L’Home Theatre che anestetizza l’amore e la passione
LA CUSTODE tra i mondi espansi da un mega video e lo stretto metodo di un amore
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Lucca, 25 settembre 2014
Cara Cinzia,
sono Patrizia e sono la cassaforte degli uomini, quella che custodisce i loro segreti, si fa amica per averli a sé comunque, perché sembra che diversamente, per me sia sempre davanti un cartello con scritto divieto d’accesso.
Non so dirti come, ma da sempre la mia cifra relazionale con gli uomini è stata quella dell’essere amica. Se vado indietro fino ai banchi di scuola già allora ero quella che asciugava le lacrime, spandeva consigli a destra e a manca, e naturalmente al momento delle gite o delle uscite, si trovava spaiata a fare la dispari.
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Fino a quando diciottenne, alla festa di compleanno di una compagna di classe, il ragazzo che era il mio sogno segreto da mesi, litiga in modo furibondo con la ragazza e fanno proprio scintille.
Io capisco che è l’occasione della vita, Amos lo voglio, mi piace e mai pensavo potesse essere libero, bello e simpatico com’è, e sempre pieno di donne. Dunque nel culmine del litigio che capisco è irreversibile, Amos si toglie la felpa perché sprigiona troppo calore da quel corpo così fisicato e si alza in piedi dirigendosi verso il terrazzo dell’attico dove ci troviamo.
Comprendo che è il mio turno, è il mio irripetibile momento e priva di lucidità tranne la certezza che ce la posso fare, gli corro dietro.
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Sono brava nell’arte di consolare, so ascoltare e compiacere quel tanto che basta perché gli uomini, che in fondo sono menti semplici, e comunque assai meno contorti di noi donne, si sentano rassicurati e, perché no, pure protetti. Lo vedo con i pugni sulla balaustra e già di spalle, intuisco che è un ammasso di nervi e rabbia. Mi avvicino, gli poso piano la mano sul braccio, mentre in realtà vorrei abbracciarlo, ma non posso farlo, non in quel frangente. Lo consolo, in realtà a lui non importa più di tanto, gli amori dei diciottenni, si sa, vanno e vengono come gli ingressi e le uscite dai gruppi dei pari.
Sai com’è finita?
Che ci siamo messi insieme dopo che ho fatto l’amica, di nuovo, durante la storia con la successiva fiamma. Poi, quando dopo i soliti tre mesi di rito, tempo massimo di Amos di stare dentro a un rapporto, questa volta decisa e ammetto, pure arrabbiata, perché proprio non mi si filava, al primo cinema da sfidanzato, nel buio complice della sala, ho trovato il coraggio e gli ho preso la mano.
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Sai cosa è successo?
Ci siamo sposati, hai letto bene, è mio marito da tre anni esatti! Ci siamo fatti assieme università, laurea in economia con relativa festa a due, poi abbiamo aperto un negozio a ridosso del matrimonio.
Tutto bene, penseresti tu.
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Invece no, non sono felice affatto perché non funziona. Trovo sia terribile anche il solo pensarlo, figuriamoci scriverlo, ma credo mi abbia sposata per imbarazzo nei miei confronti e per un eccesso di riconoscenza, perché pensava non potesse che far così. Una specie di obbligo. Da cosa lo capisco? Da come mi guarda nuda, e come ficca gli occhi sulle altre vestite di tutto punto che camminano per strada, con un occhio da maschio che mai uguale si è posato su me. E il nostro intimo risulta tiepido come se fossimo sposati da trent’anni e non da tre.
Amos si è rifugiato nel salone di casa, che ha trasformato in una vera e propria sala cinema. Ha realizzato un home video gioiello, un mega schermo al plasma con cinemascope del formato di 122 pollici che fa ammutolire gli amici che entrano in casa, casse acustiche gioiello, acquistate in un sito online di nicchia, perché nella nostra piccola città di provincia era impossibile reperirle, strategicamente posizionate e che rimandano un suono purissimo. A completare questa passione, ha recuperato dalla parrocchia del quartiere che disfaceva un antichissimo teatrino, trenta sedie di legno con la seduta a saliscendi.
E ogni sera, in questo home theatre da rivista, se non ha invitato amici, dopo avere toccato le sedie vuote, sprofonda nella sua poltrona preferita, avvia i comandi e si immerge in un rito quasi sacrale, a cui io non partecipo. Infatti non abbiamo gli stessi gusti in fatto di film, e nella sua collezione di oltre mille dvd, faccio fatica a trovarne una ventina di mio gradimento. E in questo mondo a parte, di visioni e suoni, non trovo la forza di inserirmi. Sono muta, perché ho paura a provocare un dialogo che potrebbe aiutarlo a una confessione del suo non amore per me. Io lo amo e non voglio soffrire. Però è dura così!
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Ad ogni cliente carina che entra in negozio, lo urto dicendo che la servo io, lo marco stretto, non vado neanche al bar per una breve pausa, terrorizzata come sono che in un attimo possa succedere l’irreparabile e lui perda la testa come per me non ha mai fatto. Io trovo atroce il mio pensiero, ma suppongo di averlo condotto abilmente, ad un matrimonio ragionato e forzato. Eppure so bene che l’amore non si può comandare e ritengo che prima o poi arriverà il nostro capolinea.
Stavolta Amos sul terrazzo non troverà la finta amica Patrizia, quanto una donna che gli faccia esplodere la chimica sempre compressa tra noi due. Ti sembrerò delirante, ma mi sento in colpa come se l’avessi tradito, perché credo di averlo ingannato nel convincerlo che ero io, la donna della sua vita.
Sono un mostro? Una machiavellica tessitrice di un fidanzamento prima e un matrimonio dopo? Desiderati fortemente da me anche per Amos?
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Ma in due bisogna essere ad amare, non posso fare pure la sua parte, anche se lui, dal suo canto, sembra sereno e non manifesta alcun sintomo d’insoddisfazione, così casa lavoro com’è, senza nessuno spazio esclusivo e personale, eccetto l’adorata sala cinema.
Che devo fare?
Un abbraccio da Patrizia, una moglie per amico.
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Milano, 28 settembre 2014
Cara Patrizia,
conoscere una persona nel profondo, non necessariamente significa coglierne l’intima essenza, specie per gli uomini, oggetti assai misteriosi.
Dunque tuo marito, che sembra un invertebrato privo di colonna decisionale, è tiepido a letto su te nuda, ma cattura con uno sguardo incandescente e che si posa sicuro, le altre donne di tutto punto vestite, e che punta quando incrocia per strada, solo per quell’attimo in più che tu rilevi e ti ferisce.
E non dovresti, perché in quell’istante svuota una passione dell’antico diciottenne che non ha seguiti pericolosi, infatti si smorza ed Amos ritorna al suo mondo da coniugato.
Certo che sia un mondo felice, è un domandone, i matrimoni, è noto, sono interruttori di buio e luce per chiunque, dunque tu non puoi fare eccezione.
E tuttavia è pur vero che appena tre anni di vita di coppia, sono pochini per non nutrire più passione tra marito e moglie, ma ecco che Amos devia la passione che non ti somministra, e da amatore appassionato, ha realizzato in casa vostra un home theatre che fa gola a tutti gli amici, lo ha addirittura corredato di pezzi di ultima generazione acquistati in un sito web per utenti di lusso, di nicchia, lo definisci tu, ma nella nicchia della vostra alcova, quasi ti sfiora per poi scansarti.
Eppure non sono del tuo nero parere. Può sembrare un uomo tiepido, però non decreterei con la tua sicumera che non ti vuole. O peggio ancora, tu l’abbia preso, con un abile tranello!
L’ottocento è ben lontano, e non ritengo proprio che si possa persuadere a una scelta matrimoniale, un uomo restio: non c’era neanche un bambino in arrivo, a suggerire un impegno e responsabilità da prendersi.
Ti definisci machiavellica, ed io sgonfio la tua eccessiva sopravvalutazione che nuoce oltre che fa star male.
Perché?
Perché sei stata semplicemente brava seduttrice, e non tutte le donne possiedono lo stesso dono, e non hai fatto eccezione al sentire comune che, aldilà dell’essere uomo cacciatore, poi finisce per diventare preda.
Insomma siamo noi a selezionare il nostro uomo. Fatto assodato: perché ammesso il libero arbitrio del sesso forte di rifiutare o meno, da sempre siamo noi a proporre, accettando di rispondere a una domanda fintamente spontanea, in realtà suggerita e soffiata all’orecchio del cuore.
Non tormentarti: può accadere che arrivi un’altra e una chimica diversa, ma adesso non cogli questo pericolo. Tu stessa, che sollecitamente gli sottrai la cliente appena un briciolo più carina di te, scrivi che la vita di Amos è un iter tra lavoro e casa, dove un home video di lusso, lo fa specchiare nelle vite degli altri ed in mondi immaginari, lontani ed aperti, forse per compensare lo stretto metodo con cui consuma la sua vita matrimoniale.
Sai che ti dico?
A me, Amos piace. Sembra una brava persona, che consumate le sue corteggiatrici ed il suo essere belloccio con scadenze trimestrali, ora allunga un triennio coniugale con te e poi un altro ed un altro ancora.
Diamogli credito. Dagli credito. Io lo farei.
Un forte abbraccio dalla scrittora.
TACCO E STACCO: alla prossima!
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