Parlamento svizzero boccia piano nazionale per microchip obbligatorio ai gatti domestici

Il parlamento svizzero boccia l’obbligo nazionale di microchip per i gatti
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Il Parlamento svizzero ha respinto con 108 voti contrari contro 80 favorevoli la proposta di istituire un obbligo nazionale di microchip per i gatti. Questa decisione arriva nonostante ogni anno oltre 10.000 felini vadano dispersi, generando un pesante carico sulle strutture di accoglienza e una preoccupazione costante per i proprietari. Il dibattito ha evidenziato come la misura sarebbe potuta rappresentare uno strumento efficace per rintracciare rapidamente i proprietari e migliorare la gestione dei gatti randagi sul territorio nazionale. Tuttavia, le preoccupazioni espresse in aula sulla necessità di un obbligo così esteso e sui costi associati hanno prevalso, sancendo un netto diniego.
microchip obbligatorio: proposte e dibattiti
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La proposta di rendere obbligatorio il microchip per i gatti è stata avanzata principalmente dal gruppo dei Verdi, con la deputata Meret Schneider in prima linea. L’idea nasce dalla necessità di ridurre il numero dei gatti dispersi, che ogni anno superano i 10.000, e di facilitare la restituzione agli aventi diritto. La registrazione obbligatoria avrebbe garantito un contatto immediato con i proprietari in caso di ritrovamento, migliorando significativamente l’efficacia degli interventi da parte di enti e associazioni animaliste. Inoltre, si sarebbe ampliato il controllo sulle popolazioni feline libere, riducendo fenomeni di abbandono e riproduzione incontrollata e alleggerendo la pressione sulle strutture di accoglienza.
L’iter legislativo ha visto un acceso confronto tra le varie forze politiche. Tra i sostenitori dell’obbligo è stato sottolineato come la microchippatura non solo rappresenti un passo avanti nel benessere animale, ma anche un incentivo a una maggiore responsabilità da parte dei proprietari. La possibilità di accedere a un database nazionale di animali registrati avrebbe inoltre fornito dati precisi sulla distribuzione e la densità dei gatti sul territorio, consentendo politiche di gestione più mirate e basate su elementi concreti.
Diversi incontri e audizioni con esperti hanno evidenziato come il costo dell’implementazione della misura sarebbe minimo, considerando che una banca dati per la registrazione volontaria esiste già, limitando così le spese aggiuntive per l’amministrazione pubblica.
argomentazioni contrarie e opinioni politiche
Le opposizioni all’obbligo nazionale di microchip per i gatti si sono manifestate con forza, soprattutto da parte della destra politica e di esponenti preoccupati per i costi e l’efficacia della misura. Sylvain Freymond, parlamentare del Partito Popolare Svizzero (UDC), ha definito la proposta come un «provvedimento coercitivo inutile», incapace di risolvere i problemi concreti legati alla gestione dei gatti randagi. Freymond ha sottolineato come una quota significativa di felini nasce in natura senza un proprietario e come il costo per l’identificazione e gestione di questi animali ricadrebbe sulle spalle delle autorità, generando un impegno economico non sostenibile.
Il parere contrario ha inoltre evidenziato che l’obbligo rischierebbe di gravare inutilmente sui proprietari responsabili, senza intervenire efficacemente sul fenomeno dei gatti selvatici o abbandonati, questioni reputate prioritarie e più urgenti nell’ambito della politica sanitaria e ambientale. In un contesto di bilancio federale già sotto pressione per spese ingenti in altri settori, la proposta è stata vista come una misura poco strategica e con ritorni di utilità discutibili.
Dal punto di vista politico, il dibattito ha messo in luce anche una frattura ideologica sulla modalità di intervento: da un lato, chi sostiene una regolamentazione più rigorosa e il rafforzamento degli obblighi per i proprietari; dall’altro, chi preferisce incentivi volontari, campagne di sensibilizzazione e soluzioni mirate, evitando interventi generalizzati che possono risultare inefficaci o sproporzionati.
Il rifiuto della mozione riflette quindi un equilibrio politico e finanziario molto delicato, con la necessità di bilanciare la tutela degli animali, la gestione del fenomeno randagismo e i limiti delle risorse pubbliche.
vantaggi attesi e posizioni del governo
Il Governo federale ha sottolineato con decisione i molteplici vantaggi derivanti dall’introduzione del microchip obbligatorio per i gatti, nonostante l’esito negativo in Parlamento. L’Interno Elisabeth Baume-Schneider ha evidenziato che i costi aggiuntivi sarebbero contenuti, grazie all’esistenza di un database nazionale già attivo per la registrazione volontaria degli animali domestici, che potrebbe essere facilmente esteso e migliorato. La microchippatura permetterebbe un recupero più rapido degli animali smarriti, riducendo così i tempi di permanenza nei rifugi e lo stress sia per i gatti che per i proprietari.
Inoltre, dalle analisi del Governo emerge come una registrazione capillare offrirebbe dati preziosi per comprendere con precisione la diffusione e la densità della popolazione felina in Svizzera, contribuendo a sviluppare strategie di gestione più efficaci e sostenibili. La possibilità di identificare con certezza l’origine e la situazione sanitaria degli animali consente un miglior controllo dell’impatto dei gatti su biodiversità, nonché sulle possibili patologie trasmissibili (epizoozie e zoonosi).
Il progetto impedirebbe un fenomeno spesso sottovalutato, quello dei gatti non registrati, stimati attorno a 225.000 unità, presenti sul territorio nazionale. La misurazione esatta di questi numeri e lo obbligo di una visita veterinaria per l’applicazione del microchip rappresentano un importante passo verso una gestione responsabile e ufficiale degli animali domestici.
Dal punto di vista gestionale e ambientale, il Governo ha ribadito come l’obbligo di microchip contribuirebbe a un controllo più efficace dei felini randagi e delle riproduzioni incontrollate, facilitando le azioni di tutela contro l’abbandono e la proliferazione dei gatti selvatici. Questa maggiore trasparenza agevolerebbe anche gli enti animalisti e le autorità locali nel coordinare le attività di protezione e monitoraggio, riducendo il peso sulle risorse pubbliche a medio-lungo termine.
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