E se fosse BlackRock a determinare il prezzo del Bitcoin?
Per anni molti bitcoiner hanno aspettato fiduciosi per anni anni lo sbarco degli investitori istituzionali sul mercato, contando sul fatto che avrebbero fatto esplodere le quotazioni.
Lo scorso 11 gennaio sono stati finalmente lanciati gli Etf sul prezzo spot del Bitcoin, il 14 marzo la criptovaluta ideata da Satoshi Nakamoto ha toccato il nuovo record di tutti i tempi a 73.737,94 dollari ma poi ha cominciato a perdere quota, assestandosi intorno ai 58.000 dollari.
Dall’inizio dell’anno il Bitcoin ha guadagnato il 39%. Un bel risultato se fosse un titolo azionario. Un po’ poco se si pensa che si tratta appunto del Bitcoin nell’anno dell’halving e del suo sdoganamento da parte di grossi investitori istituzionali come BlackRock e Fidelity.
Matt Crosby, uno dei massimi esperti del settore, si chiede su Bitcoin Magazine perché le cose non stiano andando secondo le attese. Al momento del lancio degli ETF, il Bitcoin era scambiato intorno ai 46.000 dollari.
Sebbene il prezzo sia sceso poco dopo, in un classico scenario da Buy the rumor, sell the news, il mercato si è rapidamente ripreso e nel giro di due mesi il Bitcoin è salito di circa il 60%.
Questo aumento è correlato all’accumulo di Bitcoin da parte degli investitori istituzionali attraverso gli ETF. Il fattore chiave è l’ipotesi che questi operatori istituzionali siano investitori a lungo termine, che difficilmente venderanno i loro asset in tempi brevi.
Questo accumulo continuo ridurrebbe l’offerta liquida di Bitcoin, richiedendo un minore afflusso di capitali per spingere i prezzi ancora più in alto.
Per il Bitcoin, che vede circa il 25% della sua offerta liquida scambiata attivamente, l’effetto moltiplicatore del denaro può essere particolarmente potente, osserva Crosby.
Se ipotizziamo che l’illiquidità si traduca in un aumento di 4 dollari della capitalizzazione di mercato per un afflusso di 1 dollaro (moltiplicatore monetario 4x), poiché gli investitori istituzionali sono proprietari del 6,29% di tutti i Bitcoin, le loro operazioni potrebbero influenzare circa il 25% dell’offerta in circolazione.
Ma se gli istituzionali cominciassero a scaricare le loro partecipazioni, il mercato subirebbe probabilmente un calo significativo. Soprattutto perché ciò potrebbe indurre gli investitori retail a scaricare anch’essi i loro bitcoin.
Al contrario, se gli istituzionali continuassero a comprare, il prezzo del Bitcoin potrebbe subire un’impennata, soprattutto se mantenessero le loro posizioni di detentori a lungo termine.
Questa dinamica sottolinea gli effetti a doppio taglio del coinvolgimento degli istituzionali nel Bitcoin, che hanno un’influenza sempre più forte sull’andamento dell’asset.
La conclusione di Crosby è questa: gli investitori istituzionali portano con sé legittimità e capitali che potrebbero spingere il prezzo del Bitcoin verso nuove vette, soprattutto se considereranno la critpvaluta un investimento di lungo periodo.
Tuttavia, la concentrazione del Bitcoin nelle mani di poche istituzioni potrebbe portare a un aumento della volatilità e a un significativo rischio al ribasso nel caso in cui questi operatori decidessero di uscire dalle loro posizioni.
Ma se ha ragione Crosby, allora sarà BlackRock a determinare il prezzo del Bitcoin? (riproduzione riservata)
Tratto dalla Newsletter Cryptomaniac DI MILANO FINANZA – per gentile concessione di Marcello Bussi – REGISTRATI QUI