Andrea De Micheli ricorda Giorgio Armani come il genio silenzioso che vestì il cinema

Nel grande mosaico della cultura italiana, ci sono figure che ne rappresentano non solo l’eleganza e il gusto, ma anche la discrezione e la coerenza. Giorgio Armani è stato, e resterà, uno di questi rarissimi esempi. La sua scomparsa non è solo la perdita di uno stilista straordinario, ma la fine di un’epoca. A ricordarlo con profondo affetto e rispetto è Andrea De Micheli, presidente e CEO di Casta Diva Group, che ebbe l’onore di collaborare con Armani in uno dei momenti più simbolici della carriera dello stilista: la realizzazione del documentario “Made in Milan” diretto da Martin Scorsese.
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“La notizia della scomparsa di Giorgio Armani mi tocca profondamente”, racconta De Micheli. “Ho avuto l’onore e il privilegio di frequentarlo anni fa, quando fui produttore esecutivo (per la Mercurio) del documentario a lui dedicato, diretto da Scorsese e fotografato dal premio Oscar Néstor Almendros”.
Un progetto che ha segnato la convergenza perfetta tra moda e cinema, arte e narrazione, e che venne presentato in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia del 1990, nello stesso anno in cui Scorsese presentava Goodfellas, con De Niro, Liotta e Pesci, tutti vestiti proprio da Armani.
L’intimità del genio: pranzi, stoffe e bottoni
Ma al di là del successo internazionale del film, ciò che De Micheli restituisce è un ritratto umano, intimissimo, dell’uomo Armani. “Quel lavoro rimane ancora oggi uno dei ricordi più vivi e preziosi della mia carriera”, confessa. Non solo per il calibro del progetto, ma per l’esperienza straordinaria di “entrare nell’intimità della vita di Armani, frequentare casa sua, girare scene tra le sue mura, pranzare con lui nel suo ristorante preferito, La Briciola, e osservarlo lavorare con la passione e la semplicità di un artista rinascimentale”.
Un dettaglio poetico emerge dalle sue parole: “Partiva sempre dalle pezze di stoffa e da grandi vasi pieni di bottoni, passamanerie e accessori, con cui componeva sul corpo della modella parvenze di vestiti. Erano fatti di niente, ma cadevano miracolosamente sul suo corpo e facevano intuire l’opera d’arte finita”.
Un’immagine che racconta più di qualsiasi sfilata, rivelando il processo creativo di uno stilista che era prima di tutto un artigiano della bellezza, un uomo capace di trasformare il vuoto in visione.
L’uomo dietro il mito: timidezza, eleganza e cultura
Andrea De Micheli descrive Armani come “una persona timida, riservata, gentile, educatissima, di rara eleganza e discrezione”. Ma non per questo priva di forza. Al contrario, la sua visione – sempre lucida, coerente, fuori dalle mode – ha lasciato un’impronta che va ben oltre la moda: “Ha influenzato profondamente la cultura italiana e internazionale”. E il legame con il cinema è parte integrante di questa eredità.
“Parlando del nostro lavoro, il cinema, lui diceva di essersi ispirato ai vestiti degli attori hollywoodiani degli anni ‘40, ma poi è stato lui stesso a influenzare il cinema mondiale dagli anni ’80 in poi”, spiega De Micheli.
Tutto comincia con American Gigolò di Paul Schrader, in cui Armani vestì un giovane Richard Gere in una delle scene più iconiche del cinema americano: il balletto davanti allo specchio per scegliere giacca, camicia e cravatta. Da lì, un’escalation che ha visto Armani firmare i look di star del calibro di Julia Roberts, Leonardo DiCaprio, Cate Blanchett, Tom Cruise, Brad Pitt, Lady Gaga, Robert De Niro e molti altri.
Una firma eterna tra cinema, cultura e stile
Nel corso della sua carriera, Armani ha contribuito a più di 200 produzioni cinematografiche, vestendo eroi, antieroi e leggende del grande schermo. “Ricordo Strade di fuoco di Walter Hill (1980), Gli intoccabili di Brian De Palma (1987), Il tè nel deserto di Bernardo Bertolucci (1990), Cadillac Man di Roger Donaldson (1990), Ransom – Il riscatto di Ron Howard (1996). Per arrivare poi a Il cavaliere oscuro (2008) e al sequel, in cui vestì Christian Bale nei panni di Bruce Wayne, fino a The Wolf of Wall Street nel 2013 con Di Caprio, ancora sotto la regia di Scorsese”, elenca De Micheli con orgoglio.
Il legame con il mondo delle star era così profondo che, durante le riprese in via Borgonuovo, “non c’era giorno in cui non arrivasse qualche VIP a fare shopping”. Il ricordo più vivido? “Una spettacolare Lauren Hutton, in calzoncini corti, girava per l’atelier come una divinità terrestre. Modella e attrice quasi cinquantenne, ma forse semplicemente semidea”.
La conclusione di Andrea De Micheli è un tributo personale, vibrante e sincero: “A Giorgio Armani va il mio saluto personale, con l’affetto e il rispetto di chi ha avuto la fortuna di incrociare, anche solo per un tratto di strada, un gigante del nostro tempo”.
Le sue parole ricordano che la vera grandezza sta nella capacità di influenzare silenziosamente, di cambiare il mondo senza proclami, attraverso la bellezza, il rigore e la coerenza. Un’eredità che, come Made in Milan, resta visibile, fruibile, viva. E che potete ancora vedere in questo video, testimonianza eterna di un’amicizia artistica e umana.
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