### Joker: Folie à Deux come un disastro cinematografico
Joker: Folie à Deux come un disastro cinematografico
Quando i critici hanno chiesto che i film sui supereroi facessero qualcosa di diverso, non intendevamo certo Joker: Folie à Deux. Il primo film, Joker, ha già mescolato abilmente elementi di classici del cinema come *Taxi Driver* e *The King of Comedy*. Diretto da Todd Phillips, ha reinventato il leggendario villain di Batman come un ogni-uomo in crisi, riscuotendo successi sia al botteghino che agli Academy Awards. Con una trama avvincente e una performance carismatica di Joaquin Phoenix, ci si aspettava che un sequel potesse espandere ulteriormente l’universo di Joker e esplorare nuove dinamiche.
Invece, questo sequel si rivela un disastro. Non solo fallisce nel regalare ai fan una continuazione soddisfacente della storia, ma offre anche una rappresentazione scialba e noiosa del mondo di Gotham e dei suoi personaggi. Il film inizia in modo tremendamente lento, trascinando lo spettatore attraverso le routine quotidiane di Arthur Fleck all’Arkham State Hospital, in attesa di un processo per omicidi che ha commesso, tra cui quello di un noto presentatore. La lentezza del ritmo d’apertura mette fin da subito a dura prova la pazienza del pubblico.
Arthur, emaciato e silenzioso, non riesce nemmeno a strappare una risata al guardiano della prigione. La sua vitalità è scomparsa, fino a quando non incontra Lee Quinzel, interpretata da Lady Gaga, che sembra risvegliare in lui una scintilla di follia. Ma anche in questa nuova dinamica, la sceneggiatura di Phillips e Scott Silver non riesce a dare vita a una relazione convincente e coinvolgente. La relazione tra Joker e Harley Quinn, proprio per la sua nota tossicità, non trova la giusta esplorazione, risultando più come un’ammirazione unidirezionale piuttosto che come una partnership equilibrata.
Il tentativo di includere elementi musicali viene poi poco approfondito, poiché il film oscilla fra il pallido tentativo di ricreare l’atmosfera dei musical classici e il desolante grigiore di un dramma carcerario degli anni ’70. Le canzoni che dovrebbero dare un ritmo vivace al film invece appaiono come semplici dettagli superficiali. Lo spettatore è lasciato in uno stato di confusione, incapace di capire se è venuto per vedere un film sui supereroi, un musical o un dramma psicologico; ma non ottiene nulla di veramente significativo da nessuno di questi generi.
In sintesi, Joker: Folie à Deux si presenta come un film che non riesce a soddisfare nessuno dei suoi potenziali pubblici, risultando in un’opera priva di any brio o di senso, un’esperienza cinematografica estremamente deludente.
### Joker e Harley non sono ciò che i fan si aspettano
Joker e Harley non sono ciò che i fan si aspettano
Il primo atto di Joker: Folie à Deux si trascina in maniera insostenibile, immergendo lo spettatore nella monotonia della vita di Arthur Fleck, interpretato da Joaquin Phoenix, all’interno dell’Arkham State Hospital. Qui, il personaggio è rintanato in una sezione di massima sicurezza, in attesa di un processo per l’omicidio di cinque persone, tra cui il presentatore Murray Franklin, interpretato da Robert De Niro. L’immagine di Arthur continua a essere quella di un uomo emaciato e silenzioso, privo di quel carisma che aveva reso il suo personaggio così intrigante nel film precedente. Nonostante tutto, l’incontro con Lee Quinzel, interpretata da Lady Gaga, suggerisce una potenziale evoluzione della trama. Tuttavia, anche questo sviluppo risulta deludente.
La prima interazione tra Arthur e Lee è intrisa di una sorta di ammirazione malsana, con la giovane donna che non perde tempo a etichettare se stessa come una fan accanita di Joker. La sua disposizione a cullare il fragile ego di Arthur invece di sfidarlo a confrontarsi con le sue azioni mette in evidenza una dinamica che sembra poco promettente. Li separa un abisso di potenziale creativo, che avrebbe potuto dare vita a una relazione complessa, ma che si riduce a una mera celebrazione della fama di Joker. La Quinzal si erge più come un’ammiratrice che come un compagna in grado di apportare cambiamenti significativi. È una rappresentazione della relazione tra Joker e Harley Quinn che manca di profondità e sfumature, rendendo tutto ciò che avremmo potuto aspettarci in termini di sostanza e realismo (e, per estensione, di coinvolgimento emotivo) assolutamente insoddisfacente.
La relazione tra Joker e Harley è stata storicamente contraddittoria, caratterizzata da livelli variabili di tossicità, ma qui Phillips decide di rendere la rappresentazione quasi unilaterale. L’idea che Lee sia una figura di sostegno per Arthur, incentivandolo a liberarsi delle sue catene mentali, non riesce a convincere, risultando invece come una mera proiezione delle fantasie di Arthur piuttosto che come un intervento profondo e significativo. La narrazione si offre costantemente come un rifugio per le pretese di mascolinità tossica, lasciando in secondo piano le valenze che un’incursione nella complessità psicologica di questi personaggi avrebbe potuto apportare.
Inoltre, il film crede di poter arricchire l’esperienza cinematografica attraverso numeri musicali ispirati ai classici, ma non riesce a rendere tali elementi coerenti o coinvolgenti. Qualunque speranza di esprimere il sogno romantico e trasgressivo di un amore che sboccia in un caos condiviso svanisce, lasciando solo un vuoto nebbioso. Né i fan dei musical né quelli dei supereroi vedranno qui la magia che era promettente, per non parlare della possibilità di rimanere colpiti emotivamente. Rispetto ai precedenti tentativi di esplorare la follia melodrammatica e la profundità emotiva, Joker: Folie à Deux finisce per deludere su tutti i fronti, trasformando potenziali trame avvincenti in un amalgama confuso e poco ispirato.
### Una performance di Lady Gaga sopraffatta
Una performance di Lady Gaga sopraffatta
Lady Gaga, celebrata per la sua capacità di incanalare emozioni intense e trasmettere un’energia magnetica sullo schermo e sul palcoscenico, qui sembra rinchiusa in una gabbia di cliché e aspettative deluse. La sua interpretazione di Lee Quinzel, una figura che avrebbe potuto brillare come un faro di complessità e vulnerabilità, finisce per essere schiacciata dal baricentro narrativo del film, dedicato principalmente ad Arthur Fleck e alla sua tragica discesa. In Joker: Folie à Deux, la mancanza di sostanza nella scrittura non permette a Gaga di esprimere ogni sfumatura del suo personaggio, relegandola a un ruolo che serve più da caricatura che da realizzazione. Nonostante l’impegno e la passione profusi nella performance, il potere evocativo della sua arte viene sistematicamente eroso da una sceneggiatura disordinata.
Gaga si cimenta in numeri musicali che dovrebbero enfatizzare il suo talento vocale, ma si rivelano un’opportunità sprecata. Quella che potrebbe essere una rappresentazione scintillante della trasformazione di Lee in Harley Quinn si riduce a un momento isolato, in cui canta di fronte a uno specchio, prima di completare la sua metamorfosi. Questo attimo, che promette di catturare l’essenza di un cambio significativo, si rivela spoglio e deludente, come un costume di Halloween assemblato in fretta. I fans della sua iconografia e delle sue fantasie potrebbero chiedersi perché una superstar come Gaga accetti di giocare una parte così limitata. Non c’è nulla nel film che celebri o ponga interrogativi su quello che realmente rappresentano “Harley Quinn” o “Joker” come coppia.
La performance di Gaga, tuttavia, offre un sottotesto oltremodo interessante: il suo personaggio, Lee, è un esempio della relazione parasociale che molti del pubblico vivono con le celebrity. Sentendosi comprese dalla figura luminosa di Fleck, Lee sembra credere che l’amore per una persona così controversa giustifichi una sorta di ricerca di approvazione. La sua disperata necessità di essere vista e amata emerge con intensità, contribuendo a un sentiero emotivo che è comunque ostacolato da una trama che non riesce ad interessare. Quand’anche gli istanti musicali siano ben interpretati da Gaga, la mancanza di sviluppo e di contesto rende questi professionisti delle arti dell’intrattenimento dei mere ombre della loro calamitosa potenzialità.
Nonostante la profondità e la risonanza emotiva che potenzialmente si celano dietro le scelte di Gaga, si sente un’ondata di frustrazione. Il personaggio di Lee non è solo un dorato accessorio nell’ombrello del Joker, ma una vittima di scelte creative discutibili che schiacciano anche i migliori talenti. Anche con una voce che è capace di attraversare il mondo della musica pop, il suo destino qui è segato da una scrittura deprimente. Mentre Gaga cerca di infondere vita e significato alle sue scene, il film sembra ostinato a mantenere il focus sul suo protagonista, privando così il pubblico di un’esperienza che sarebbe potuta essere tanto ricca quanto interessante.
### Disprezzo per il canone DC e i musical classici
Disprezzo per il canone DC e i musical classici
In Joker: Folie à Deux, la sceneggiatura di Todd Phillips e Scott Silver tenta di mescolare elementi del canone DC con riferimenti a musical classici, ma il risultato è una combinazione disordinata e superficiale. Anche se si ricorre a nomi e scene iconiche, come la revisione del kaleidoscopio musicale della Golden Age, il film non riesce a catturare l’essenza di ciò che rende questi generi così amati. L’inclusione di brani storici e allusioni a titoli leggendari, come nel caso di The Band Wagon, risulta forzata e priva di sostanza. La musica diventa un abbellimento, un tentativo di dare vita a un film che altrimenti è privo di energia e coinvolgimento.
Uno degli aspetti più problematici del film è come destra inverta il canone DC, affiancando elementi di un dramma penitenziario a quelli di un musical. La presenza di momenti musicali appare più come una mossa per giustificare l’etichetta di “musical” piuttosto che un’integrazione organica nella narrazione. La sensazione è quella di un’operazione di marketing piuttosto che di una vera e propria esplorazione artistica. La suggestione di poter assistere a un’esperienza visiva che unisce il dramma psicologico e il lirismo dei musical viene annullata da una scrittura che sembra timorosa e confusa.
Il fallimento di Phillips nel rendere omaggio sia al canone DC che al genere musicale si manifesta anche nella caratterizzazione piatta dei personaggi. Arthur Fleck, al centro della storia, è rappresentato come un uomo frammentato e disperato, ma senza la complessità che potrebbe rendere la sua esistenza e le sue motivazioni davvero affascinanti. Come risultato, la sua interazione con Lee e altri personaggi perde in intensità e coerenza. La scrittura, colpevole di un approccio superficiale, non solo male interpreta il personaggio di Joker, ma impoverisce anche la possibilità di un rilievo che le sue interazioni avrebbero potuto portare.
I riferimenti ai musical sembrano impressioni abbozzate piuttosto che omaggi autentici, rendendo chiaro che Phillips non ha pienamente afferrato l’anima di questi generi. Le scene che dovrebbero danzare tra il drammatico e il melodrammatico, invece, risultano fredde e distaccate. Non importa quanto il film provi a cimentarsi con elementi di energia musicale e colori vivaci, visto che il cuore di essa è ancorato in toni grigi e depotenziati.
Allo stesso modo, il tentativo di citare e riscrivere la storia di Batman e del suo universo si traduce in passaggi privi di ritmo e significato. La sconsiderata interpolazione di una scena da The Dark Knight aiuta solo a dimostrare quanto il film ambisca a richiamare l’attenzione sui suoi legami con la tradizione cinecomic, senza però riuscire a trovare il modo di fare propri questi elementi. L’evidente disprezzo nei confronti di queste risorse narrative non solo offusca il film, ma ferisce anche profondamente la comunità dei fan di un universo narrativo noto per la sua ampia e affascinante mitologia.
In conclusione, Joker: Folie à Deux è un tentativo maldestro e poco autentico di incanalare l’essenza di classici musicali e del canone DC in un’unica opera. La realtà è che il film si dimostra incapace di onorare i mondi che tenta di attraversare, lasciando il pubblico a contemplare quanto sia distante dalla potenzialità originale di entrambi i generi. Mentre il pubblico si aspetterebbe un intrigante crocevia tra il thriller psicologico e l’energia vibrante del musical, il risultato è un’opera che affonda nel grigiore, riducendo a brandelli ciò che avrebbe potuto essere una celebrazione effettiva e coinvolgente.
### Una conclusione insoddisfacente e noiosa
Joker: Folie à Deux si configura come un’opera che delude profondamente le aspettative, lasciando il pubblico con una sensazione di insoddisfazione e confusione. La piega che la trama prende lungo l’arco di un’ora e mezza di film è poco avvincente, con il dramma carcerario che si intreccia maldestramente con tentativi di musicalità che non raggiungono mai il culmine desiderato. Ogni numero musicale, invece di fungere da espressione artistica, appare quasi come un obbligo per giustificare la definizione del film come musical, fallendo nel creare momenti memorabili o emozionanti. La delusione si estende non solo a livello narrativo, ma anche alla percezione dei personaggi, la cui evoluzione rimane in gran parte inesplorata e superficialmente sviluppata.
Il film scivola in una sorta di routine monotona, dove le ambizioni artistiche di Phillips sembrano impotenti di fronte a una sceneggiatura fiacca e poco ispirata. I momenti che dovrebbero essere colmi di drammaticità o di brillantezza musicale si trascinano, lasciando lo spettatore a chiedersi quando finalmente il racconto prenderà piede. La mancanza di vibrazioni emotive significative risalta mentre i dialoghi e le interazioni tra i personaggi non riescono a generare passione o coinvolgimento. La presunta follia condivisa tra Joker e Harley non si traduce in un legame profondo; piuttosto, si trasforma in una rappresentazione piatta di una relazione vuota.
In un momento in cui il pubblico può aspettarsi che i film tentino almeno di intrattenere, Joker: Folie à Deux si distingue per il suo approccio disperatamente noioso e stagnante. Nonostante i tentativi di richiamare riferimenti ai musical classici, spesso sembrano più strilli che omaggi, privi dell’anima e dell’incanto che caratterizzano le opere che cercano di rievocare. I colori e i toni scelti da Phillips per il film restano per lo più ancorati a un grigiore e a un desolato realismo, piuttosto che a un’effervescenza creativa e vibrante che ci si aspetterebbe da una rielaborazione moderna di questi elementi. Il risultato è un film che, lungi dall’offrire progresso o evoluzione, si rivela come un’inerte celebrazione della stagnazione.
Il finale del film migliora in qualche modo, ma la tensione costruita nei passaggi precedenti si disinfila, lasciando gli spettatori con una sensazione di incompiuto. La complessità e l’intensità suggerite all’inizio svaniscono, e il film si conclude in un modo che lascia a desiderare, con una metafora di follia e assenza di risposte soddisfacenti. Gli spettatori possono uscire dalla sala cinematografica non solo insoddisfatti dagli eventi, ma anche intontiti dall’abbondanza di idee lasciate in sospeso, che non hanno trovato alcun terreno fertile per una sinergia creativa.
In sintesi, Joker: Folie à Deux sembra un’anomalia nel panorama cinematografico, un’opera che non riesce a infliggere alcun tipo di impatto autentico, e la sua incapacità di onorare le aspettative di chi lo precede si rivela come un gran peccato. Si avverte un forte contrasto tra ciò che avrebbe potuto essere e ciò che è, lasciando un vuoto incolmabile nel cuore degli spettatori e un interrogativo inquietante sul futuro di queste narrazioni. L’ambizione alla base del film è chiaramente visibile, ma la sua esecuzione abissale lo rende più un tentativo di provocazione che una vera e propria celebrazione della follia artistica.