Obbligazioni AT1: perché l’annullamento di Credit Suisse è stato dichiarato contrario alla legge

Sentenza illegale sull’azzeramento delle obbligazioni AT1
La recente sentenza del Tribunale amministrativo federale (TAF) rappresenta un importante precedente giuridico per i possessori delle obbligazioni AT1 di Credit Suisse, azzerate il 19 marzo 2023. Questo provvedimento giudica illegittima l’operazione di azzeramento, accogliendo uno dei 360 ricorsi promossi per conto di circa 3.000 investitori. Il TAF ha rilevato l’inesistenza del “Viability Event”, condizione senza la quale non poteva essere attivato l’azzeramento delle obbligazioni subordinate, poiché l’intervento era finalizzato a mantenere la liquidità della banca e non a garantire i livelli minimi di capitale.
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Inoltre, il giudice ha evidenziato l’assenza di una solida base legale per la decisione della Finma, definendo la misura come una violazione dei diritti di proprietà degli investitori. La disposizione normativa alla base dell’azione, ovvero l’articolo 5 dell’ordinanza del Consiglio federale, è stata anch’essa giudicata contrastante con la Costituzione, in particolare per quanto riguarda le norme sulle ordinanze di necessità e i diritti di esproprio.
I ricorrenti hanno quindi richiesto l’annullamento della decisione di azzeramento e il ripristino della situazione precedente l’intervento. Nonostante la sentenza, le controparti possono presentare ricorso al Tribunale federale, lasciando aperto un percorso legale ancora incerto ma destinato a influenzare il mercato dei titoli bancari subordinati anche a livello internazionale.
Dettagli e criticità del salvataggio di Credit Suisse
Il salvataggio di Credit Suisse ha sollevato numerose questioni tecniche e giuridiche, a partire dalla modalità con cui è stato gestito l’azzeramento delle obbligazioni AT1. L’operazione, autorizzata da un’ordinanza di necessità emanata dal Consiglio federale svizzero, ha permesso alla Finma di cancellare titoli per un valore complessivo di 16,5 miliardi di franchi svizzeri, una cifra significativa che ha inciso drasticamente sui portafogli degli investitori. Tale misura è stata giustificata come una mossa urgente per stabilizzare la liquidità del gruppo bancario e favorire la sua acquisizione da parte di UBS.
Il nodo critico individuato dalla sentenza riguarda l’assenza del cosiddetto “Viability Event”, condizione fondamentale per attivare la conversione o l’azzeramento delle obbligazioni AT1. In questo caso, l’evento che avrebbe dovuto garantire il mantenimento dei requisiti patrimoniali minimi non si era verificato, rendendo inappropriata la decisione di azzeramento. Inoltre, l’intervento è stato eseguito senza un’adeguata base giuridica, violando i diritti di proprietà degli obbligazionisti, un passo che ha alimentato forti critiche e contestazioni legali.
Non meno rilevante è stata la valutazione costituzionale dell’articolo 5 della disposizione governativa, ritenuto non conforme alla disciplina che regola le ordinanze di necessità e le garanzie costituzionali relative ai diritti di espropriazione. L’intervento di emergenza, benché motivato dalla necessità di evitare il crollo di una realtà finanziaria sistemica, ha dunque messo in luce una serie di fragilità normative e procedurali che ne compromettono la legittimità e aprono la strada a possibili risarcimenti e revisioni dell’intera operazione.
Confronto normativo tra Svizzera e Unione Europea
La controversia sull’azzeramento delle obbligazioni AT1 di Credit Suisse evidenzia profonde divergenze tra il modello normativo svizzero e quello vigente nell’Unione Europea. In Svizzera, a differenza delle regole europee, l’azzeramento dei bond subordinati è stato attuato senza un completo annullamento del capitale azionario, che invece è stato ridotto solo parzialmente. Nell’UE, invece, la normativa prevede che le perdite debbano essere assorbite inizialmente dagli azionisti, solo successivamente coinvolgendo gli obbligazionisti subordinati, limitando così il rischio di un azzeramento diretto e immediato di questi ultimi.
Questa distinzione normativa ha avuto un impatto immediato e rilevante sul mercato europeo delle obbligazioni AT1, che nel periodo successivo all’intervento svizzero ha subito un notevole arresto, generando incertezza tra gli investitori istituzionali. Bruxelles è intervenuta prontamente per chiarire che la disciplina comunitaria non consente simili azioni arbitrali nei confronti degli obbligazionisti subordinati, garantendo un ordine di priorità rigoroso nella copertura delle perdite.
La reazione del mercato ha mostrato un congelamento delle emissioni di bond subordinati per diversi mesi, superato solo di recente grazie a dinamiche macroeconomiche favorevoli, come la riduzione dei tassi di interesse, che ha spinto gli investitori a cercare asset con rendimenti più elevati, assumendo rischi superiori. Resta tuttavia da vedere come evolverà la situazione legale di Credit Suisse all’interno dell’ecosistema UBS e quali impatti concreti potrà avere questa sentenza sul mercato obbligazionario europeo.