DALLA NOSTRA INVIATA CINZIA ALIBRANDI.
Incontrare persone con un vissuto che è anche il riassunto di una biografia di rilievo è un’esperienza. Eppure non credevo fino a questo punto. Cesarina Ferruzzi, la incontro alla fontana di piazza S. Babila, visto che lei abita proprio là vicino, a corso Monforte.
Arriva vestita di colori fiorati, e di un sorriso che la illumina più della strepitosa blusa che indossa.
Mi propone la terrazza12 Brian&Barry, un luogo glamour sui tetti di Milano, dove in una giornata di sole in un giugno assai capriccioso, da un lato si rimira la Madonnina che svetta sulle guglie del Duomo, e dall’altro lo skyliner dei nuovi grattacieli meneghini. Ben presto, lo scenario fuori scomparirà, annullato dal narrare di Cesarina.
Donna che ha tanto da raccontare, e lo sa fare con garbo facile e lieve.
1- Chi è Cesarina Ferruzzi? Certo sembra una domanda facile invece non lo è! Intanto Cesarina sono io: non figlia di, moglie di, ma una donna che ha fatto sempre riferimento a se stessa. Sono nata in una famiglia molto agiata, ma mentre le mie due sorelle hanno fatto un percorso di vita matrimoniale scivolando in un iter ovvio, per me ho scelto altro. Volevo a tutti i costi dimostrare a mio padre, a cui il destino di uomo all’antica aveva riservato la paternità di tre figlie, di essere all’altezza di me stessa. In una parola: volevo arrivare da sola. Sono andata a studiare a Bologna e mi sono laureata in chimica. Trafila dopo trafila ho scalato la mia vetta. 2- Come si crea una carriera del tuo tipo? Tu sei arrivata ad alti livelli manageriali. Posti che in genere sono di pertinenza maschile. Credo di aver sempre avuto il carattere adatto alle pubbliche relazioni e alla gestione manageriale. Nel periodo universitario, il lunedì invitavo a cena i proprietari del locale più vip di Bologna nel mio appartamento di studentessa, per garantirmi l’ingresso gratis! Già allora ero un’ottima mediatrice! 3- Oggi la parità di genere appare acquisita: eppure le donne spesso hanno maggiori difficoltà se prediligono la carriera. Tu che ne pensi? Chi ti risponde è una donna che è sempre stata carrierista. E per me non ha un’accezione negativa. Anzi! Ho sempre talmente rispettato tutti con un candore, ora comprendo a volte ingenuo, che ho scontato con il soggiorno forzato nella beauty farm di San Vittore! La donna ancora oggi paga prezzi maggiori se vuole occupare posizioni di prestigio, anche se quando ho iniziato io la situazione era molto più complessa: ero circondata da un mondo che associava la parola uomo a successo. Sono andata avanti per la mia strada e ho salito il top. Eppure da quel vertice sono precipitata. E il boato di quel tonfo lo porterò dentro tutta la vita. 4- Hai sentito il bisogno di raccontare la detenzione a S. Vittore in un libro molto toccante ‘Il cielo a sbarre’ edito da Cairo. Come detto prima, ho subito la fiducia totale che riponevo nel mio capo, e ne sono uscita vittima, come spesso accade, rivestendo il ruolo di amministratore delegato. Il carcere è un’esperienza limite, che ho vissuto tirando fuori il positivo dalle mie risorse. O impazzivo, o provavo a star meglio. Allora adoperando le doti con cui ero arrivata a essere una manager di successo, mi sono dedicata ad addolcire la mia realtà carceraria: stavo meglio io, ed insieme a me le altre detenute. 5- Che ne pensi di Fabrizio Corona e della sua detenzione? A me piacerebbe molto confrontarmi con lui, perché solo chi è passato in quell’inferno conosce davvero cosa significhi vivere dietro le sbarre. Io ho fatto leva sulle mie capacità di mediazione evitando risse: Corona ha dovuto rifare tutti i denti: e ti assicuro, nessuno interviene. Sono convinta, ed è opinione diffusa, che ha dato fastidio di troppo a qualcuno ed ha pagato più del dovuto. Accade spesso nella vita, se le logiche comuni entrano in dissidio con il proprio sentire. 6-Oggi tu stai promuovendo il tuo libro ‘Il cielo a sbarre’ perché tieni tanto a quest’attività? Premetto che non sono una scrittrice, ma arriva un momento nella vita, che la tua biografia diventa incredibile. Nel mio caso si è trasformata in un film dell’orrore. Scrivere in carcere, è stato uno sfogo che mi ha fatto sopravvivere. Mi rintanavo in bagno, da me ironicamente chiamato il mio ufficio, per sopravvivere. Tutto quello che ricavo e ricaverò dai proventi di vendita del ‘Cielo a sbarre’ è e sarà devoluto in onlus ogni volta diverse. Desidero trasformare una parte così estrema della mia esistenza dandole un risvolto positivo. Il 22 giugno alle 19 sarò a Roma ospite per una presentazione da Barbara Manera nel suo negozio in via del cancello, sostenendo Piccoli Geni Onlus, cioè la ricerca su malattie rare in età pediatrica e i reparti di neurologia e pediatria del Policlinico Umberto I di Roma.
7- Mi racconti la tua uscita di galera? Dagli arresti domiciliari fino alla libertà? Te la sintetizzo in due momenti. Agli arresti domiciliari, essendo single, persi i contatti che paradossalmente in carcere avevo. In più vivevo nell’incubo di non sentire il citofono per il mio controllo giornaliero. Ero a casa: ma tutto era molto cambiato e complicato, visto che gestivo più relazioni sociali in galera! La libertà completa è concisa con un altro dramma. Ero a un evento, tutti festeggiavano il mio ritorno, mi sentivo felice. Poi la vita gira un’altra chiave, e quello che doveva essere il trionfo del mio rientro in società, si tramuta in dramma! A fine serata, mi trovai intrappolata: non riuscivo a recuperare la mia auto. Tutto era sbarrato! Cercai di scalare imprudentemente un cancello, gettando aldilà borsa e cappotto. Ma qualcosa andò storto e infilzai le mani tra le grate. Gli anelli che portavo agli anulari, hanno aiutato a recidere le mie dita. Ricordo che quando ho fatto quel salto, ho urlato aiuto con tutte le mie forze, prima di svenire e risvegliarmi in ospedale. Oggi non porto più anelli e alle feste mi metto al piano e suono ugualmente. Ancora una volta reagisco con forza agli scotti da pagare. Ma la conta delle mie dita registrerà per sempre due cifre in meno. 8- Il carcere cambia: nella difficoltà si vedono i veri affetti. Com’è andata nel tuo caso? Proprio come tutti: ho avuto amare delusioni da chi credevo di fede incrollabile, mentre ho ricevuto inaspettate solidarietà. Certo nel mio ritorno da donna libera ho fatto necessarie scremature. Oggi ai nuovi incontri esibisco subito il mio passato: ti assicuro che è un bel termometro per capire chi ho davanti. Eppure molti rami secchi, tendo a non reciderli. La mia inesauribile fiducia nel prossimo, mi fa ritenere possa anche da un ramo secco scaturire un germoglio! 9- Sei single: mai sposata e non hai figli. Non era nel mio percorso: ho avuto degli amori e non sono andati avanti. Evidentemente ero concentrata sul lavoro che per me era una priorità. Non ho rimpianti: guardo sempre al futuro, mai al passato. 10- Il lavoro è stato il tuo grande amore: hai avuto un modello femminile ai tuoi esordi? Eccome: la compianta Marisa Bellisario, mancata prematuramente di tumore. Arrivò ai vertici dell’Italtel in un periodo storico impensabile! La imitavo pure nel look: quando tagliò i capelli alla “maschietto”, imitai la sua spiritosa acconciatura! 11- Mi dai la tua definizione di morale? La morale per me è un’etica incrollabile, che non può accomodarsi e sistemarsi a seconda della convenienza e dell’esigenza del momento. Diversamente, non è tale. Saluto Cesarina: eppure questo incontro mi resta nel cuore. Lei è persona che lascia traccia, così libera di modi e di cuore. Tacco e stacco: e a tutti auguro di non sentirsi mai prigionieri di se stessi.