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  • TURISMO

Keybox: il portachiavi simbolo del turismo incontrollato e le sue conseguenze

  • Redazione Assodigitale
  • 13 Novembre 2024
Keybox: il portachiavi simbolo del turismo incontrollato e le sue conseguenze

Cosa sono le keybox

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Le keybox, note anche come lockbox, sono dispositivi di accesso che stanno diventando sempre più comuni nei centri storici delle città italiane. Queste piccole scatole di plastica nera, fissate su cancelli, inferriate e persino in prossimità di monumenti storici, consentono ai turisti di entrare in appartamenti affittati online senza la necessità di un incontro fisico con il proprietario. Questo sistema di self check-in ha preso piede in concomitanza con il proliferare degli affitti brevi su piattaforme come Airbnb e Booking, trasformando il modo in cui vengono gestiti gli alloggi turistici.

Indice dei Contenuti:
  • Keybox: il portachiavi simbolo del turismo incontrollato e le sue conseguenze
  • Cosa sono le keybox
  • Come funzionano le keybox
  • Le proteste nelle città d’arte
  • Le proteste contro le keybox nelle città d’arte
  • I numeri del fenomeno
  • I numeri del fenomeno keybox
  • Le possibili soluzioni al problema
  • Le possibili soluzioni al problema keybox


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Il meccanismo alla base delle keybox è piuttosto semplice: il proprietario fornisce ai turisti un codice numerico che consente di aprire la cassettina e accedere alle chiavi dell’appartamento. Questo approccio ha semplificato la gestione degli affitti, permettendo di trasformare in micro-alberghi automatizzati migliaia di abitazioni private. Il risultato è stato un incremento esponenziale dell’offerta di alloggi, modificando la tradizionale concezione di ospitalità che prevedeva l’interazione diretta tra locatario e inquilino.

Da un lato, le keybox rappresentano un simbolo di modernità e praticità, colmando il divario tra l’esigenza di flessibilità per i turisti e la gestione degli spazi abitativi. Dall’altro lato, la loro diffusione ha suscitato preoccupazioni crescenti riguardo agli effetti dell’overtourism, in particolare nelle città d’arte, dove la presenza di questi dispositivi è considerata un indicativo dello spostamento degli appartamenti dal mercato degli affitti a lungo termine verso quello turistico. In questo contesto, le keybox si sono trasformate in un simbolo evidente di una problematica complessa e in continua evoluzione.

Come funzionano le keybox


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Il funzionamento delle keybox è concepito per essere immediato e intuitivo, rispecchiando l’esigenza di efficienza che il turismo moderno richiede. Prerogativa fondamentale è la comunicazione di un codice numerico, fornito dal proprietario al turista. Questo codice consente di sbloccare la piccola cassettina, all’interno della quale sono custodite le chiavi dell’appartamento affittato. Il sistema di self check-in elimina la necessità di un incontro diretto tra locatore e inquilino, rispondendo così a due esigenze: la flessibilità delle tempistiche per gli ospiti e la comodità nella gestione per i proprietari.

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Questa tecnologia ha innescato una vera e propria rivoluzione nel settore degli affitti brevi, trasformando residenze private in micro-alberghi. Con l’ausilio di keybox, dozzine di appartamenti possono essere gestiti simultaneamente, facilitando una logistica turistica che prima richiedeva un controllo più diretto. La decentralizzazione della gestione degli affitti ha aperto la strada a operatori specializzati, che curano centinaia di proprietà per conto dei proprietari, ottimizzando così l’offerta di alloggi nei centri storici, sempre più affollati di turisti.

In questo contesto, l’uso delle keybox ha consentito di aumentare la disponibilità di alloggi e, di conseguenza, di rispondere a una domanda in costante crescita da parte dei visitatori. Tuttavia, la comodità che ne deriva ha avuto anche ripercussioni sul mercato immobiliare, contribuendo al fenomeno dell’overtourism in molte città d’arte. Inoltre, il proliferare di questi dispositivi ha sollevato questioni relative alla sicurezza e alla regolamentazione degli affitti brevi, modificando profondamente il panorama dell’ospitalità tradizionale.

Le proteste nelle città d’arte

Le proteste contro le keybox nelle città d’arte

Negli ultimi anni, la crescente diffusione delle keybox ha scatenato un ampio dibattito e una serie di proteste nelle città d’arte italiane. Le piccole cassettine, che inizialmente erano viste come un simbolo di modernità e praticità, sono diventate un bersaglio evidente delle contestazioni contro l’overtourism e l’impatto del turismo di massa sui centri storici. La loro presenza capillare è interpretata come un chiaro segnale dello spopolamento delle città d’arte, dovuto alla trasformazione di abitazioni storiche in affitti brevi.

Un esempio emblematico di questa situazione si è verificato a Firenze, dove il movimento “Salviamo Firenze” ha attuato un’iniziativa visiva coprendo le keybox con adesivi rossi a forma di X. Questa azione ha spinto l’amministrazione a intervenire concretamente, decidendo di vietarne l’installazione in tutta l’area Unesco a partire dal 2025. Questa restrizione si inserisce in un contesto più ampio, simile a quello già adottato in altre metropoli come Parigi e New York, dove si stanno elaborando piani volti a limitare l’impatto del turismo di massa su spazi storici e culturali.

A Roma, la protesta ha assunto una connotazione altrettanto creativa, con attivisti che hanno coperto le keybox con cappelli da Robin Hood, denunciando così la “razzia” degli appartamenti tradizionali a favore di soluzioni turistiche più redditizie. Analogamente, Bologna ha visto ripetere questo gesto simbolico, riflettendo la crescente preoccupazione per il cambiamento radicale del volto dei suoi centri storici. A Milano, comitati locali hanno avviato una mappatura dettagliata dei dispositivi, marcandoli con adesivi di colori vivaci per sensibilizzare la popolazione sui cambiamenti in corso nei quartieri.

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Napoli ha trovato un palcoscenico per la protesta sulle serrande delle edicole chiuse, utilizzandole come spazi per manifestare contro l’overtourism. Queste azioni collettive, pur variando nei metodi, evidenziano un malcontento diffuso verso una gestione turistico-commerciale che sembra privilegiare il profitto a scapito della vivibilità e della cultura locale, segnando un punto di rottura rispetto ai modelli di economia turistica tradizionali che le città hanno conosciuto.

I numeri del fenomeno

I numeri del fenomeno keybox

Il panorama degli affitti brevi in Italia ha assunto proporzioni significative, con le keybox che svolgono un ruolo cruciale in questo contesto. Secondo report dell’Aigab (Associazione italiana gestori affitti brevi), il numero di immobili destinati a questo tipo di locazione ha raggiunto i 640.000, equivalenti a ben 2,5 milioni di posti letto disponibili per i turisti. Di questi, il 96% appartiene a singoli proprietari, con il restante 25% gestito da operatori professionali, che comprende circa 30.000 gestori specializzati. Questa dinamica evidenzia il predominio della gestione privata, piccolo contrasto alla crescita di operatori strutturati nel settore.

Un aspetto particolarmente allarmante è rappresentato dalla tendenza a convertire unità immobiliari da affitti a lungo termine in affitti a breve termine. Infatti, su un totale di 9,6 milioni di case non utilizzate in Italia, una parte considerevole si trova nei centri storici, dove i proprietari optano per il mercato turistico piuttosto che per quello tradizionale. Questa trasformazione non solo alimenta l’industria degli affitti brevi, ma influisce anche sulla disponibilità di abitazioni per residenti, contribuendo a una spirale di cambiamenti socio-economici che possono compromettere la vivibilità delle città.

La distribuzione delle keybox varia notevolmente a livello territoriale. In alcune aree, la concentrazione è particolarmente elevata, mentre in altre, la presenza di questi dispositivi è meno marcata. Questo squilibrio ha portato a situazioni in cui interi quartieri delle città d’arte si trovano a fronteggiare un flusso turistico massiccio, alterando le interazioni sociali e promuovendo un’ipercommercializzazione delle esperienze locali. La disponibilità di alloggi tramite le keybox ha, di fatto, rivoluzionato il panorama turistico, ma ha sollevato interrogativi sulla sostenibilità di un modello che sembra favorire il profitto immediato a danno della qualità della vita urbana e dell’integrità culturale.

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Questi dati non solo mettono in evidenza la portata del fenomeno degli affitti brevi, ma richiedono anche una riflessione profonda sulle politiche di gestione urbana e sulla necessità di un equilibro tra turismo e residenza. Le istituzioni e i cittadini devono collaborare per trovare soluzioni che garantiscano un turismo sostenibile e un ambiente urbano vivibile, salvaguardando il patrimonio culturale e sociale delle città d’arte italiane.

Le possibili soluzioni al problema

Le possibili soluzioni al problema keybox

Di fronte all’espansione incontrollata delle keybox e all’impatto significativo dell’overtourism, le città italiane stanno esplorando diverse strategie per mitigare i problemi connessi al turismo di massa. Una delle soluzioni più immediate prevede l’introduzione di normative municipali rigorose che regolamentino l’uso delle keybox nelle aree più sensibili, in particolare nei centri storici. Adottare regolamenti specifici che limitino la distribuzione di questi dispositivi può costituire un primo passo verso un approccio più sostenibile alla gestione turistica.

Accanto a una regolamentazione più ferrea, è essenziale promuovere una campagna di sensibilizzazione tra i proprietari di immobili e i gestori di affitti brevi. Educare i proprietari sulle conseguenze dell’eccessiva concentrazione di appartamenti adibiti a locazione turistica può contribuire a incoraggiare soluzioni alternative, come la locazione a lungo termine, che non solo preserva la vivibilità delle città ma anche la diversità delle comunità locali.

In parallelo, le città potrebbero incentivare la creazione di un codice di condotta per i gestori di affitti brevi, volto a garantire che la loro attività si integri armoniosamente con il tessuto urbano esistente. Tali linee guida dovrebbero includere pratiche per promuovere il rispetto del patrimonio culturale e storico, nonché misure per limitare il disturbo vagante dei residenti.

Un’altra soluzione potrebbe consistere in un approfondito monitoraggio delle keybox attraverso sistemi di registrazione obbligatoria, dove ognuna di esse sia identificabile e ricollegabile al proprietario dell’immobile. Questa misura non solo permetterebbe di ottenere dati più precisi sulla diffusione delle keybox, ma favorirebbe anche una maggiore responsabilizzazione dei proprietari nella gestione delle loro proprietà.

È cruciale coinvolgere attivamente i cittadini nella creazione di strategie per la gestione del turismo. Le iniziative dal basso, come le mappe di segnalazione delle keybox e i gruppi di discussione comunitaria, possono fornire un’importante piattaforma per il dialogo tra residenti e amministrazione, contribuendo a una presa di coscienza collettiva e alla definizione di politiche che rispondano alle esigenze di tutti gli attori coinvolti.


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