprezzando la dieta, anche questo fatto abbastanza atipico, mi suggerisce rivelando le sue sicule origini, una variazione di tiramisù al pistacchio. Così, mi immergo tra la goduria di ogni cucchiaiata di quel tosto dessert, e la soavità della conversazione, che restituisco ora al lettore sotto forma di intervista, ma che è davvero stata una piacevolissima chiacchierata tra donne che parlano un linguaggio affine.
E aggiungo con una certezza assoluta che risposte così partecipate e emotive, denotano un amore viscerale per il proprio lavoro, quindi questi abiti sembrano vivi, perché tra tagli e pieghe, tra cuciture e balze, l’asola trova la perfetta corrispondenza con il bottone, insinuandosi tutto l’emozionale creativo di Cettina “persona” nel capo finito e da consegnare a chi lo acquisterà.
D-1- Io credo che ogni artista occupi un posto prima vuoto: qual è il tuo nella moda attuale?
R-1- Non so quale posto prima vuoto potrei occupare. Mi viene da dire, istintivamente, un posto nel quale noi donne possiamo permetterci di agire così come desideriamo, senza schemi mentali predefiniti, senza linee già tracciate da altri che non siamo noi. L’abito, in tal caso, diventa metaforicamente e concretamente, la rappresentazione esterna di un mondo interiore intatto, non ferito, in equilibrio con un sé superiore. Se questo accade, è davvero bello. Molto. Vorrebbe davvero significare unicità di un sogno fatto realtà.
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D-2- Il tuo logo recita ‘Cettina Bucca emotional couture’ un abito deve emozionare lo stilista creatore prima di chi lo indossa?
R-2- L’emozione deve necessariamente essere il filo rosso che guida tutto il processo creativo, a partire dal desiderio iniziale di concretizzare un’ispirazione, che si trasforma in idea la quale a sua volta si materializza fino a diventare il capo finito.
D-3- Com’era il primo vestito che hai indossato e ti ha fatta sentire ‘donna’? Lo hai poi riprodotto?
R-3- Avevo quasi sei anni, il primo abito era di velluto marrone con il tulle che si intravedeva sotto di esso. Completavano il look un paio di “Mary Jane” in vernice dello stesso colore, senza tacco, naturalmente, con la punta in camoscio ed un cerchietto sottile che fermava una capigliatura più che ribelle. Mi sentivo leggera, felice, completa, femminile, donna tra le donne. Ero quella che avrei voluto essere fino a quel momento: una vera donna. L’età non c’entra. L’ho ridisegnato trent’anni dopo. Identico.
D-4- Tu lavori con stoffe che sono frutto di attenta ricerca, spesso pezze antiche, o tessuti di pregio. Il tatto, il sentire una stoffa piuttosto che un’altra ha un valore aggiunto?
R-4- Il tatto è un elemento fondamentale, nella mia ricerca. Immediatamente dopo avere ‘avvistato’ tra tanti, il tessuto che fa per me, mi ritrovo con gli occhi chiusi a ‘sentire’ cosa si prova accarezzando quella stoffa, stringendola tra le dita, prendendola tra le mani ed avvicinandola al volto. Il tatto risveglia sensazioni ancestrali che dicono con certezza se quella stoffa è “tua” oppure no. È come seguire una saggezza antica ed infallibile, che non tradirà, perché un vestito deve farti sentire al sicuro.
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D-5- Qualunque creatore nel suo settore ha un modello, un maestro: il tuo qual è?
R-5- I miei maestri sono quelli che hanno avuto il coraggio di presentare la donna, nel campo della moda, così com’è, anche rischiando di essere travisati, dandole un’immagine di forza e di potenza, ma, nello stesso tempo, risvegliandone prepotentemente il femminile. Nel passato, cito Valentino e Dior, di recente Stella Jean.
D-6- Cosa provi quando vedi un tuo capo indossato? Lo immagini vivo e ammirato camminare per le strade della donna che lo indossa?
R-6- Prima ancora di completare un capo, che sia abito o capo spalla, scrivo un piccolo racconto divertendomi a descrivere le caratteristiche psicologiche della donna che si calerebbe in esso con naturalezza e con desiderio. La immagino in azione, la ‘vedo’ proprio camminare, muoversi, la riconosco dall’espressione del volto, da come gesticola, sono dentro lei, e in un’immedesimazione totale, provo le sue possibili emozioni.
D-7- A proposito di donna, i tuoi capi così glamour e diciamolo, romantici, sono un invito a recuperare una femminilità ultimamente un poco calpestata?
R-7- Un abito veramente femminile e sensuale seduce chi lo indossa, non certo chi lo guarda, che è un momento eventualmente successivo. Pur essendo ‘esteriore’, riesce a dire, della donna che lo veste, molto più di ciò che appare. Racconta il suo sentire, lo stato emotivo, i valori con cui si identifica. La femminilità pervade tutto ciò e, nonostante i colpi bassi che subisce talvolta, non credo potrà mai crollare sotto il peso di sovrastrutture che tenderebbero a questo. È troppo radicata in ciascuna di noi, si riproduce all’infinito come parte integrante.
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D-8- Qual è il luogo che ti aiuta di più a trarre ispirazione per la creazione di un abito?
R-8- Gli aeroporti e le stazioni mi attraggono tantissimo: la variabilità dell’umanità si mette inconsapevolmente in mostra snodandosi in un convulso muoversi di corpi, nei gesti affrettati o più pacati, nel fondersi tra loro, nella solitudine che, malgrado tutto, ispirano questi luoghi in cui spesso ciascuno è chiuso in se stesso e nei suoi pensieri mentre si muove da un luogo all’altro a seconda delle necessità e delle circostanze. Mi piace essere quasi invisibile e far godere gli occhi di semplici particolari, da un fiocco inusuale su uno stivaletto alla caviglia all’improponibile accostamento tra tessuti differenti, al rossetto abbinato alle calze di lana. Questi sono i luoghi ideali per capire, da un semplice particolare, cosa si userà in un prossimo futuro.
D-9- Hai mai pensato, visto il consenso che sta ricevendo la tua griffe per donna, di fare una collezione uomo?
R-9- Non credo che farò una collezione uomo, almeno non per adesso. Anche se potrebbe essere interessante cercare, attraverso un capo, la parte femminile che c’è in ciascun uomo e che si armonizza e si fonde con il maschile, che è ciò che in realtà si mostra.
D-10- Qual è l’abito che hai realizzato che ti è rimasto nel cuore?
R-10- Un abito da sera rosa lungo che seguiva le curve del corpo della mia prima Barbie. Non potrò mai dimenticarlo anche perché ha dato inizio ad un sogno durato tutta la vita.
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D-11- La donna ideale che veste “Cettina Bucca emotional couture” come deve essere?
R-11- Una donna ideale non c’è, o meglio, qualsiasi donna che si senta se stessa in un mio abito lo è. L’ho descritta tempo addietro con un fiume di parole che non finiva più, forse a significare che l’ideale non è circoscrivibile, cammina con noi, proprio come l’eterno scorrere di un corso d’acqua tumultuoso ma limpido.
D-12- Tu hai varcato con i tuoi capi i confini nazionali, ma quanta sicilianità resta comunque in te e nel tuo lavoro?R-12- Della Sicilia gli abiti hanno i colori forti, definiti, come è potente la luce del sole qui da noi; della nostra terra mantengono le sensazioni tattili collegate alla natura possente, al mare, alle antiche dimore regali. Qui sono sognati, pensati, selezionati, assemblati, cuciti, rifiniti. Concrete mani sapienti portano alla luce capi che mantengono ancora vive le nostre tradizioni artigiane, il fluire del tempo, i ricordi di un nobile passato sempre vivo. E tutto trova spazio e forme nei miei abiti.
D-13- Mi fai il nome di una star che proprio vedresti con un capo ‘Cettina Bucca’?
R-13- Non c’è uno sola star che vedrei con un mio abito ma in realtà, tantissime: tutte coloro che hanno il coraggio di mostrarsi con limpidezza per quello che sono realmente. Un abito può nascondere tanto, ma può anche dire quali scommesse abbiamo fatto con noi stesse, cosa inseguiamo, quali sono i nostri talenti, in quale modo siamo capaci di affrontare la vita e le sue sfide. Senza interferenze, senza artefatti o inganni.
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CINZIAALIBRANDI Per altre informazioni si rimanda alla pagina Facebook di Cettina Bucca o al sito web
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