Morgan Neville: La sua decisione di abbandonare l’uso dell’AI nei film
Motivazioni dietro ‘Piece by Piece’
Morgan Neville condivide le sue considerazioni sul motivo che lo ha spinto a realizzare un documentario su Pharrell Williams. Sebbene il regista abbia un ampio curriculum in ambito documentaristico, ammette di essere stato inizialmente scettico riguardo a un altro progetto musicale. Si confessa infatti produttore di documentari musicali, ma afferma di sentirsi stanco di perseguire questo formato. Tuttavia, il motivo che lo ha indotto ad affrontare la sfida di raccontare la storia di Pharrell è stato l’approccio diretto da parte dell’artista stesso. Williams si è mostrato entusiasta di collaborare e ha proposto, in modo piuttosto inusuale, che la storia fosse narrata attraverso l’animazione con Lego, un’idea che ha catturato immediatamente l’interesse di Neville.
Una delle motivazioni chiave che ha reso Pharrell un soggetto intrigante è stata la sua identità come produttore e non solo come artista. Neville sostiene di essere più attratto dalle storie dei produttori, che navigano tra diversi mondi e culture musicali, piuttosto che dagli artisti, i cui percorsi, a suo avviso, tendono a seguire narrazioni più simili e isolate. L’incontro tra Neville e Williams ha quindi aperto la strada a un progetto che non solo ripercorre la carriera musicale di Pharrell, ma esplora anche il suo modo unico di percepire e creare musica. Questo approccio innovativo si è manifestato in diversi momenti significativi durante la produzione, come nei dettagli sulla sinestesia di Pharrell e sul modo in cui associa i colori alla musica.
In questo contesto, il regista ha raccolto il materiale per il documentario attraverso interviste a un ampio ventaglio di collaboratori, tra cui artisti di spicco come Kendrick Lamar e Missy Elliott. La prospettiva di raccontare la storia di un icona della musica contemporanea attraverso una lente così creativa ha fatto sì che il progetto suscitasse un notevole interesse anche prima della sua realizzazione. Le dichiarazioni di Neville sull’idea di fare qualcosa di differente e il suo rifiuto di limitarsi a una biografia tradizionale aggiungono ulteriore profondità al progetto.
La chiave del successo di ‘Piece by Piece’ risiede nella combinazione di una narrazione originale e di un formato innovativo, che sfida le tradizionali etichette di genere documentaristico. Attraverso l’uso dei Lego, il film si presenta come un’esperienza visiva unica, riflettendo il mondo creativo di Pharrell mentre affronta anche le complessità della sua carriera.
L’approccio innovativo all’animazione
Nella realizzazione di ‘Piece by Piece’, Morgan Neville ha intrapreso un percorso cinematografico che si distacca nettamente dai convenzionali documentari musicali. L’animazione in Lego, proposta dall’artista Pharrell Williams, ha non solo offerto un modo originale di presentare la sua storia, ma ha anche fornito una piattaforma visivamente accattivante per riflettere sulle sue idee e sulle sue emozioni. Utilizzando i Lego come medium, Neville ha dato vita a un progetto che non si limita a narrare, ma che esplora l’immaginario e la creatività sottesa alla musica di Pharrell. Ogni brano viene interpretato visivamente attraverso l’animazione, trasformando le parole e le melodie in un’esperienza sensoriale unica.
Il processo di creazione dell’animazione ha comportato uno stretto dialogo tra il regista e Pharrell. Neville ha chiesto all’artista di associare colori specifici a ogni canzone, un modo per catturare la sua sinestesia. Ad esempio, durante una conversazione sul brano “Alright” di Kendrick Lamar, Pharrell ha descritto il suo colore come un “blu e grigio cascata”, un’immagine che ha guidato l’animazione di quella sequenza nel film. Questo approccio ha arricchito significativamente il racconto, poiché ha consentito al pubblico di vedere e sentire la musica attraverso le lenti di Pharrell, aggiungendo un ulteriore livello di profondità emotiva al progetto.
Neville ha dovuto affrontare anche le sfide pratiche legate alla realizzazione dell’animazione in Lego. L’interazione con Lego stessa, che ha accolto con entusiasmo il progetto, è stata cruciale. Jill Wilfert, responsabile dell’ufficio film di Lego, ha immediatamente compreso il valore e il potenziale del progetto, confermando così che la collaborazione sarebbe stata fruttuosa. L’incontro tra il mondo della musica e quello dei giocattoli ha non solo reso possibile la produzione, ma ha anche creato entusiasmo tra i collaboratori, che hanno accolto positivamente l’idea di essere rappresentati come minifig, cosa che ha portato a momenti divertenti e memorabili in fase di creazione.
La scelta di Lego come formato non è stata solo un’idea creativa, ma ha anche permesso di affrontare un tema più ampio: la nostalgia. L’uso dei mattoncini colorati ha evocato una sensazione di infantile meraviglia, rendendo la storia di Pharrell accessibile a un pubblico più vasto, compresi i giovani. In questo senso, ‘Piece by Piece’ è riuscito a combinare intrattenimento e significato, dimostrando che la musica e la vita di un artista possono essere raccontate in modi sempre nuovi e coinvolgenti. Questa innovazione rappresenta un cambiamento fondamentale nel modo in cui i documentari musicali possono essere concepiti e realizzati, suggerendo che ci sono sempre nuove strade da esplorare nella narrazione cinematografica.
L’esperienza con l’intelligenza artificiale
Morgan Neville riflette sulla sua esperienza con l’intelligenza artificiale, in particolare a seguito del controverso utilizzo di AI per ricreare la voce di Anthony Bourdain nel documentario ‘Roadrunner’. L’uso di questa tecnologia ha generato reazioni forti e polarizzate, sorprendendo Neville che inizialmente lo considerava un semplice elemento accessorio per il film. Tuttavia, la situazione si è rapidamente trasformata in una tempesta mediatica, evidenziando le complicate dinamiche dell’industria cinematografica e le implicazioni etiche legate all’uso dell’intelligenza artificiale.
La decisione di impiegare l’AI è emersa dal desiderio di preservare la voce di Bourdain e mantenere il suo spirito vivo nel film. Tuttavia, Neville ha fatto notare che il modo in cui il pubblico ha percepito questa scelta è stato inaspettato. “Per me era come un uovo di Pasqua,” spiega, “ma è diventato una bomba.” La reazione pubblica ha dimostrato che molti vedevano l’uso dell’intelligenza artificiale come una forma di manipolazione piuttosto che un omaggio al lavoro di Bourdain, portando a una riflessione più profonda sui confini e le responsabilità dei documentaristi nell’era digitale.
Una delle considerazioni chiave emerse dalla discussione è stata la sensazione di essere un “canarino nella miniera di carbone” riguardo all’uso dell’AI nei documentari. Neville ha osservato che molte produzioni hanno preso decisioni simili dopo il clamore mediatico, modificando i loro progetti o aggiungendo avvertimenti espliciti per informare il pubblico sull’uso di tecnologie avanzate. Questo ha portato a un clima di incertezza e cautela riguardo l’uso dell’intelligenza artificiale in contesti creativi e narrativi.
Alla luce di questa esperienza, Neville ha chiarito di non aver utilizzato più l’AI nei suoi lavori successivi. Parlando di ‘Piece by Piece’, ha accennato all’uso di voci di personaggi storici, come Carl Sagan, per cui ha evitato la tecnologia AI, preferendo una ricostruzione manuale delle parole per mantenere un maggiore senso di autenticità. La volontà di rispettare l’integrità del soggetto e il timore delle conseguenze che possono derivare dall’uso improprio di AI sono diventati principi centrali nel suo processo creativo.
Neville ha infatti sottolineato l’importanza della verità e della rappresentazione accurata, affermando che, in un’epoca di crescente disinformazione, è cruciale mantenere un livello di responsabilità nel raccontare storie. Il suo approccio riflette una sensibilità moderna nei confronti dei dibattiti etici riguardanti la tecnologia, evidenziando che, mentre le innovazioni possono senz’altro arricchire il linguaggio narrativo, ci si deve sempre interrogare su come queste possano influenzare la percezione del pubblico e la verità stessa della narrazione.
Le sfide dell’intervista durante la pandemia
La realizzazione di ‘Piece by Piece’ ha presentato sfide particolari, soprattutto durante un periodo di restrizioni globali legate alla pandemia di Covid-19. Morgan Neville ha affrontato un nuovo scenario di produzione, dove la maggior parte delle interviste è stata condotta a distanza, modificando radicalmente la consueta dinamica di interazione tra regista e soggetti. Molti dei colloqui, infatti, sono stati effettuati tramite Zoom, una modalità che ha creato sia opportunità sia ostacoli. La mancanza di interazione fisica ha richiesto a Neville di trovare modi alternativi per stabilire una connessione autentica con i suoi interlocutori.
Pur avendo la possibilità di utilizzare tecnologie moderne, Neville ha dovuto affrontare il compito di garantire che la qualità audio fosse adeguata per le registrazioni. In alcuni casi, come nel caso di Missy Elliott, il regista ha addirittura spedito un registratore digitale a casa dell’artista, assistendola nel setup da remoto. Questa innovazione era necessaria poiché non era possibile inviare un tecnico sul posto a causa delle restrizioni sanitarie. La versatilità di Neville nel gestire queste situazioni inusuali ha dimostrato come i filmmaker possano adattarsi a contesti difficili, mantenendo comunque un focus sulla qualità del prodotto finale.
Nonostante le sfide, questo approccio ha aperto la porta a momenti di intimità inaspettati. La distanza fisica ha spinto alcuni artisti a sentirsi più a loro agio nel condividere aspetti della loro vita e carriera che avrebbero potuto rimanere nascosti in un’intervista tradizionale faccia a faccia. Tuttavia, la complessità di un’intervista virtuale implica anche una mancanza di segnali non verbali, il che a volte rende difficile cogliere le sfumature delle risposte, necessitando un ascolto ancora più attento da parte del regista.
Inoltre, la pandemia ha costretto Neville a riconsiderare la narrazione visiva del suo film. Con l’impossibilità di girare in esterni o set tradizionali, il regista ha dovuto trarre il massimo dalle risorse disponibili per mantenere alta l’attenzione e il coinvolgimento del pubblico. Questo ha incluso l’uso di creativi elementi visivi e l’integrazione dell’animazione in Lego, che non solo ha aggiunto un’originalità al progetto, ma ha anche creato un senso di gioco e meraviglia che ha aiutato a compensare la mancanza di interazioni dirette. ‘Piece by Piece’ è diventato quindi un progetto simbolico della resilienza artistica in tempi di crisi, illustrando come la creatività possa prosperare anche in circostanze avverse.
La necessità di interviste virtuali ha anche messo in evidenza la disponibilità e l’apertura di personalità di alto profilo in un contesto di pandemia, dove tanti erano alla ricerca di modi per collegarsi e raccontare le proprie esperienze. In questo modo, la crisi sanitaria ha trasformato la produzione di Neville in un’esperienza quasi comunitaria, dove si sono creati legami attraverso schermi e distanze, dimostrando l’immenso potere del racconto e della musica di unire le persone, anche in un momento di isolamento globale.
Riflessioni sulla narrativa e il futuro del documentario
Nel panorama in continua evoluzione del documentario, Morgan Neville esamina la sua evoluzione personale come regista e come queste esperienze abbiano influenzato il suo approccio alla narrazione. L’emergere di nuove tecnologie e l’adattamento a contesti mutevoli, come la pandemia di COVID-19, hanno messo in discussione gli standard tradizionali del documentario, invitando i cineasti a esplorare forme narrative innovative e a ridefinire ciò che un documentario può essere. Con ‘Piece by Piece’, Neville ha abbracciato questa sfida, rifiutando categoricamente i ristretti confini del genere.
La sua idea di “creativa non-fiction” rappresenta un tentativo di superare le rigidità associate ai documentari tradizionali. Riferendosi alla sua esperienza con il film, Neville sottolinea che la creatività e la verità non devono essere in opposizione. Utilizzando l’animazione in Lego, ha dimostrato che le storie di artisti come Pharrell Williams possono essere raccontate in modi visualmente accattivanti, mantenendo comunque l’integrità del soggetto e la profondità emotiva.
Neville si interroga sulla tensione esistente tra la verità documentaria e la libertà creativa, suggerendo che mentre alcuni possono sostenere che un documentario debba attenersi a una verità oggettiva, altri come lui riescono a trovare valore nella soggettività. Questo porta a un’importante riflessione: i documentari possono essere sia estimatori della narrazione autentica che veicoli di arti visive innovative. La sua esperienza recente gli ha insegnato che la narrazione deve evolversi in risposta ai cambiamenti esterni, e ciò si riflette anche nei flussi di lavoro e nei feedback ottenuti dai soggetti intervistati, che rispondono positivamente a tecniche innovative come l’animazione.
In un clima in cui il dibattito sulla rappresentanza e l’autenticità è più animato che mai, Neville considera cruciale il ruolo dello storyteller. La sfida per i documentaristi contemporanei è quella di raccogliere storie che siano non solo interessanti, ma anche significative. “Non basta più raccontare la storia di qualcuno; bisogna anche considerare come la storia venga presentata,” afferma. Questo invito alla riflessione implica che la forma e il contenuto sono interconnessi, e che i registi devono essere pronti a sviluppare nuove modalità di espressione per rispettare e onorare le storie dei loro soggetti.
La domanda sul futuro del documentario è, quindi, non solo sulla merce narrativa, ma piuttosto sull’approccio proattivo che i cineasti devono adottare. Con l’introduzione di tecnologie avanzate e la reazione delle audience in continua evoluzione, la capacità di adattarsi e innovare diventa essenziale. La narrazione visiva evolve in tempo reale, e per Neville significa trovare un equilibrio tra tradizione e innovazione, risultando in opere che non solo attirano, ma che stimolano dialogo e introspezione.