DALLA NOSTRA INVIATA CINZIA ALIBRANDI.
“Come sarà intervistare un’amica?” Mi sono chiesta in una Milano scrosciante di pioggia mentre camminavo verso il bar di piazza Castello luogo dell’incontro con la fotografa Agnes Spaak. Allora lo scrivo subito: è stato bellissimo! Abbiamo chiacchierato talmente tanto che quel diluvio universale che si rovesciava allagando Milano, alla fine ha smesso concedendoci di rincasare.
Intanto Agnes ha l’arte nel codice genetico: madre Claudie Clèves attrice, padre Charles Spaak sceneggiatore, una leggenda nel mondo del cinema francese. Lei stessa esordisce giovanissima nel cinema riempiendo un carnet con oltre 20 film.
Eppure rintraccia la cifra stilistica quando a metà degli anni ’70 lascia Roma per Milano diventando una fotografa di caratura internazionale.
1- Chi è Agnes Spaak? Trova un aggettivo o definizione efficace che ti racchiuda come persona.
Sono una persona onesta e sincera. Per me due valori immensi che accompagnano il mio percorso quotidiano e devono possedere anche le persone che entrano a far parte della mia vita.
2- Tu sei una fotografa importantissima e definisci le tue fotografie “manipolazioni fotografiche”. Spieghi qual è la differenza e cosa significa questo procedimento artistico?
Lo scatto per me è un progetto che si deve realizzare partendo da un’immagine reale, che dopo si sovrappone a più foto, che manipolo e plasmo fino al momento in cui sento emotivamente che esprime il mio sentimento, quello che volevo realizzare.
Partendo da un’immagine reale, trasformo quella realtà stessa con un tessuto emotivo.
3- Quindi potremmo dire che tu conduci l’emozione dello spettatore di fronte alla tua opera verso un percorso di emozione guidata?
In un certo senso sì: è una sorta di emozione medianica. Non sono immagini di primo impatto. Io parto da un’idea iniziale che la manipolazione trasforma, non con una tecnica rigida, ma seguendo un’intelligenza sensibile che, quando risulta appagata, mi fa fermare la foto ed il messaggio stesso che racchiude.
La regola è quella di non seguire una regola: ascolto il mio istinto e, appena risulto convinta del lavoro, non vado oltre.
4- Generalmente prediligi figure femminili: ritieni che la donna sia più facilmente attraversabile dalle tue manipolazioni?
In realtà fotografo anche uomini e tutto quello che sorprende il mio occhio curioso. Tuttavia ho lavorato 34 anni come fotografa di moda per svariati magazine quali Vogue, Gioia, Anna, Io Donna, Gente, davvero in quasi tutti: quindi la mia storia si è intersecata con una galleria immensa di donne.
È ovvio che avendo fatto infinite campagne pubblicitarie, possieda un archivio personale con più ritratti femminili.
5- Un personaggio che ti ha più colpito?
Tanti. Quando mi trovai davanti per un servizio fotografico l’attrice Dalila Di Lazzaro nel fulgore della carriera, restai sorpresa da come la sua bellezza bucasse proprio l’obiettivo.
Cito Virna Lisi, dalla perfezione dei tratti irreale: in sala trucco era impossibile ravvisare un difetto sul viso completamente scevro da ritocchi di chirurgia plastica. Era molto lontana dalla volgarità dei volti e corpi di oggi, copie conformi che inseguono lo stesso ideale di perfezione che è tutto tranne bellezza nel senso puro del termine.
6- Mi racconti un ricordo, una suggestione restata nel cuore, che riguarda la tua famiglia?
Rispondo subito con un’immagine del cuore, ferma come una foto mai scattata. Mio padre aveva una casa nel sud della Francia a St. Paul de Vence, e andavo spesso a trovarlo. Era Natale e camminava per il viottolo che conduceva a casa, lentamente, tenendo stretto tra le braccia un enorme tacchino fumante appena cucinato. Faceva freddo e si muoveva piano.
Un ricordo tenerissimo: nutriva la famiglia e gli amici per la giornata di festa. Mi si rompe la voce per l’emozione, perché non avrò più “quel Natale con mio padre”, ma nessuno potrà cancellare la suggestione poetica di quel vissuto.
7- Passando dalla sfera privata a quella pubblica: un ricordo lavorativo con tuo padre?
Da piccole io e Catherine lo seguivamo sovente sul set. Ne conservo vivo l’odore e l’atmosfera: il caldo irreale dato dalle forti luci, i suoni contratti, l’atmosfera frenetica e compressa. Avevo circa cinque anni e mi portò a Parigi sul set de “Il grande gioco” di cui era sceneggiatore.
La protagonista era Gina Lollobrigida, una vera star osannata da tutti, mentre i miei occhi di bambina colsero la particolarità di una scena in camerino, con la sarta che quasi la soffocava stringendo il bustino per creare l’effetto “vitino di vespa”!
Sempre in Provenza, ero quindicenne, in una serata di gala al “Colombe d’or” che era anche un quartier generale per papà, tra gli invitati c’era lo Scià di Persia con Soraya: ne restai abbagliata.
Per gli incredibili incroci del destino, quando mi trasferii a Roma per fare cinema, fui invitata dal regista Franco Indovina a cena nella sua villa sull’Appia antica. Soraya era la sua compagna e si commosse ritrovandomi dopo diversi anni in una situazione molto diversa.
8- Tu hai una sorella Catherine, attrice di fama internazionale cui ti lega amore e conflitto. Me ne parli?
Lascia pure la domanda: però ti rispondo con una non risposta. Preferisco tenere in un armadio privato e chiuso la relazione con mia sorella.
9- Che ne pensi dell’universo maschile: come si relazionano a te gli uomini?
Il relazionarsi a persone d’impatto che per il ruolo che ricoprono diventano personaggi, non è semplice. Nel mio ambiente così connotato artisticamente, ho conosciuto grandi figure, eppure la loro statura si rimpiccioliva nel versante amoroso, come se una carica narcisistica impedisse di decentrare e guardare l’altra persona con nuda sincerità.
Purtroppo in piena crisi di valori, scendendo dal piedistallo della straordinarietà, anche le persone comuni hanno la stessa difficoltà ad amare, ad assumersi l’impegno del progetto. Io allargo questa crisi formativa alla mancanza di etica. Amo l’Italia eppure oggi ha un tasso di corruzione come un paese del Sudamerica! Pensa la storia degli 80€! Il governo Renzi elargisce danaro e poi lo vuole riprendere dalla dichiarazione dei redditi: davvero è paradossale! Se la mancanza di serietà viene così esibita da chi ci guida, come possiamo formare moralmente le nostre generazioni?
10- Hai fatto recentemente due mostre molto importanti ‘Le rève dans un rève’ e ‘(Non sono) INVISIBILE’ mi racconti le diverse esperienze?
Le diversità scaturiscono dalle tematiche trattate: la prima un viaggio nell’universo femminile e le sue emozioni, la seconda dedicata alla tragica condizione degli ‘ultimi‘. Resta uguale il mio intento artistico e il mio approccio di fotografa.
Certo che dopo ogni mostra vorrei non farne più! Non è facile quadrare le ragioni dell’arte con quelle degli organizzatori, la fantasia dell’artista con la sterilità della prassi. Il sogno per me significa vita. Vivi e ti senti vivo fino a quando hai la capacità di sognare: quindi ho dedicato una mostra intera all’argomento onirico.
Riguardo all’altra, già 10 anni fa fui una delle prime donne fotografe a sbarcare al primo centro di accoglienza di Lampedusa. Realizzai un libro di aiuto per il centro stesso. Sentivo il bisogno di dare voce agli ultimi con la forza dei miei scatti.
La mostra ‘(Non sono) INVISIBILE’ sull’emarginazione è stata un accrescimento interiore, oltre che un grande successo, realizzato con la onlus Mia presso Eataly. Con il crescere della crisi, in una metropoli come Milano il fenomeno dei senzatetto è aumentato a dismisura. E a me ha molto addolorato la parabola verso il precipizio anche di persone passate dalla dignità del poco, al nulla.
Il ricavato è stato devoluto in beneficenza: resta l’amarezza di aver dato una goccia nel mare assetato dell’indifferenza.
11- Quali sono i tuoi prossimi progetti artistici?
La prossima mostra ha per tema lo scorrere del tempo e si intitola “Visi e metamorfosi”.
Voglio bloccare nella foto la trasformazione inesorabile del tempo che trasforma. La sfida è cogliere non solo il mutamento fisico, quanto quello psicologico. Le sedi espositive saranno Milano e Roma.
Invece a Lerici alle cinque terre, parteciperò a un festival che vedrà la luce a settembre del prossimo anno: sono parte della giuria dove una commissione di esperti premierà i video migliori creati con i cellulari.
In contemporanea al castello si potrà ammirare la mia mostra “Le rève dans un rève”.
Tacco e stacco: e a tutti auguro di non perdere mai di vista nella vita l’obiettivo del cuore.