Le novità per cellulari e smartphone: arrivano gli schermi in 3D visibili ad occhio nudo come in Guerre Stellari
Vi ricordate i film della trilogia di “Guerre stellari”, in cui spesso e volentieri i personaggi venivano proiettati all’interlocutore in schermi tridimensionali meglio noti come ologrammi, con la famosa scena della principessa Leila che durante un dialogo con Obi-wan Kenobi si materializzava all’improvviso?
Ebbene, mai come oggi la realtà è stata così vicina alla fantascienza: il merito è degli scienziati che lavorano presso i laboratori della Hewlett-Packard che si trovano a Palo Alto, in California, i quali hanno formato un gruppo di ricerca per brevettare una tecnologia di nuova concezione che consentirebbe allo schermo di un dispositivo mobile (che può essere uno smartphone o un tablet) di riprodurre le immagini in 3D visibili a occhio nudo.
Tale tecnologia prende il nome di ottica di rifrazione e dà la possibilità di vedere l’immagine, sia essa statica o dinamica (cioè in movimento), proiettata al di fuori dello schermo a prescindere dalla direzione in cui la guarda l’utente, almeno stando a quanto riportato in un articolo pubblicato sulla rivista specializzata “Nature” alla quale ha addirittura dedicato la copertina del suo ultimo numero.
Per il momento, assicura David Fattal che coordina il gruppo di ricerca, il massimo campo di visione raggiunto è di 90 gradi, ma l’obiettivo dei tecnici della HP è quello di arrivare, un giorno, fino a 180 gradi e contano di riuscirci in un lasso di tempo ragionevole, cercando anche una soluzione per la riproduzione degli ologrammi anche su schermi più o meno inclinati.
In effetti, la tecnologia è ancora decisamente perfettibile, sia dal punto di vista della risoluzione delle immagini trasmesse (ci vorrà ancora parecchio tempo prima di poter ammirare ologrammi ad alta definizione) che da quello della distanza massima entro la quale gli ologrammi saranno visibili all’occhio umano.
Tuttavia, una volta collaudato e perfezionato, lo schermo 3D sarà presumibilmente messo in vendita: è quanto sostiene Neil Dodgson, ricercatore dell’Università di Cambridge che ha preso parte al progetto avveniristico, chiedendosi anche se l’uomo abbia effettivamente bisogno di uno strumento simile.
Ovviamente è difficile dare, così a bruciapelo, una risposta precisa: basti ricordare che prima dell’avvento dei telefonini, nessuno avvertiva affatto la necessità di usarli quando si trovava fuori casa, mentre oggi nessuno saprebbe più fare a meno di tutte le funzionalità che essi offrono. Non resta che aspettarne la commercializzazione sul mercato e vedere come la clientela reagirà alla novità.
Dodgson ha spiegato inoltre che un altro motivo per cui il gruppo di ricerca sta lavorando a una tecnologia simile è dovuto al fatto che gli esseri umani hanno una visuale stereoscopica della realtà, poiché tra un occhio e l’altro c’è una distanza pari a circa 65 millimetri, perciò il cervello è costretto a ricostruire le due immagini in una sorta di modello 3D.