Intervista con Alex Liverani, durante la presentazione della X-E3 FujiFilm
Settimana scorsa, FujiFilm ha presentato le sue nuove fotocamere e lo ha fatto attraverso alcuni progetti fotografici. In questo articolo vi propongo la prima intervista con Alex Liverani per FujiFilm.
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Ciao Alex come stai? Io mi sono permessa di frugare fra i tuoi link e trovare post interessanti da condividere. La prima “citazione” su cui vorrei porti un quesito è la seguente, fatta durante il tuo viaggio in India con la X-E3:
“Nell’istante stesso in cui scattiamo una foto a un estraneo, smettiamo di essere sconosciuti e lo portiamo per sempre con noi”.
A tuo avviso è un concetto sviluppabile nella parte est del mondo così come nella parte ovest?
- È una domanda che mi capita di ricevere spesso questa. Tra qualche giorno presenterò il mio lavoro che si chiama Autovelox. Mi sono immaginato di essere un autovelox e mi sono immaginato tutte le persone all’interno delle auto, nella loro intimità. L’ho fatto sempre per FujiFilm con una X-100F.
Probabilmente un lavoro del genere o quello che ho presentato qui oggi, da noi in Italia, potrebbe avere un po’ più di difficoltà per essere sviluppato. Però mi è capitato di fare questo tipo di fotografia un po’ ovunque e i momenti difficili, con un sorriso, una spiegazione, vengono superati egregiamente in qualsiasi parte del mondo.
Anche a me è capitato di fare foto fuori Alex. Io lavoro moltissimo con il 50mm, ma devo dirti la verità: se scatto street tendo ad avvicinarmi un po’ meno.
- Guarda in questo caso era praticamente obbligatorio. Ho usato un 18mm che diventa un 27mm e quindi la distanza diventa pressoché nulla. In tante situazioni parliamo di 1mt anche meno! Bisogna essere dentro la scena per forza ed è quasi impossibile passare inosservati.
So che sei stato a Londra a vivere. Abiti ancora lì o sei tornato in Italia? È un’esperienza che consigli di vivere?
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- No, sono rientrato e vivo in Romagna. Ma Londra è un’esperienza che consiglio assolutamente di fare. Tuttavia a tempo determinato. È stata una bella esperienza che mi ha consentito di imparare l’inglese, di fare esperienze importanti, fotograficamente mi ha permesso di portare a termine alcuni lavori e aprire un collettivo internazionale.Con loro ho realizzato un progetto che si chiama “Break into brake”. Ho documentato le pause sigaretta alla base della City, il quartiere economico-finanziario di Londra.
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Un’altra frase che ho letto sotto una tua foto, ma che credo sia un po’ una metafora della società odierna, è:
“Viaggiare non è andare in vacanza”.
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Cosa ti lascia un viaggio e perché i fotografi secondo te sono molto legati al viaggio? Tante volte, se posso, vedo che un fotografo preferisce andare piuttosto che dare il tempo alla fotografia di arrivare da lui.
- Questo concetto è vero. Cosa lascia un viaggio? Un viaggio lascia la voglia di ripartire, fondamentalmente. Anche io in passato ho avuto l’esigenza di partire per avere nuovi spunti fotografici.In realtà poi, anche per chi fa street, le occasioni per avere immagini buone e soddisfacenti le possiamo trovare veramente fuori dalla porta di casa. Io ho iniziato un lavoro, sempre con Fuji, che si chiama “0,321” e sono i metri che mi dividono dalla porta di casa mia a una location dove di tanto in tanto mi reco per fare foto street. Questo per ricollegarsi alla fotografia km 0. Anche la street non necessita per forza di uno spostamento in posti esotici o orientali come nel caso dell’ultimo lavoro nello specifico.Ovvio che quando ci troviamo di fronte a qualcosa di nuovo veniamo bombardati da input e informazioni infinite. I nostri stimoli vengono amplificati in quel caso, ma è un bell’esercizio anche provare a fare qualcosa di diverso e divertente fuori dalla porta di casa propria.
Grazie mille Alex, a presto!
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