Al Pacino a Venezia. Recensione di Manglehorn.
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Il personaggio di Al Pacino in Manglehorn di David Gordon Green (già presente al Lido l’anno scorso con il film Joe con Nicolas Cage) è quello di un fabbro senza particolari interessi, nè fortune.
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Un uomo rassegnato e pentito dei suoi comportamenti passati che trascorre il tempo libero curando il suo gatto Fanny e pensando e scrivendo al suo vecchio amore, Clara.
Clara che non ha mai risposto alle sue lettere. Probabilmente a causa del cattivo carattere di lui (ma su questo non ho nessuna certezza).
La vita non sembra riprendere se non quando finalmente, forse, riceve un segnale, che gli permette di tornare l’uomo che era.
Il film si regge unicamente sull’ottima (inutile precisarlo) interpretazione di Al Pacino che comunque non convince.
Dal vecchio Tony Montana non ti aspetti mai un atteggiamento rassegnato e a dirla tutta infastidisce non poco.
Sebbene anche Angelo sia un ribelle ed un anticonformista (lo si evince dai discorsi con la nipotina al parco) il personaggio non decolla mai, a causa di una sceneggiatura poco brillante anche nei dialoghi e nei monologhi dell’attore e per una regia, lenta, sdolcinata e per niente efficace.
Lo vedo poi in sala stampa e anche sul Red Carpet e ritrovo il solito Al Pacino di sempre.
Solo ti domandi perchè accetti parti cosi.
L’invecchiare non è una buona scusa. Non certo per un Leone come lui.
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