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Difesa comune europea come rispondere al vuoto strategico dopo il ritiro degli Usa

  • Redazione Assodigitale
  • 7 Marzo 2025
Difesa comune europea come rispondere al vuoto strategico dopo il ritiro degli Usa

Difesa comune europea: il nuovo piano di Bruxelles

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Il dibattito sulla difesa comune europea ha raggiunto nuove vette con l’approvazione del piano ReArm Europe durante il Consiglio straordinario tenutosi a Bruxelles il 7 marzo. I leader dell’Unione Europea hanno accolto un progetto che prevede non solo un aumento della flessibilità nella spesa militare per gli Stati membri, ma anche l’allentamento dei vincoli sul debito a fini difensivi. Il piano stanzia un fondo comune di 150 miliardi di euro da raccogliere sui mercati, un passo significativo verso la creazione di una strategia di difesa autonoma. Tuttavia, nonostante queste iniziative, rimangono interrogativi sull’efficacia di tali misure per garantire una protezione adeguata al continente, soprattutto in caso di un possibile disimpegno da parte degli Stati Uniti.

Indice dei Contenuti:
  • Difesa comune europea come rispondere al vuoto strategico dopo il ritiro degli Usa
  • Difesa comune europea: il nuovo piano di Bruxelles
  • La vulnerabilità europea: dipendenza dagli Stati Uniti
  • Limiti infrastrutturali e sfide logistiche

La vulnerabilità europea: dipendenza dagli Stati Uniti


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La condizione attuale delle difese europee solleva preoccupazioni significative, in particolare per la loro fragilità nel caso di un conflitto armato senza il supporto degli Stati Uniti. Secondo fonti riservate, senza l’appoggio americano, i sistemi di difesa europei potrebbero resistere solo per alcune settimane. Questa vulnerabilità è il risultato di decenni di disimpegno militare, avviato post-1989, che ha portato a un drastico ridimensionamento delle forze armate sul continente. Si stima che, in uno scenario di guerra ad alta intensità, le munizioni europee possano esaurirsi in pochi giorni, rivelando un’incapacità di rispondere a una minaccia immediata. Le difese aeree, allo stesso modo, risultano insufficienti per garantire una protezione adeguata, incrementando così il rischio di un’eventuale aggressione.

Un’analisi condotta dal Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) evidenzia che il 55% delle armi acquistate dai paesi europei dal 2019 al 2023 proviene dagli Stati Uniti, dimostrando una crescente dipendenza dagli armamenti americani. Questa situazione è aggravata dalla mancanza di capacità produttive interne, fondamentali per un riarmo sostenibile. Negli ultimi anni, l’Europa non ha ancora colmato lacune critiche, come la produzione di polvere da sparo, che hanno indirizzato prevalentemente gli investimenti verso l’importazione di sistemi d’arma americani. Inoltre, secondo stime risalenti a un’analisi di Bloomberg, il continente rischia di rimanere senza un carico appropriato di militari esperti e attrezzati, con una carenza di almeno 100.000 soldati, portando a interrogativi sul futuro della sicurezza collettiva europea.

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Limiti infrastrutturali e sfide logistiche


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Le carenze non si limitano agli armamenti; essa si estendono anche alle infrastrutture necessarie per un’efficace mobilitazione delle forze militari. La Corte dei conti europea ha recentemente sottolineato, in un rapporto allarmante, che l’Unione non ha un sistema centralizzato per coordinare i movimenti di truppe e mezzi pesanti attraverso le frontiere nazionali. Questo crea ostacoli significativi: ad esempio, spostare un carro armato dalla Germania alla Polonia comporta la necessità di navigare normative diverse sui pesi massimi, il che può tradursi in deviazioni di centinaia di chilometri, dato che molte delle infrastrutture stradali e ferroviarie europee non sono progettate per supportare mezzi di guerra pesanti.

La situazione è particolarmente critica nei paesi baltici, considerati tra i più vulnerabili a una possibile aggressione. Le infrastrutture ferroviarie di Estonia, Lettonia e Lituania utilizzano ancora uno scartamento diverso dal resto d’Europa, ereditato dall’epoca sovietica. Questo comporta che i treni provenienti dall’Europa occidentale non possano proseguire oltre il confine polacco senza operazioni di trasbordo lunghe e complesse. In un contesto di emergenza, tale inefficienza potrebbe essere devastante. La flotta navale europea non è adeguatamente attrezzata per garantire i collegamenti marittimi necessari per rifornire i paesi baltici in caso di crisi, evidenziando ulteriormente la fragilità della logistica europea. Queste problematiche devono essere affrontate urgentemente se l’Europa desidera costruire una difesa comune realmente efficace.


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