Analisando Songs Of A Lost World
La copertina di *Songs Of A Lost World* presenta una scultura di Janez Pirnat, realizzata nel 1975, che cambierà la percezione degli ascoltatori già prima di immergersi nei brani. L’opera mostra una testa con tratti neoclassici, contrapposti a una finitura più grezza nel resto della scultura. Questa dualità è una metafora perfetta per il lavoro musicale presente nell’album: un mix di sonorità ruvide e delicatezze armoniche. Questa armonia visiva anticipa la complessità emotiva e sonora che il pubblico troverà nelle canzoni.
Il disco si compone di otto tracce che, a volte, presentano un suono quasi granitico, come in Warsong, dove le linee marziali della batteria si intrecciano con sonorità attraversate da una tensione palpabile. In contrasto, troviamo momenti di fragilità come in A Fragile Thing, dove i giri di pianoforte delicati affiancano l’intensità dell’orchestrazione. Non mancano nemmeno passaggi che sembrano svanire nell’etere, come in I Can Never Say Goodbye, dove la musica si disintegra in un finale etereo, lasciando l’ascoltatore in uno stato quasi di contemplazione.
Un aspetto interessante è il peso tematico delle canzoni, che rispecchiano il periodo di riflessione e introspezione del cantautore, Robert Smith. Queste canzoni trattano il pessimismo e il fluire inesorabile del tempo, riflettendo sul fatto che chi amiamo, inevitabilmente, ci lascia. La produzione, curata da Paul Corkett e il gruppo consolidato composto da Simon Gallup, Jason Cooper, Roger O’Donnell e Reeves Gabrels, è la prova di un lavoro artigianale, attento e meticoloso. Ogni brano è cesellato con cura, creando un affresco sonoro che sfida le aspettative.
In ciascun pezzo emerge la maestria di Smith nel bilanciare la pesantezza dei temi trattati con momenti di tenerezza e poesia. Alcuni brani riescono a trasmettere una fragranza di rinascita e speranza anche all’interno di contesti cupi, come dimostrano And Nothing Is Forever e A Fragile Thing. La dualità dell’esperienza umana trova così rifugio in un album che promete di essere lungo e profondo, un viaggio emozionale attraverso la musica dei The Cure, in grado di catapultare gli ascoltatori in un mondo di sensazioni e riflessioni intime.
Le affinità con Disintegration
Un confronto ravvicinato tra *Songs Of A Lost World* e il capolavoro Disintegration di The Cure rivela tratti distintivi che risuonano attraverso il tempo, pur evidenziando un’evoluzione nei temi e nei suoni. Mentre Disintegration proponeva una materia sonora più leggera, caratterizzata da melodie pop iconiche come Picture of You e la dinamica Lovesong, nel nuovo album si avverte una gravità maggiore. La celebrazione della cupezza e del pessimismo, un segno distintivo nelle liriche di Robert Smith, sembra dominare il panorama musicale del disco, riflettendo un tempo che scorre inesorabilmente e l’ineluttabilità del cambiamento, aspetto che non può che essere influenzato dall’età e dalle esperienze vissute dal cantante.
Esaminando la copertura di entrambi gli album, si evidenziano le differenze significative. Disintegration presentava elementi che potevano essere meglio definiti come transitori, ispirati dalla bellezza effimera, simile ai fiori che sembrano scomparire nel tempo. Al contrario, nella copertina di *Songs Of A Lost World* è la pietra la protagonista, simboleggiando una solidità e una durezza che svelano un profondo concetto di immortalità e permanenza nel processo creativo. Qui, la scultura di Janez Pirnat diventa una rappresentazione ideale del viaggio musicale che combina fragilità e resilienza, proprio come la musica di Smith.
Un aspetto che emerge chiaramente è il lavoro di cesellatura musicale, simile all’avvicinamento artigianale alla materia. Smith esplora e scolpisce la musica con una precisione quasi maniacale, creando un’intimità profonda in ogni traccia. I forti contrasti di suono e struttura all’interno dei brani di questo nuovo album richiamano l’importanza che Disintegration ha avuto nel plasmare il suono e l’identità della band. Non sorprende quindi constatare come brani come A Fragile Thing possano evocare nuovamente la magia di composizioni classiche, ma con una profondità e una maturità che sono uniche per questo nuovo capitolo.
Il tema della perdita, che ricorre sia in Disintegration sia in *Songs Of A Lost World*, trova nei brani dell’album fresco una nuova espressione. Le canzoni che parlano della fragilità della vita e dell’amore, arricchite da arrangiamenti orchestrali e sonorità cupe, hanno il potere di evocare emozioni particolari, rispecchiando non solo l’esperienza del singolo, ma anche quella collettiva di chi ascolta. Da questo punto di vista, il nuovo lavoro rappresenta una sorta di continuità, un ponte tra il passato e il presente, dove le ombre della nostalgia si intrecciano con le luci di nuove speranze e scoperte musicali.
La lunga gestazione dell’album
La creazione di *Songs Of A Lost World* è stata un processo elaborato e riflessivo, che ha visto la band dedicarsi intensamente alla realizzazione di questo progetto sin dal febbraio 2019. Durante quel periodo, i Cure si sono immersi nelle strutture sonore dei gallesi Rockfield Studios, dando vita a diverse nuove canzoni, cercando di catturare l’essenza dei temi che Robert Smith desiderava esplorare. Questo lungo processo creativo ha permesso alla band di affinare e cesellare ogni brano, con il risultato finale che riflette la dedizione e l’artigianalità propria del lavoro di Smith.
Molti fan ricorderanno l’anticipazione per ancorare canzoni come Alone, And Nothing Is Forever e I Can Never Say Goodbye, che sono state eseguite durante il tour mondiale “Shows of a Lost World”. Questi brani, esibiti in anteprima in versione live, hanno alimentato le aspettative per il nuovo album, permettendo al pubblico di immergersi in questa nuova fase della musica dei Cure. L’uscita in un formato 12” di alcune delle tracce live, curata dall’etichetta Earthpercent di Brian Eno, ha ulteriormente rinforzato la connessione tra i brani provati sul palco e il progetto finale che ogni fan attendeva con ansia.
La gestazione di *Songs Of A Lost World* è stata, senza dubbio, un chiaro segno della volontà di Robert Smith di rivedere il proprio approccio alla composizione. In un mondo musicale spesso caratterizzato da produzioni rapide e poco attente, il lungo processo di scrittura e registrazione di questo album riscatta la figura dell’artista come artigiano, capace di rifinire le sue opere col tempo. Con il prezioso supporto di Paul Corkett in produzione e un gruppo affiatato, che include Simon Gallup, Jason Cooper, Roger O’Donnell e Reeves Gabrels, ogni elemento di suono è stato pensato per contribuire alla narrazione emotiva dei brani.
Inoltre, la severità e la complessità dei temi affrontati nei testi indicano una maturazione dell’artista nel personale e nel professionale. Smith sembra rimanere ancorato agli aspetti più profondi e oscuri dell’esistenza, testimoniando una continua ricerca musicale e una preparazione meticolosa. Questo impegno per un’opera d’arte completa e coerente trasmette l’idea di un artista consapevole del proprio patrimonio musicale e in grado di equilibrare nostalgia e innovazione. La lunga attesa e il processo creativo tortuoso si rivelano così come l’essenza stessa di un album destinato a rimanere nel cuore dei fan e a diventare un classico della discografia dei Cure.
Approfondimento traccia per traccia
Il nuovo album dei The Cure, *Songs Of A Lost World*, promette un’esperienza d’ascolto ricca e stratificata che si manifesta in ciascuna delle sue otto tracce. L’apertura con Alone è già un indizio di ciò che seguirà: un’introduzione prolungata che conduce a un’atmosfera di profonda solitudine, evidenziata dal basso graffiante di Simon Gallup, capace di fondere le tonalità scure in una ballata decadente. La progressione lenta e malinconica ci catapulta immediatamente nel mood predominante dell’album, che affronta le emozioni legate alla perdita e alla nostalgia con una frustrazione palpabile.
Segue And Nothing Is Forever, un brano che arricchisce la narrativa del disco, presentando un pianoforte che inizia a suonare delicatamente, accompagnato da un’orchestra che si fonde con una chitarra immersa in toni saturi. Qui, però, emerge una sottile luminosità che offre un barlume di speranza, contrastando con la tematica complessiva di finezza e fragilità che permea il lavoro. I temi esistenziali continuano a dominare, invitando l’ascoltatore a riflettere sulla fugacità della vita.
Il nuovo singolo, A Fragile Thing, rappresenta un altro momento di intensa bellezza, con un giri di pianoforte minimalisti che si ripetono, creando un’atmosfera ipnotica. La voce di Robert Smith si inserisce perfettamente, rievocando note familiari che ricordano l’epoca di *Disintegration*, approfittando di quella stessa delicatezza che contrasta con un fondo di pesantezza emotiva. Gallup continua a stupire con la sua potenza, mentre la chitarra circonda il basso in un abbraccio sonoro intricato e affascinante.
Possiamo notare un certo dinamismo con Warsong, un brano che irrompe con una drammaticità palpabile fin dal titolo. La fisarmonica, piuttosto atipica per il loro sound, introduce un contrasto prima di un assalto sonoro dove la chitarra si trasforma in una forza inarrestabile, evocando immagini forti e iconiche. Il suono marziale, che pervade il pezzo, ricorda di più il passato della band, ma si propone con una freschezza rinnovata che sorprende.
Un altro passaggio sorprendente è Drone:Nodrone, inaspettatamente upbeat, presenta una ritmica quasi funk dota di una struttura apparentemente semplice ma carica di energia. La voce elastica di Smith si muove tra le linee ritmiche come una danza, mentre le chitarre rispondono con aggressività. Il brano, per quanto possa apparire d’innocente divertimento, è intriso di un caos sottostante che sfida ogni previsione. Poi, in un attimo, il brano svanisce come se fosse stato spazzato via, lasciando solo il silenzio.
Un’altra confessione di vulnerabilità emerge in I Can Never Say Goodbye, dove il pianoforte all’inizio sembra evocare un temporale incombente, mentre il basso che lo accompagna si carica di effetti sonori. La malinconia è palpabile, e l’impressione di perdita si intensifica, mai come in questo momento riuscendo a catturare l’essenza della traccia, che scivola via come un palloncino in balia del vento. Ogni nota risuona con una struggente eleganza, trasportando l’ascoltatore in un viaggio emotivo senza eguali.
In All I Ever Am, la fragilità di Smith emerge nuovamente, con un suono che richiama i New Order degli anni ’90, sottolineando un’analisi dei temi contemporanei nei suoi testi. La batteria marziale e i sintetizzatori pulsanti creano una dinamica, rendendola una delle tracce più memorabili dell’album.
Infine, l’album si chiude con la monumentale Endsong, di oltre nove minuti, una traccia che rielabora atmosfere simili all’apertura. La luna echeggia nel brano, con un drumming potente e assoli di chitarra che si sciolgono in un finale epico. La conclusione è quasi meditativa, ripetendo il termine “Nothing”, come un sigillo che incapsula il senso della fragilità umana e la perenne ricerca del significativo.
Ogni composizione di *Songs Of A Lost World* si distingue per la sua capacità di toccare il cuore, proponendo un’avvincente fusione di oscurità e luminosità. L’album non è solo un tributo ai temi della vita, ma anche un’affermazione della continua evoluzione musicale dei The Cure. Quest’opera, con ogni nota cesellata, si rivela come una rappresentazione diretta del viaggio esistenziale che tutti affrontiamo, rendendo l’ascolto non solo un piacere, ma anche un momento di riflessione profonda e condivisione emotiva.
Formati e celebrazione dell’uscita a Milano
*Songs Of A Lost World* sarà reso disponibile in una varietà di formati fisici, soddisfacendo così le richieste di numerosi fan e appassionati della band. Sarà possibile acquistarlo in CD, LP e in una combinazione CD + Blu-Ray. Questi formati non solo permettono di godere della musica in alta qualità, ma offrono anche un’esperienza sensoriale completa, unendo audio e visivo in un’unica espressione artistica.
In un’ottica di esclusività, il negozio di Universal Music Italia presenterà versioni particolari, come il Doppio LP nero masterizzato in half-speed, che promette di esaltare ulteriormente le sonorità dell’album. Inoltre, una musicassetta sarà disponibile, rispondendo a una crescente domanda per formati vintage, richiamando la nostalgia e il fascino del passato. Feltrinelli, invece, offrirà un LP color marmo esclusivo, arricchendo ulteriormente l’effetto visivo e collezionistico dell’album. Per chi preordina i formati standard tramite Discoteca Laziale, è previsto anche un poster dedicato, alimentando l’attesa e l’entusiasmo per il lancio.
Per festeggiare l’uscita del disco, il 1 novembre a Milano si svolgerà una serata speciale dedicata ai The Cure. L’evento avrà luogo nel nuovissimo locale Detune, ex Atomic, e promette di essere una celebrazione indimenticabile per i fan della band. Durante la serata, saranno distribuiti gadget esclusivi, creando un’atmosfera di condivisione e passione tra gli amanti della musica. Questa iniziativa non solo sottolinea l’importanza dell’album, ma serve anche come un richiamo alla potenza delle esperienze dal vivo, che hanno sempre caratterizzato il legame tra la band e i loro sostenitori.
La celebrazione di questo album si configura quindi come un’occasione unica per rivivere la magia dei The Cure, incapsulando l’essenza di un viaggio musicale che affonda le radici nei contrasti e nelle sfumature della vita. I fan avranno l’opportunità di godere non solo delle nuove melodie, ma anche di una connessione profonda e comunitaria, tipica degli eventi dal vivo della band. Attraverso queste esplorazioni sonore e momenti di incontro, *Songs Of A Lost World* si prepara a lasciare un’impronta duratura nel paesaggio musicale contemporaneo, arricchendo ulteriormente la già storica discografia dei The Cure.