Google celebra Henri de Toulouse-Lautrec
Fu uno degli ultimi pittori definiti impressionisti e dedicò la sua arte alla vita bohémien della Parigi di fine ‘800. Amava rappresentarla nelle sue opere partendo dai dettagli di uno stile di vita anticonvenzionale, come quello delle ballerine e delle prostitute.
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Fu il primo pittore a cimentarsi con la produzione di grafica d’autore, soprattutto in occasione di spettacoli teatrali e cabarettistici. Nel 150esimo anniversario della nascita, Google ricorda con un doodle Henri de Toulouse-Lautrec.
Toulouse-Lautrec da bambino era soprannominato “petit bijou”: era un bimbo grazioso ma anche molto fortunato. Aristocratico, primogenito dei conti Alphonse-Charles-Marie de Toulouse-Lautrec-Montfa e Adèle-Zoë-Marie-Marquette-Tapié de Celeyran, viveva tra i vari castelli senza grandi preoccupazioni grazie ai proventi dei poderi e dei vigneti di famiglia.
Il giovane talento frequentò il Lycée Fontanes di Parigi dove conobbe Maurice Joyant. Il legame tra i due fu di stima e fiducia reciproca: Joyant riconobbe presto il genio di Henri ed Henri lo nominò in seguito curatore della sua eredità e biografo. Dopo la sua morte Yoyant ha anche fondato, ad Albi, un museo dedicato all’amico.
L’effetto dei matrimoni consanguinei contratti nelle precedenti generazioni dell’aristocratica famiglia dei Toulouse-Lautrec portò Henri a soffrire di diverse malattie genetiche. La sua costituzione, inoltre, lo rendeva inadatto a partecipare alle attività sportive a cui si dedicavano generalmente gli uomini del suo ceto sociale.
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I primi passi nel mondo dell’arte, Henri li fa a un pittore sordomuto amico del padre, René Princeteau. In questa fase Henrì ritrae battute di caccia, i suoi parenti e il mare della Costa azzurra che frequentava a causa della sua salute cagionevole. Firmò i primi lavori con vari pseudonimi, tra cui Treclau (anagramma di Lautrec): il padre non voleva che fosse “infangato” il buon nome della famiglia. La madre invece sembrava incoraggiarlo: per lei era il “nostro futuro Michelangelo”.
Per Lautrec, ormai adulto, l’unico interesse è per la figura, il paesaggio, la natura morta. Scrive all’amico Joyant: “Non esiste che la figura, il paesaggio è nulla, non dovrebbe che essere un accessorio. Il paesaggio dovrebbe essere usato solo per rendere più intelligibile il carattere della figura”.
“L’anima di Montmartre”: il quartiere parigino in cui viveva fu una fonte d’ispirazione. Da qui il soprannome che rendeva omaggio ai suoi ritratti di vita al Moulin Rouge e nelle maisons closes (i bordelli) dove fissò anche la sua casa-studio anche ufficialmente vietato dalla legge.
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Divenne confindente e testimone della vita più intima delle donne che si prostituivano forse anche a causa della sifilide che contrasse, a quanto sembra, da Rosa la Rouge, che viveva in un bordello. Le persone che ritraeva erano felici e raramente immortalate in comportamenti erotici o di sofferenza.
Fu uno dei problemi più grandi nella vita di Lautrec. Il suo stato di salute dopo il 1897 andò peggiorando tant’è che egli stesso parlava di uno stato di “rara letargia” fatta di crisi paranoiche accompagnate da allucinazioni. Nel 1899 venne ricoverato nella clinica per malattie mentali del dottor Sémelaigne a Neuilly. Migliorò e si mise nuovamente a lavoro ma la sua dipendenza dall’alcol continuò.
Trascorse gli ultimi mesi della sua vita a Parigi, molto debilitato ed allo stremo delle forze prima del suo trentasettesimo compleanno. È sepolto a Verdelais, nella Gironda, a pochi chilometri dal suo luogo di nascita.
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