Morgan Neville, regista di Piece by Piece, giura di non usare più l’IA
Motivazioni dietro ‘Piece by Piece’
Morgan Neville ha scelto di realizzare un documentario su Pharrell Williams per una serie di motivi che si intrecciano con la sua esperienza professionale e personale. La decisione di intraprendere questo progetto non è stata casuale; infatti, è stato il noto produttore musicale stesso a contattarlo, spingendo Neville a considerare nuovamente il mondo dei documentari musicali. Dopo aver perseguito numerosi progetti simili, l’idea di rivisitare il genere, particolarmente attraverso la lente unica di Pharrell, ha riacceso il suo interesse.
Durante il primo incontro, Pharrell ha proposto un concetto straordinario: un documentario animato in Lego. Questo suggerimento ha affascinato subito Neville, che ha sempre trovato più interessante lavorare con i produttori, i quali operano in un contesto più variegato rispetto agli artisti, spesso confinati nelle loro narrazioni individuali. La diversità e la complessità della carriera di Pharrell, unito alla sua capacità di navigare in mondi musicali differenti, hanno reso il progetto ancor più allettante per il regista.
Un altro fattore determinante nel processo decisionale di Neville è stata la lunghezza della carriera di Pharrell. Con oltre 30 anni di successi, la realtà di dover selezionare e sintetizzare una vasta mole di materiale è stata una sfida significativa. Visto il costo elevato dell’animazione, a cui si è dedicato, è diventato chiaro che non sarebbe stato possibile includere ogni momento e ogni storia. Questa consapevolezza ha portato Neville a riflettere sull’essenza di un racconto efficace, che necessariamente comporta delle omissioni.
Le interviste condotte con collaboratori di Pharrell, come Kendrick Lamar e Missy Elliott, si sono trasformate in un tessuto narrativo che supporta il racconto visivo. Le conversazioni hanno avuto luogo in gran parte attraverso modalità remote, a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia, permettendo a Neville di mantenere una straordinaria dialogo creativo. Questa scelta non solo ha facilitato il processo, ma ha anche creato un contesto in cui i partecipanti erano liberi di esprimere la loro sincerità senza il peso della presenza fisica del regista.
In sostanza, la motivazione principale di Neville si riflette nella volontà di esplorare non solo la vita e la carriera di Pharrell, ma anche la complessità del suo contributo all’industria musicale. Attraverso questa remota ma intima serie di interviste, Neville aspira a catturare non solo i successi, ma anche le sfide e i momenti significativi che hanno plasmato l’artista, mantenendo viva l’idea che le migliori storie sono quelle che, pur lasciando fuori alcune parti, riescono a comunicare un messaggio profondo e autentico.
Esperienza di Morgan Neville con l’IA
La recente esperienza di Morgan Neville con l’intelligenza artificiale, in particolare nel contesto della realizzazione del documentario “Roadrunner” dedicato ad Anthony Bourdain, è stata profondamente rivelatrice. Durante la produzione di quel film, Neville ha fatto uso di questa tecnologia per riprodurre la voce di Bourdain, un’operazione che inizialmente considerava una sorta di divertissement. Tuttavia, quello che doveva essere un piccolo espediente narrativo si è trasformato in una questione ben più complessa quando la reazione del pubblico è stata esplosiva. “Ero sorpreso,” confessa Neville. “Per me era più un Easter egg, ma è diventato una bomba.”
Con il tempo e l’emergere di un dibattito sempre più acceso sull’uso dell’IA nel cinema e nei documentari, il regista ha iniziato a prendere coscienza delle implicazioni etiche e artistiche di tali tecnologie. “Mi sono reso conto che io, che mi consideravo un regista ‘metodico’, stavo affrontando una perdita irreparabile in termini di autenticità,” spiega. L’idea di preservare la voce di Bourdain senza il suo consenso diretto ha rappresentato, agli occhi di Neville, una violazione delle aspettative di rispetto e fedeltà verso il soggetto dell’opera.
In risposta a questi eventi, e con una consapevolezza rinnovata riguardo all’uso dell’IA, ha completamente abbandonato l’idea di utilizzare questa tecnologia nei suoi progetti futuri. “Da quel momento in poi, non ho mai più utilizzato l’IA,” afferma con decisione. Questo cambiamento di rotta è stato definitamente influenzato dalla consapevolezza dei rischi legati alla disinformazione e all’uso improprio dei dati, soprattutto in un contesto in cui la narrativa può essere distorta. “Nei tempi moderni, l’IA potrebbe diventare uno strumento per generare confusioni significative,” osserva Neville.
Nella realizzazione di “Piece by Piece”, ha preferito fare un lavoro più attento e autentico. In un tentativo di rigenerare un’esperienza genuina, ha cercato di ottenere il permesso della vedova di Carl Sagan per utilizzare un frammento che includesse la sua voce, costruendola attraverso le sillabe già registrate. Questo approccio, chiarisce, è frutto non solo della sua crescita personale ma anche di una più ampia riflessione sulla responsabilità nell’arte. “La mia missione è stata sempre quella di restituire onore a chi lavoro nel mio cinema,” conclude.
Neville ammette di non essere un “tecnologo” e di preferire metodi tradizionali, pur riconoscendo che le tecnologie emergenti possono offrire opportunità creative. Tuttavia, la sua esperienza lo ha portato verso una linea guida più cauta, improntata su un’efficace narrazione che non comprometta l’integrità artistica. “Sono un Luddista in questo senso,” scherza, mentre riflette su come le conversazioni sull’IA continuino a evolversi e a influenzare il panorama della narrazione cinematografica contemporanea.
Le sfide nel coinvolgere i soggetti
Nel corso del processo di realizzazione di “Piece by Piece”, Morgan Neville ha affrontato una serie di sfide uniche nel coinvolgere i soggetti per il suo documentario. Le interviste, molto spesso fondamentali per la costruzione narrativa di un film di questo tipo, non potevano essere condotte nei normali contesti predisposti, a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia di Covid-19. Questo ha comportato un adattamento significativo del suo approccio, spingendo Neville a confrontarsi con il mondo virtuale per le sue conversazioni.
“Ho fatto la maggior parte delle interviste comodamente dal mio divano,” ricorda Neville, riferendosi alla necessità di utilizzare piattaforme come Zoom o il telefono per connettersi con artisti di alto profilo come Missy Elliott, Kendrick Lamar e persino Pharrell Williams. “All’inizio, non potevo inviare un tecnico del suono, quindi ho dovuto trovare soluzioni creative per garantire che la qualità audio fosse adeguata. Per Missy, ho persino spedito un registratore digitale.” La necessità di adottare un approccio più flessibile ha portato Neville a esplorare nuove possibilità di interazione, creando un ambiente in cui gli artisti potevano esprimere le loro idee e riflessioni senza le pressioni di una registrazione formale.
Un altro aspetto interessante è stata la decisione di non rivelare esplicitamente ai soggetti che il loro profilo sarebbe stato trasformato in personaggi Lego. Questa scelta, benché controversa, ha permesso ai partecipanti di esprimersi liberamente, lontano dalla preoccupazione di come sarebbero stati rappresentati. “Non volevamo che nessuno pensasse troppo a come sarebbero stati ritratti. Volevo che parlassero in modo autentico,” spiega Neville. I risultati di questa strategia hanno in parte alimentato la freschezza e la spontaneità delle interviste, conferendo loro un’atmosfera di intimità inaspettata.
Nonostante ciò, Neville ha riconosciuto che il coinvolgimento di grandi nomi del settore comporta sempre una certa cautela. Alcune celebrità, come Jay-Z e Snoop Dogg, si sono riservate il diritto di vedere come sarebbero stati rappresentati prima di garantire il loro consenso. “Tutti sembrano volere un proprio minifig Lego,” scherza Neville, rivelando che, in effetti, l’appetito per rappresentazioni ludiche ha giocato un ruolo importante nel raggiungere l’approvazione degli artisti. Anche Daft Punk, notoriamente guardinghi riguardo alla propria immagine, si sono mostrati soddisfatti dopo aver visto i primi bozzetti dei loro personaggi, dimostrando che anche una figura iconica può abbracciare l’idea di una reinterpretazione in forma di Lego.
La sostanza di questa sfida risiede nel bilanciare la creatività con il rispetto per gli artisti e le loro storie. “Credo che molte persone vogliano proteggere Pharrell e non volessero mettersi in una posizione scomoda,” osserva Neville, aggiungendo che è altrettanto essenziale affrontare le verità più complesse in modo aperto, piuttosto che seguire il sentiero facile. “L’aspetto imbarazzante è non andare a fondo nella narrazione.” Tale approccio ha reso il film un’opera di vera arte narrativa, dove ogni voce contribuisce a una storia più grande, pur navigando le intricate relazioni personali e professionali degli artisti coinvolti.
Aspetti creativi della produzione
La produzione di “Piece by Piece” ha rappresentato una vera e propria fusione di creatività e innovazione. L’idea di animare un documentario sulla vita e la carriera di Pharrell Williams utilizzando Lego ha dato vita a un’esperienza cinematografica unica, capace di trascendere le convenzioni tradizionali del genere. Morgan Neville, da sempre attratto dalle narrazioni visive originali, ha trovato nel connubio tra musica e animazione un modo straordinario per esprimere non solo il messaggio di Pharrell, ma anche la sua personalità multiforme.
La scelta di utilizzare Lego non è stata semplicemente una mossa estetica, ma ha anche conferito una dimensione astratta e innovativa che riflette il modo in cui Pharrell percepisce il mondo. La sinestesia, per cui Pharrell associa colori e forme alle sue canzoni, ha trovato spazio nell’animazione, consentendo così una rappresentazione visiva che si sposa perfettamente con l’audio, creando un’atmosfera immersiva. Ogni canzone non è stata solo ascoltata, ma è diventata un’esperienza visiva che gli spettatori potevano facilmente associare alle emozioni e ai sentimenti evocati dalla musica.
In aggiunta, la realizzazione di “Piece by Piece” durante i periodi di lockdown ha presentato sfide particolari, ma ha anche stimolato un approccio creativo inedito. Le interviste sono state condotte in gran parte attraverso Zoom, costringendo Neville a reinventare le tecniche di registrazione e produzione. L’idea di ritrarre le personalità degli artisti attraverso l’animazione ha richiesto un livello di precisione e cura, non solo nella scrittura e nella conduzione delle interviste, ma anche nella successiva trasformazione delle parole in immagini. Questo processo ha rivelato la capacità di Neville di adattarsi a circostanze inaspettate, ripensando il proprio approccio creativo in modo da ottenere i migliori risultati possibili pur operando in un contesto limitato.
Nel corso della produzione, la scelta di non rivelare agli intervistati che sarebbero stati trasformati in minifig Lego ha aggiunto un ulteriore strato di autenticità al processo. Questo ha permesso ai partecipanti di esprimersi liberamente, senza preoccupazioni riguardo alla loro rappresentazione finale. I risultati sono testimonianza di una genuina spontaneità, portando a interviste che si sono trasformate in conversazioni sincere e profonde, per le quali ogni commento e osservazione è diventato cruciale per il racconto complessivo della vita e della carriera di Pharrell.
Il lavoro di Neville si è concentrato sull’idea che il documentario non deve essere vincolato a metodologie rigide. La sua visione di “creative nonfiction” ha aperto la porta a un nuovo modo di raccontare storie, sfidando le aspettative tradizionali e proponendo al pubblico un’interazione non solo visiva ma anche emotiva. La fusione di tecnologia, musica e animazione ha dato vita a un prodotto finale che è molto più di un semplice documentario: è un tributo artistico alla creatività di Pharrell e alla sua capacità di ispirare generazioni di artisti.
Riflessioni sul futuro della narrazione con l’IA
La riflessione di Morgan Neville sull’uso dell’intelligenza artificiale nel campo del documentario è intensamente personale e profondamente influenzata dalla sua esperienza con il film “Roadrunner”. Dopo la controversia che ha circondato la decisione di utilizzare la voce di Anthony Bourdain senza il suo consenso esplicito, Neville ha fatto un passo indietro per esaminare le implicazioni etiche e creative delle tecnologie emergenti. “Mi consideravo un regista ‘metodico’,” spiega, “ma la mia consapevolezza è cambiata in seguito a questa esperienza, rendendomi conto della necessità di mantenere l’integrità e il rispetto per i soggetti delle mie opere.”
Neville ha riecheggiato sentimenti di preoccupazione diffusi riguardo a come l’IA possa essere usata per distorcere la verità. “Nei giorni nostri, l’IA ha il potenziale di generare confusioni significative,” avverte. Nonostante l’entusiasmo e le possibilità creative che nuove tecnologie offrono, la sua posizione è chiara: dopo l’esperienza con Bourdain, ha deciso di non adottare più l’IA nel suo lavoro. “Da quel momento, non ho mai più utilizzato l’IA per nessun progetto,” afferma con fermezza, riflettendo anche sulle sfide di mantenere la narrativa autentica.
Nella realizzazione di “Piece by Piece”, Neville ha affrontato la questione in modo diretto, dedicando l’attenzione necessaria per garantire l’autenticità. Ad esempio, ha ottenuto il permesso dalla vedova di Carl Sagan per utilizzare la sua voce, avvalendosi di tecniche che gli hanno permesso di costruirla da sillabe già registrate. Questo approccio, sottolinea, è emblematico della sua dedizione nel restituire onore a chi contribuisce al suo lavoro cinematografico. “La mia missione è sempre stata quella di rendere giustizia ai miei soggetti,” dichiara.
La sua proposta di una narrazione che incoraggia l’autenticità si traduce anche in un’apertura verso nuove forme di storytelling. Anche se Neville si definisce un “Luddista” per alcuni aspetti, riconosce che le tecnologie possono aprire strade innovative nel raccontare storie. “È fondamentale trovare un giusto equilibrio tra l’innovazione tecnologica e il rispetto per il materiale umano e narrativo,” afferma. Questa posizione riflette una tensione presente in gran parte dell’industria cinematografica, dove la rapida evoluzione tecnologica si scontra con l’esigenza di proteggere la verità e l’integrità della narrazione.
Neville si trova in un momento cruciale in cui la narrazione cinematografica è destinata a cambiare drasticamente, e con essa anche le modalità di interazione tra creatori e pubblico. Le esperienze ricavate da “Piece by Piece” pongono interrogativi sulle future direzioni del documentario, sulla possibilità di mescolare vari formati e tecnologie senza compromettere i fondamenti etici del racconto. Con le conversazioni sull’IA che continuano a svilupparsi, la sua posizione cauta rimane un faro per i narratori che cercano di guidare il loro lavoro verso un futuro più responsabile e autentico.