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Perché i pappagalli sono i migliori parlanti tra gli uccelli del mondo

  • Redazione Assodigitale
  • 20 Marzo 2025
Perché i pappagalli sono i migliori parlanti tra gli uccelli del mondo

Perché i pappagalli parlano: scoperte recenti

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Il fenomeno della capacità di parola nei pappagalli, in particolare nei parrocchetti ondulati, ha affascinato scienziati e appassionati di avifauna. Recenti ricerche pubblicate sulla prestigiosa rivista Nature hanno rivelato che il cervello di queste creature possiede circuiti cerebrali la cui attivazione è paragonabile a quella degli esseri umani durante le loro conversazioni. Grazie a un innovativo studio, i ricercatori hanno indagato come i parrocchetti, in grado di emettere suoni e riprodurre parole, riescano ad acquisire competenze vocali così avanzate. Attraverso l’impianto di sensori nel cervello di esemplari di questa specie, i ricercatori hanno monitorato l’attività cerebrale relativa all’apprendimento e alla produzione di vocalizzazioni, scoprendo similitudini sorprendenti con i meccanismi del linguaggio umano.

Indice dei Contenuti:
  • Perché i pappagalli sono i migliori parlanti tra gli uccelli del mondo
  • Perché i pappagalli parlano: scoperte recenti
  • Identikit del parrocchetto ondulato
  • Meccanismi cerebrali alla base della capacità di parlare
  • Evoluzione convergente tra pappagalli e umani

Identikit del parrocchetto ondulato


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Il Melopsittacus undulatus, più comunemente noto come parrocchetto ondulato, rappresenta una delle specie di pappagalli più popolari e riconoscibili al mondo. Questo uccello, originario dell’Australia, presenta una vivace colorazione che può variare dal giallo al verde, con distintive striature nere che caratterizzano le sue ali, da cui deriva il termine “ondulatus”. Questi uccelli sociali sono noti per il loro comportamento di volo in gruppo e la loro dieta basata su semi e vegetali, rendendoli animali adatti alla vita in associazione con altri esemplari.

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Le cocorite, come vengono comunemente chiamate, sono state importate in Europa nel XIX secolo, dove hanno rapidamente conquistato il cuore degli appassionati di animali domestici. La loro resilienza e adattabilità hanno permesso loro di prosperare anche in cattività, dove si rivelano compagni interattivi e affettuosi. I parrocchetti ondulati non solo emettono suoni melodici, ma sono anche in grado di apprendere e riprodurre le parole, un fenomeno che suscita un notevole interesse scientifico. L’analisi approfondita del comportamento di questi uccelli ha portato a scoperte significative riguardo alle capacità vocali degli animali e fornito spunti per comprendere i meccanismi cognitivi alla base della comunicazione.

Meccanismi cerebrali alla base della capacità di parlare

I recenti studi sui parrocchetti ondulati hanno messo in luce le sofisticate basi neurologiche che permettono a questi uccelli di esprimere vocalizzazioni complesse e parole. L’approccio adottato dai ricercatori ha coinvolto l’impianto di sensori nel cervello degli esemplari, specificamente nella regione nota come nucleo centrale dell’arcopallium anteriore (Aac), che è cruciale per il controllo vocale. Attraverso questa osservazione, è stato possibile monitorare l’attività neuronale durante la produzione di suoni e identificare come l’attivazione di specifici neuroni si correli alla riproduzione di tonalità particolari.

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Questa organizzazione cerebrale, che rispecchia un sistema di attivazione simile a quello umano, consente ai parrocchetti di riconoscere e riprodurre non solo sequenze sonore, ma anche caratteri complessi come accenti e ripetizioni in contesti mai ascoltati prima. Il cervello dei parrocchetti, quindi, opera mediante meccanismi intrinsecamente legati alla musicalità e al linguaggio, dimostrando un livello di sofisticazione sorprendente. Le cellule neuronali nel Aac si attivano in modo sistematico e preciso, configurando così un paradigma utile per comprendere meglio le connessioni tra comunicazione animale e umana.

Evoluzione convergente tra pappagalli e umani

Le recenti scoperte scientifiche evidenziano un fenomeno affascinante: l’evoluzione convergente dei pappagalli e degli esseri umani in relazione alla capacità di emettere suoni complessi. Questa similarità evolutiva suggerisce che, sebbene le due specie si siano sviluppate in contesti ecologici e temporali differenti, alcune strutture cerebrali abbiano preso direzioni parallele. Lo studio sul Melopsittacus undulatus ha messo in evidenza come i neuroni del nucleo centrale dell’arcopallium anteriore (Aac) rispondano in modo analogo a come il cervello umano gestisce la produzione e la comprensione del linguaggio. Entrambi i sistemi cerebrali sono infatti organizzati per controllare la modulazione vocale e le sfumature sonore, indicando che la capacità di articolare suoni complessi possa essere un tratto adattivo importante per l’interazione sociale e la sopravvivenza.

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Questa evidenza di evoluzione convergente non si limita solo ai parrocchetti ma si estende ad altri pappagalli, rendendo queste scoperte fondamentali per ricercatori e scienziati. La somiglianza nella struttura cerebrale relativa alla vocalizzazione suggerisce che i meccanismi neurologici alla base della generazione del suono e della comprensione del linguaggio possano aver avuto origine indipendentemente in diverse specie. La ricerca futura si concentrerà dunque nel capire come queste strutture si siano evolute e adattate, contribuendo così a svelare i misteri della cognizione e della comunicazione nell’ambito animale e umano.


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