Tassazione dividendi partecipazioni inferiori al 10 percento novità imposta utili al 24 percento

aumento della tassazione sui dividendi per partecipazioni inferiori al 10%
La Manovra Finanziaria 2026 introduce novità sostanziali relative alla tassazione dei dividendi per le partecipazioni al di sotto del 10%. Tale modifica prevede l’aumento dell’imposta sugli utili derivanti da tali partecipazioni, innalzando l’aliquota dal 1,2% attuale fino al 24%, segnando un notevole incremento rispetto al precedente regime fiscale. Questo cambiamento si traduce nell’eliminazione delle agevolazioni previste dalla Legge Tremonti del 2004 che garantivano una sostanziale esenzione per le quote inferiori al 5%, ora elevate al 10%. Di conseguenza, le partecipazioni inferiori a questa soglia perderanno il beneficio dell’esenzione parziale, e saranno quindi soggette al pagamento integrale dell’IRES sui dividendi.
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Il passaggio dall’1,2% al 24% rappresenta una vera e propria svolta nella disciplina fiscale dei dividendi, con impatti diretti su numerose società, compresi gli investitori privati e le imprese quotate che detengono partecipazioni minoritarie. Il meccanismo manterrà comunque inalterati gli altri requisiti per l’esenzione applicati alle quote superiori al 10%, tuttavia l’aumento della soglia implica che la platea dei soggetti che subiranno un carico fiscale maggiore sarà significativamente ampliata.
impatti della nuova normativa su imprese e investitori
La nuova normativa sulla tassazione dei dividendi avrà ripercussioni rilevanti su imprese e investitori, modificando sensibilmente la convenienza degli investimenti in partecipazioni inferiori al 10%. Con l’abolizione del regime agevolato, queste quote saranno gravate da un’imposta del 24%, generando un effetto diretto sulla redditività netta degli investimenti e, conseguentemente, sui flussi di cassa delle società che distribuiscono utili.
Per le imprese, questo incremento fiscale potrebbe tradursi in una riduzione della liquidità disponibile per nuovi investimenti o per politiche di distribuzione più incisive. Gli azionisti minoritari, spesso individui o piccoli fondi, si troveranno a dover sopportare un carico fiscale più pesante, che potrebbe disincentivare ulteriori acquisizioni o mantenimenti di partecipazioni di piccola entità. A livello di mercato, ciò potrebbe portare a una diminuzione della domanda per quote minoritarie e a una potenziale frammentazione degli asset, con ripercussioni negative sulla stabilità e attrattività delle società coinvolte.
Inoltre, il cambiamento potrebbe spingere alcune realtà imprenditoriali a valutare la delocalizzazione degli investimenti o a preferire giurisdizioni estere con regimi fiscali più favorevoli, determinando un possibile fenomeno di “fuga dei capitali”. La complessità e l’onerosità del nuovo sistema fiscale potrebbero anche aumentare gli oneri amministrativi e di compliance per gli operatori, aggravando ulteriormente il contesto economico-finanziario in cui operano.
reazioni politiche e possibili modifiche alla manovra
Le reazioni politiche alla nuova tassazione sui dividendi sono state immediate e critiche, con alcuni partiti e associazioni imprenditoriali che hanno evidenziato come l’inasprimento fiscale potrebbe compromettere la competitività delle imprese italiane, penalizzando soprattutto le realtà con partecipazioni marginali ma strategiche. Forza Italia, in particolare, ha richiesto con forza l’eliminazione di questa disposizione, sottolineando come la doppia imposizione rischi di disincentivare gli investimenti e di generare effetti recessivi sul tessuto produttivo nazionale.
Dal lato istituzionale, la possibilità di modifiche alla manovra rimane concreta, soprattutto alla luce delle numerose contestazioni provenienti dal mondo economico e finanziario. Alcuni esponenti politici propongono di mantenere il regime agevolato per le partecipazioni sotto il 10% o, in alternativa, di prevedere una soglia intermedia per attenuare l’impatto fiscale senza però rinunciare completamente all’obiettivo di incrementare le entrate.
Il confronto nei tavoli parlamentari e con le parti sociali potrebbe portare a emendamenti o correttivi utili a bilanciare entrate pubbliche e sostenibilità per le imprese, focalizzandosi sull’esigenza di salvaguardare gli investimenti e l’attrattività del sistema produttivo nazionale. Nel frattempo, l’entrata in vigore della misura, prevista per il 1° gennaio 2026, resta subordinata all’esito di questo dibattito.