Razzismo sui social media: per Twitter la Francia prende provvedimenti
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Twittatori razzisti avvisati: da oggi non sarà più possibile usare il telefonino cellulare per inviare messaggi discriminatori sulla piattaforma di microblogging, almeno nella sua versione francese. Da Parigi arriva, infatti, l’obbligo di trasparenza dei dati personali di autori di messaggi con un contenuto razzista.
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Un tribunale francese ha infatti deciso ieri che chi twitta da smartphone, pc o altro dispositivo frasi che celano posizioni antisemite, deve venire allo scoperto. Alcune associazioni, tra le quali SOS homophobie e la Rete di assistenza delle vittime di aggressioni e discriminazioni, avevano sollevato da tempo la questione, prendendo una posizione forte contro alcuni “tweet della vergogna”.
La sentenza chiude dunque un’azione legale iniziata a seguito di numerose segnalazioni. Già a ottobre 2012 su Twitter era comparsa una sfilza di messaggi, anche dai toni accesi e violenti, che deridevano gli ebrei, etichettati in svariati modi, come #unbonjuif (un buon ebreo, ndr) e #unjuifmort (un ebreo morto, ndr).
Dopo questo episodio, non ha fatto presagire nulla di buono l’apparizione di altri hashtag come #UnBuonNero, #SeMioFiglioFosseGay, #SeMiaFigliaPortasseUnNeroaCasa e #SefossiNazista. Divenuta ormai evidente la gravità del problema, Parigi chiede ora anche il sostegno dei microblogger per poter rintracciare autori che istigano l’odio razziale.
Evidentemente queste persone si avvalgono di questo social network per diffondere questi odiosi messaggi perché si sentono protetti dall’anonimato che può garantire la rete e della possibilità di fingersi chi non si è nella realtà.
Un comportamento vigliacco, oltre che immorale, che il governo francese sta stigmatizzando. C’è da augurarsi che l’esempio sia seguito anche da altri Paesi, ma soprattutto che siano i social network e i loro iscritti a rifiutare e censurare per primi questi contenuti.
La pericolosità di questi post, infatti, è che non si esauriscono nella rete, ma hanno effetti tangibili nella vita reale. Da un parte costituiscono una continua istigazione all’odio razziale e alla discriminazione sessuale che purtroppo non rimane inascoltata. Dall’altra può provocare danni irreparabili alla vita delle persone attaccate e discriminate: basti pensare agli atti di cyber bullismo, che spesso traumatizzano a tal punto le vittime da spingerle al suicidio.
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