Pensioni: novità Legge di Bilancio su TFR, Ape sociale ed età pensionabile spiegate passo passo
età pensionabile: aumenti e tempistiche attese
Il testo definitivo della manovra conferma un aumento graduale dei requisiti anagrafici per il pensionamento legato all’aggiornamento ISTAT dell’aspettativa di vita: la progressione sarà modulata su due anni con incrementi misurati in mesi. Questo intervento incide sia sulle pensioni di vecchiaia sia sulle ordinarie anticipate, definendo nuove soglie temporali per l’accesso alle prestazioni e aggiornando le misure di salvaguardia per chi sceglie di posticipare l’uscita dal lavoro. Di seguito i dettagli puntuali sulle nuove tempistiche e sulle conseguenze pratiche per i soggetti interessati.
Indice dei Contenuti:
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Dal 2027 è confermato un aumento complessivo dei requisiti pensionistici pari a tre mesi, determinato dall’ultimo aggiornamento ISTAT sull’aspettativa di vita. Il governo ha deciso di distribuire tale incremento su due anni: nel 2027 scatterà un primo aumento di un mese, seguito da un ulteriore incremento di due mesi nel 2028. Di conseguenza, l’età per il pensionamento di vecchiaia passerà dai 67 anni attuali a 67 anni e 1 mese nel 2027 e a 67 anni e 3 mesi nel 2028.
Lo stesso adeguamento vale per le pensioni anticipate ordinarie: il requisito contributivo resta invariato nella sua struttura ma subisce la stessa rimodulazione temporale. Pertanto, chi maturerà l’anzianità contributiva richiesta dovrà valutare l’impatto dei nuovi mesi aggiuntivi sulla data effettiva di decorrenza del trattamento. Resta operativa la possibilità per i lavoratori, una volta raggiunti i requisiti, di continuare a lavorare usufruendo del meccanismo di sgravio contributivo previsto dalla norma di riferimento.
In termini pratici, la rimodulazione comporta un differimento delle decorrenze per chi sta pianificando l’uscita nei prossimi anni: occorre tenere conto non solo dell’aumento anagrafico ma anche delle scadenze amministrative e delle eventuali finestre di pagamento previste dalle diverse forme pensionistiche. Per i datori di lavoro e i consulenti previdenziali diventa essenziale aggiornare i piani di uscita dei lavoratori, soprattutto per chi è vicino al limite dei requisiti e per le categorie con vincoli contributivi particolari.
FAQ
- Come cambia l’età di accesso alla pensione di vecchiaia? Dal 2027 l’età aumenta di un mese e, nel 2028, di due mesi ulteriori, portando il requisito a 67 anni e 3 mesi nel 2028.
- Questo aumento riguarda anche le pensioni anticipate? Sì: l’incremento di tre mesi si applica anche alle pensioni anticipate ordinarie con la stessa scansione temporale.
- Devo aspettarmi altre modifiche oltre il 2028? Le variazioni future dipenderanno dai futuri aggiornamenti ISTAT sull’aspettativa di vita e dalle scelte normative successive.
- Cosa comporta per chi ha già i requisiti contributivi? Chi ha i requisiti contributivi dovrà considerare le nuove età anagrafiche per la decorrenza effettiva della pensione.
- Esistono incentivi per chi continua a lavorare oltre i requisiti? Sì, resta confermato lo sgravio contributivo previsto per chi continua a lavorare dopo aver maturato i requisiti.
- Come devono comportarsi i consulenti del lavoro? Devono aggiornare i piani di uscita e verificare le date di maturazione dei requisiti alla luce degli aumenti previsti per il 2027-2028.
ape sociale, opzione donna e quota 103: cosa resta e cosa decade
Sintesi: la manovra chiarisce il destino di tre strumenti che hanno condizionato il dibattito previdenziale: l’**Ape sociale** viene prorogata per il 2026 con criteri già consolidati; **Opzione Donna** e **Quota 103** non ottengono rinnovo e decadono alla scadenza prevista, fatta salva la tutela per chi avrà già perfezionato i requisiti entro le date stabilite. Il testo finale definisce con precisione beneficiari, requisiti e termini temporali, riducendo l’incertezza per lavoratori e operatori del settore.
L’Ape sociale è confermata per tutto il 2026 e mantiene la sua struttura di accesso: potranno beneficiarne i caregiver che assistono un familiare convivente con disabilità grave da almeno sei mesi, i disoccupati al termine della NASpI, gli invalidi con percentuale non inferiore al 74% e i lavoratori impiegati in attività gravose con almeno 36 anni di contributi. Il requisito minimo di anzianità contributiva per le altre categorie resta fissato a 30 anni. Le condizioni e le procedure di accesso rimangono quelle già note, senza ampliamenti rispetto all’attuale quadro normativo.
Per **Opzione Donna** e **Quota 103** la legge di Bilancio sancisce la cessazione degli effetti oltre le rispettive scadenze: Opzione Donna non sarà prorogata oltre il termine originario e potrà essere esercitata solo se i requisiti anagrafici e contributivi erano stati raggiunti nei termini stabiliti; Quota 103 decade alla fine del 2025 e non sarà possibile ricorrervi dopo tale data, eccetto per i soggetti che avranno maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2025. Il riconoscimento del diritto per chi ha già perfezionato i requisiti resta invece garantito, evitando ricadute retroattive sulle posizioni già cristallizzate.
Dal punto di vista operativo, la proroga dell’Ape sociale comporta l’operatività dei canali amministrativi e dei criteri di valutazione dell’invalidità e dello stato di disoccupazione già in uso. Per Opzione Donna e Quota 103 la cancellazione implica per i consulenti e gli uffici pensionistici la necessità di aggiornare le istruzioni e informare tempestivamente gli interessati: chi è in possesso di finestre utili e requisiti maturati entro le date previste dovrà avviare le procedure per non perdere il diritto.
Infine, la decisione del legislatore evita nuove proroghe che avrebbero potuto prolungare l’incertezza. L’effetto immediato è una semplificazione del quadro normativo: rimangono strumenti selettivi (Ape sociale per categorie fragili) e vengono definitivamente chiuse formule temporanee nate in periodi di contesto particolare (Opzione Donna e Quota 103), con ricadute pratiche sulle pianificazioni di uscita dal lavoro e sull’offerta di consulenza previdenziale.
FAQ
- Che cosa cambia per l’Ape sociale nel 2026? L’Ape sociale è prorogata per tutto il 2026 e mantiene i requisiti e le categorie assistite già previsti: caregiver, disoccupati al termine della NASpI, invalidi al 74% e lavoratori gravosi con 36 anni di contributi.
- Opzione Donna sarà ancora disponibile dopo il 2025? No: Opzione Donna non viene prorogata oltre i termini previsti. Restano validi i diritti per chi avrà già maturato i requisiti nei termini stabiliti.
- Cosa accade a chi non raggiunge Quota 103 entro il 31 dicembre 2025? Non potrà accedere a Quota 103 dopo tale data; dovrà valutare altre forme di pensionamento previste dalla normativa vigente.
- Chi assiste un familiare disabile può ancora accedere all’Ape sociale? Sì: i caregiver conviventi con familiare disabile grave che hanno almeno 30 anni di contributi possono accedere all’Ape sociale, secondo le condizioni precedentemente stabilite.
- Qual è l’effetto per i consulenti del lavoro? Devono aggiornare le procedure e informare tempestivamente i clienti: attivare pratiche per chi ha già i requisiti e non più considerare Opzione Donna o Quota 103 per piani di uscita successivi al 2025.
- Rimane qualche forma di tutela per chi aveva già avviato pratiche su Opzione Donna o Quota 103? Sì: i diritti già perfezionati entro le scadenze restano tutelati; le pratiche in corso vanno verificate caso per caso in base alla data di maturazione dei requisiti.
tfr e fondi pensione integrativi: silenzio-assenso e limiti alla rendita
La misura sul trattamento di fine rapporto e l’utilizzo dei fondi pensione integrativi subisce due interventi distinti ma convergenti: da un lato si conferma il meccanismo del silenzio-assenso per l’assegnazione del TFR ai fondi contrattuali; dall’altro viene ristretto il ricorso alla rendita delle forme complementari per il calcolo dei requisiti di pensionamento anticipato contributivo. Queste modifiche incidono sulle scelte individuali di accumulo e sulla pianificazione previdenziale, imponendo maggiore attenzione ai termini contrattuali e alle scadenze per esprimere esplicita opposizione.
Il meccanismo del silenzio-assenso rimane operativo: il lavoratore neoassunto ha 60 giorni di tempo per comunicare la volontà di mantenere il TFR in azienda; in assenza di una manifestazione esplicita, il TFR viene automaticamente destinato al fondo pensione previsto dal contratto collettivo. Questa norma incentiva l’adesione alla previdenza complementare, ma richiede procedure informatiche e informative aziendali chiare per rispettare i termini e i diritti del lavoratore. I consulenti del lavoro e le risorse umane devono quindi predisporre comunicazioni tempestive e tracciabili.
Per quanto riguarda la rendita integrativa, la legge revoca la possibilità, già prevista per il 2025, di considerare la rendita dei fondi pensione ai fini del raggiungimento della soglia minima necessaria alla pensione anticipata contributiva dal 2026. Dunque, chi intende accedere alla pensione anticipata contributiva dovrà contare esclusivamente sui contributi accreditati presso l’INPS per superare la soglia minima parametrata all’assegno sociale. La modifica riduce la complementarietà tra pilastri e rende più stringente la verifica dei montanti contributivi gestiti dal sistema pubblico.
In termini pratici, la combinazione di silenzio-assenso e limite alla rendita impone tre conseguenze immediate: la necessità di informare il personale sulle implicazioni del conferimento automatico del TFR; la revisione delle strategie di accumulo per chi punta alla pensione anticipata contributiva; l’attenzione ai tempi di maturazione dei montanti contributivi INPS, ora determinanti per l’accesso ai canali anticipati. I consulenti previdenziali dovranno supportare i lavoratori nella scelta consapevole tra mantenere il TFR in azienda o conferirlo alla previdenza complementare, valutando l’impatto fiscale e la futura imponibilità della prestazione.
Infine, resta valida per il 2025 la possibilità di integrazione tramite rendita complementare, ma la norma di transizione richiede una pianificazione attenta: chi prevede di utilizzare la rendita dei fondi per raggiungere soglie necessarie dovrà accelerare le proprie decisioni entro i termini previsti e verificare l’effettiva convertibilità della posizione accumulata in rendita utile ai fini pensionistici, tenendo conto dei limiti e delle condizioni previsti dai regolamenti dei fondi stessi.
FAQ
- Che cosa prevede il silenzio-assenso per il TFR? Se il lavoratore non manifesta opposizione nei 60 giorni successivi all’assunzione, il TFR viene automaticamente versato al fondo pensione previsto dal contratto collettivo.
- Posso evitare che il mio TFR vada al fondo? Sì: devono essere comunicati esplicitamente la volontà di mantenere il TFR in azienda entro i 60 giorni previsti dalla normativa.
- La rendita del fondo pensione vale per la pensione anticipata dal 2026? No: dal 2026 la rendita della previdenza complementare non può essere utilizzata per raggiungere la soglia minima richiesta per la pensione anticipata contributiva.
- Cosa cambia per chi puntava alla pensione anticipata utilizzando il fondo integrativo? Dovrà riorientare la strategia: solo i contributi accreditati all’INPS saranno considerati nella verifica della soglia minima.
- Esiste una deroga temporanea per il 2025? Sì: per il 2025 era prevista la possibilità di integrazione tramite rendita complementare, ma non sarà ripetuta dal 2026.
- Come devono muoversi i consulenti del lavoro? Devono informare i dipendenti sui termini del silenzio-assenso, verificare scelte individuali e ricalcolare piani previdenziali alla luce dei nuovi limiti all’utilizzo della rendita integrativa.
gravosi, usuranti e precoci: tagli alle risorse e impatto sulle uscite
La legge di Bilancio introduce riduzioni di spesa e riallocazioni che interessano in modo concreto i lavoratori impegnati in mansioni gravose, usuranti e i cosiddetti precoci: le modifiche riguardano tagli alle dotazioni finanziarie e la rimodulazione dei criteri di accesso agli scivoli pensionistici, con effetti operativi già a partire dal 2027. Il nuovo assetto normativo incide sulle possibilità di anticipare l’uscita dal lavoro, sui livelli di tutela per categorie fragili e sulle scelte di pianificazione previdenziale, imponendo ai consulenti e agli enti previdenziali aggiornamenti immediati delle procedure amministrative e delle stime di spesa.
La manovra non introduce un aumento delle finestre di decorrenza, ma prevede una progressiva riduzione delle risorse destinate agli strumenti di uscita anticipata per i lavoratori precoci. La contrazione di finanziamenti implica che alcune misure di flessibilità potranno essere erogate in misura più contenuta o con criteri più stringenti. Ne derivano limiti alla platea potenziale dei beneficiari e possibili rallentamenti nelle liquidazioni. I fondi stanziati risultano diminuiti a partire dal 2027, con tagli incrementali negli anni successivi, incidendo sulla sostenibilità degli scivoli per attività usuranti.
Per i lavoratori impegnati in mansioni gravose e usuranti cambia la prospettiva di accesso: pur restando formalmente riconosciute le categorie soggette a tutela, la disponibilità finanziaria ridotta può tradursi in criteri più restrittivi per la concessione degli scivoli. Questo significa che, oltre ai requisiti contributivi e anagrafici già previsti, verranno riviste le priorità di intervento e le graduatorie in caso di accesso a quote limitate di risorse. L’effetto pratico è una maggiore incertezza per chi programma l’uscita anticipata basandosi su precedenti dotazioni finanziarie.
Per i lavoratori precoci, la riduzione delle dotazioni finanziarie comporterà una ricalibratura delle misure che premiano chi ha iniziato a lavorare in giovane età. Le risorse stanziate per i benefici specifici alla categoria saranno decurtate progressivamente, con impatto anche sulle posizioni in corso di valutazione. Questo si traduce in possibili attese più lunghe per l’esito delle domande e, in alcuni casi, nella necessità di ricorrere ad alternative previdenziali o al posticipo dell’uscita.
Dal punto di vista operativo, gli enti previdenziali e i consulenti del lavoro dovranno aggiornare i criteri di valutazione delle domande, i modelli di calcolo e le istruzioni per la gestione delle graduatorie. Le aziende e i lavoratori dovranno essere informati tempestivamente sulle nuove priorità e sui possibili impatti sui piani di uscita. La minore disponibilità di risorse potrà indurre anche una maggiore selettività nelle concessioni: saranno privilegiati i casi con comprovata condizione di difficoltà e con maggiore gravosità documentata.
Infine, la manovra conferma il mantenimento di alcune tutele formali per gravosi, usuranti e precoci, ma ne ridimensiona la portata pratica attraverso i tagli di bilancio. Ciò impone una revisione delle strategie individuali di pensionamento: chi è nelle categorie interessate deve valutare con cura tempistiche, alternative di accumulo contributivo e, se possibile, anticipare le procedure amministrative per evitare di essere penalizzato da accessi a risorse limitate.
FAQ
- Chi sono i lavoratori considerati “precoci”? I precoci sono coloro che hanno almeno 12 mesi di contributi versati prima dei 19 anni di età.
- I tagli annullano i diritti acquisiti? No: i diritti già maturati rimangono validi, ma le nuove dotazioni possono limitare l’estensione futura di misure analoghe.
- Le categorie usurate perderanno la tutela? Le tutele formali restano, ma la riduzione delle risorse può rendere più selettiva l’erogazione degli scivoli pensionistici.
- Quando entreranno pienamente in vigore i tagli? I tagli sono previsti a partire dal 2027 con aumenti progressivi negli anni successivi.
- Come devono muoversi i consulenti previdenziali? Devono aggiornare procedure, informare i clienti sui tempi di attesa e valutare alternative previdenziali per mitigare i ritardi.
- È consigliabile presentare subito la domanda di pensione per i precoci? Sì: anticipare le procedure può ridurre il rischio di rimanere in attesa in caso di risorse limitate, pur sempre verificando il possesso dei requisiti richiesti.




