Nuove tasse per le vendite online e per E-commerce: gli Usa tassano i siti di vendite online che dovranno alzare i prezzi dei prodotti
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Il Senato degli Stati Uniti d’America ha approvato una legge che modifica il sistema di tassazione previsto per le transazioni concluse online mediante carte di credito migliori. L’intero settore dell’e-commerce, molto più sviluppato che in Italia, ne risentirà pesantemente e forse si alzeranno i prezzi, visto che il maggiore onere fiscale ricadrà sui rivenditori, chiamati ad applicare l’imposizione sui prodotti venduti ai consumatori e a versare poi il corrispettivo nelle casse dello Stato.
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Il provvedimento – ribattezzato Marketplace Fairness Act – è stato approvato in Senato con 69 voti favorevoli e 27 contrari, ma considerata la delicatezza della questione (ogni anno il giro di vendite concluse online muove circa 23 miliardi di dollari) non è da escludere uno scontro al Congresso, dove non tutti i deputati si sono mostrati favorevoli alla ratifica del disegno di legge. L’entrata in vigore del provvedimento potrebbe infatti disincentivare gli utenti ad acquistare prodotti online, con ricadute negative in termini di volume di danaro che ogni giorno i consumatori stessi muovono utilizzando la propria carta Visa, piuttosto che MasterCard o una carta del circuito American Express.
Teoricamente un sistema di tassazione sulle transazioni online era già in vigore prima del Marketplace Fairness Act, ma risultava facilmente aggirabile. Il nuovo provvedimento mira dunque a rendere più efficiente il sistema di riscossione designando quale responsabili d’imposta i rivenditori stessi. Come accennato, su questi ultimi graverà solo il compito di versare il corrispettivo, mentre l’onore di far concretamente fronte al tributo ricadrà sugli utenti, un po’ come accade per l’Iva.
I rivenditori hanno manifestato apertamente il proprio dissenso, ritenendo insostenibile un incarico simile per transazioni effettuate online e dunque totalmente differenti da quelle portate a termine nei punti vendita fisici. A rendere il tutto estremamente complicato interviene il fatto che la riscossione debba essere organizzata in base a dove si trovano fisicamente i clienti (nonostante le transazioni vengano concluse online), con variazioni fiscali da Stato a Stato e da città a città, come previsto dall’ordinamento federale americano.
Anche la disciplina merceologica prevista è molto complessa: basti pensare che un negozio di cioccolatini, ad esempio, potrebbe essere considerato tassabile in un luogo come esercizio che vende merci e in un altro come rivenditore di prodotti alimentari. Gli operatori dell’e-commerce dovrebbero in sostanza divenire esattori fittizi e dialogare con oltre 9600 giurisdizioni fiscali differenti, uno scenario che appare francamente inconciliabile con l’esigenza di snellimento burocratico posto a fondamento del disegno di legge in fase di discussione.
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