Selvaggia Lucarelli parla delle gemelle Cappa e il motivo del loro odio ingiustificato

Odio mediatico e suggestioni sul caso Garlasco
Selvaggia Lucarelli interviene con fermezza a difesa delle gemelle Paola e Stefania Cappa, oggetto di un odio mediatico che definisce “ingiustificato”. L’attenzione pubblica e giornalistica continua a trarre in inganno, alimentando sospetti privi di fondamento reale nei confronti delle cugine di Chiara Poggi, vittima del noto delitto di Garlasco. Lucarelli sottolinea come questo risentimento sia radicato in pregiudizi basati soprattutto su un episodio del passato che ha coinvolto le due donne: un fotomontaggio realizzato con Photoshop che le ritraeva con la vittima, un gesto che, lungi dall’essere un crimine, è stato oggetto di un’irreale appropriazione mediatica della tragedia.
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Le gemelle Cappa sono state ampiamente esaminate dalle autorità competenti, che hanno verificato alibi e hanno effettuato analisi del DNA, senza mai inserirle nel novero degli indagati. Tuttavia, nonostante l’assenza di prove o di indagini formali, una parte della stampa insiste nel tessere ipotesi volte a insinuare che le due possano avere un coinvolgimento nel delitto. Lucarelli denuncia apertamente questa disinformazione, puntualizzando che il clima ostile nasce da suggestioni e supposizioni, non da elementi concreti, perpetuando un pregiudizio che persiste senza validi riscontri.
L’opinionista evidenzia inoltre la contraddizione insita nelle accuse, ricordando che una delle gemelle era addirittura in condizioni fisiche invalidanti all’epoca dei fatti, rendendo altamente improbabile la sua capacità di compiere un’azione violenta. Questa dissonanza tra realtà dei fatti e narrazione mediatica rafforza la sua critica nei confronti di un giornalismo che, invece di chiarire, alimenta dubbi ingiustificati e ingenera tensioni infondate.
Le gemelle Cappa e le accuse infondate
La vicenda delle gemelle Paola e Stefania Cappa continua a essere accompagnata da sospetti privi di fondamento, nonostante ripetute verifiche investigative ne abbiano escluso qualsiasi coinvolgimento. Le autorità hanno esaminato in modo scrupoloso i loro alibi e raccolto campioni di DNA, senza però mai procedere a un’indagine formale a loro carico. Questo dato, che dovrebbe mettere fine a qualsiasi illazione, rischia invece di essere ignorato da una parte della stampa che alimenta ipotesi infondate per attirare l’attenzione.
Selvaggia Lucarelli mette in evidenza il pregiudizio che si è sviluppato sulla base di suggestioni mediatiche, dove la narrazione supera spesso e volentieri la realtà fattuale. Ricorda, inoltre, che una delle gemelle, al momento dei fatti, era limitata nei movimenti a causa di un problema medico, mentre altre accuse si basano su elementi poco concreti, come un fotomontaggio ormai datato e privo di rilevanza giudiziaria. Questo clima di sospetto non trova riscontro nei fatti, ma persiste alimentato da ipotesi investigative improvvisate e da un’aggressività mediatica che non si fonda su evidenze comprovate.
Lucarelli stigmatizza anche l’atteggiamento delle stesse gemelle Cappa, in particolare per alcune dichiarazioni intercettate che sono state usate per veicolare ulteriori sospetti, ma sottolinea come queste non costituiscano prove di colpevolezza. La realtà, secondo l’opinionista, è che nessun elemento concreto ad oggi collega le due donne al crimine, e che l’ostilità loro rivolta si basa esclusivamente su un pregiudizio sociale e mediatico che necessita di una revisione critica e responsabile.
Il borsone nel torrente e le teorie di Selvaggia Lucarelli
Le recenti rivelazioni relative al ritrovamento di un borsone nel torrente dietro casa della nonna delle gemelle Cappa hanno riacceso l’attenzione mediatica sul caso, soprattutto dopo l’intervento di un supertestimone nel programma Le Iene. Secondo la testimonianza, una delle due avrebbe gettato la sacca nel corso d’acqua, che successivamente è stata recuperata durante le operazioni di dragaggio, contenente armi potenzialmente riconducibili al delitto di Garlasco. L’ipotesi, evocata da diversi organi di informazione, sembra tuttavia priva di fondamento solido. Selvaggia Lucarelli esprime un giudizio critico e ironico sulle armi rinvenute, paragonandole scherzosamente agli strumenti di un gioco di Cluedo: un’ascia, un attizzatoio e un martello, strumenti che erano già stati menzionati nelle diverse teorie investigative senza mai trovare una conferma definitiva.
Lucarelli solleva legittimi dubbi sull’origine del borsone e sul perché proprio quegli oggetti siano stati recuperati in quel luogo, suggerendo che potrebbe trattarsi di un tentativo deliberato di depistaggio o di una manipolazione della scena. La sua analisi evidenzia come si debba mantenere un approccio critico e prudente davanti a tali “scoperte”, evitando che vengano trattate come prove inconfutabili senza un riscontro investigativo rigoroso. Questa posizione rafforza l’idea che, al momento, i fatti concreti continuino a mancare, mentre il dibattito resta sospinto da supposizioni e teorie che rischiano più di confondere che di chiarire.
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