I rischi per i conti correnti online Spam e spionaggio: Italia nella top ten del rischio
Con la diffusione delle operazioni di acquisto e vendita, della gestione di utenze sul web, è necessario per ogni consumatore aggiornato e attento al peso del portafogli trovare un conto corrente che possa permettergli di pagare e controllare i propri saldi e spese in rete: attraverso il confronto dei prodotti di Hello Bank! e di altre banche, siano essere “fisiche” o online, si può trovare una soluzione adeguata alle nostre esigenze di spesa.
Per gestire infatti le nostre spese attraverso i sempre più diffusi servizi di home banking, infatti, non è necessario aprire un conto online, ma semplicemente verificare se mentre ci impegniamo a trovare il conto corrente più conveniente le opzioni permettano la gestione anche online di operazioni quali pagamenti e visualizzazioni saldo spese.
L’home banking è una innegabile rivoluzione, che consente ai più esperti della tastiera di evitare lunghe file in banca, eppure, come in ogni situazione, bisogna cercare di difendersi dai rischi: il pericolo più grande? Quello del furto di informazioni ad opera di azioni di hacktivism e cyber criminali, sempre più diffuso anche nel nostro Paese.
Già, perché secondo il report “Guadagnare sulle informazioni digitali” condotto da Trend Micro sul 2013, l’Italia risulta esser entrata nella top ten delle infezioni indirizzate ai servizi online delle banche e al settore finanziario, occupando l’ottavo posto con Australia e Canada, seguita da Germania e Francia.
Gli spammers attaccano spesso l’Italia, come dimostra il fatto che l’italiano è la nona lingua in tutto il globo utilizzata per mail spam. In serio pericolo anche la privacy dei navigatori italiani che usano applicazioni: qui raggiungiamo il quinto posto su scala mondiale.
Ma ovviamente non è in serio pericolo solo il sistema bancario del nostro Paese: come rivela infatti Trend Micro, “alla fine del 2012 si erano registrati 500.000 attacchi al settore, il 2013 ha visto questo numero superare il milione. Le minacce della categoria ransomware sono aumentate e si sono evolute in Cryptolocker, un nuovo e potente malware che non solo blocca il computer, ma cripta tutti i dati senza che sia possibile recuperarli”.
Il cyber crime è cresciuto, negli ultimi due anni, del 258%: su 2mila e 800 incidenti informatici negli ultimi tre anni la maggioranza degli attacchi è ad opera di chi mira a rubarci dati. Gartner ha infatti stimato che solo nel 2013 si è cercato di contrastare con strumenti di sicurezza il problema, generando un traffico di denaro per 70miliardi di dollari, superiore del 16% rispetto agli acquisti del 2012.
E nonostante questo, secondo il rapporto Clusit/Fastweb presentato al Security Summit a Milano e le stime di Ponemon Institute, le perdite causate direttamente e indirettamente dalla criminalità in rete sono state pari a 500 miliardi di dollari, per una crescita del 26% rispetto al 2012.
L’uso elevato dei dispositivi mobili, che si presentano sempre più un comodo strumento di gestione per i clienti delle banche di tutto il mondo, ha contribuito tuttavia a moltiplicare le minacce: sono necessarie delle contromisure efficaci allora, sia da parte di privati che di imprese del settore bancario.
“Oggi più che mai, i consumatori in generale ma anche le aziende – raccomanda Trend Micro – devono essere bravi nel capire le loro vulnerabilità e quali misure di sicurezza adottare per essere protetti al meglio contro i furti di dati e la compromissione della privacy”.
Alla fine del 2013, a fronte di questi dati disastrosi, Aol, Microsoft, Apple, Google, Yahoo e tre dei più importanti social network mondiali Facebook, Twitter e LinkedIn si sono cominciati a mobilitare per contrastare un problema crescente, che nello scorso anno ha mirato specialmente verso il settore del banking (+97% rispetto al 2012), quasi dimenticando il furto di informazioni governative (+4% rispetto al 2012).
Del resto i social network si rivelano un canale preferenziale per la diffusione dei malware attraverso lo spamming, i tentativi di phishing e di social engineering, data la semplicità di interazione che Facebook, Twitter e LinkedIn, ad esempio, garantiscono agli utenti.
Ma da dove vengono questi attacchi? Secondo il Operations Center di Fastweb la metà delle minacce arriverebbe dall’Asia, il 30% dall’Europa mentre il 20% restante se lo dividono equamente Stati Uniti e Medio Oriente.
Lo scopo di queste azioni è legato nel 24% dei casi ad attività di spionaggio industriale, contro un 60% volto a rubare dati e violare al privacy degli utenti per azioni di cyber crime. Di questo si sa poco, tuttavia, dal momento che ad avere più effetto mediatico è la percentuale più bassa degli attacchi, quella con lo scopo di azioni dimostrative: il cosiddetto hacktivism infatti si prende la fetta inferiore delle minacce, pari al 16%.