Environmental Photographer of the Year 2015, Luca Catalano in finale
Luca Catalano Gonzaga è l’unico italiano in finale per il premio Environmental Photographer of the Year 2015, il concorso fotografico aperto a tutto il mondo che affronta tematiche ambientali.
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Come ha conquistato un posto nella classifica? Grazie allo scatto The Devil’s Gold (“L’oro del Diavolo”), che fa parte del suo più ampio progetto “Invisible People”, promosso da Witness Image e sostenuto dalla Fondazione Nando Peretti. Il racconto fotografico mostra il lavoro dei minatori indonesiani a Kawah Ijen, cratere vulcanico famoso per la sua ipnotizzante tonalità turchese. Al suo interno si trova lo zolfo.
“Ogni giorno trecento uomini lasciano il campo base alle pendici della montagna per raggiungere la cima del vulcano. Salgono tre chilometri e poi si dirigono verso il basso fino all’apertura del cratere dove si trovano i cristalli di zolfo. Novecento metri di profondità verso l’inferno, sfidando il caldo insopportabile, l’aria rarefatta e il buio, senza alcuna protezione. Il gas solforoso colpisce gola, brucia i polmoni e fa lacrimare gli occhi.
Solo pochi uomini hanno ricevuto maschere antigas vecchie. Molti preferiscono lavorare di notte, perché il caldo è più sopportabile, mettere un panno bagnato in bocca, nella vana speranza di proteggersi dai fumi e respirare meglio. Un lavoro durissimo che finirà presto; qui la speranza di vita non supera i 50 anni.
Le lastre di zolfo vengono rotte con l’aiuto di aste di metallo e poi caricate in cesti di vimini che in genere pesano 70-90 chili. Inizia così il viaggio a ritroso del raccoglitore di zolfo del XXI secolo che arranca sotto il peso, in equilibrio precario, verso la bocca del vulcano, un peso devastante che modifica la spina dorsale, piega le gambe, crea ulcere sulle spalle. Qui consegnerà le lastre per la purificazione processo che avviene di notte e dura 14 ore.
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Tutto ciò per 5 euro al giorno, 10 se è in grado di ripercorrere il tragitto due volte. Il lavoro non è cambiato molto da quando è iniziata l’estrazione ufficialmente qui nel 1968.
Sono più di 70 le persone morte in incidenti sul lavoro a Kawah Ijen negli ultimi quattro decenni, molti a causa dei fumi tossici che si gonfiano improvvisamente dalle fessure della roccia”.
Un lavoro impegnato che, racconta Luca Catalano, “ha lo scopo di accendere i riflettori su tematiche poco raccontate dai media”.
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