Il testo del ricatto a Bova accusa Corona e la difesa di Monzino esclusa la sua colpa

Il testo del messaggio di ricatto a Raoul Bova
Il 11 luglio, a pochi giorni dalla trasmissione della puntata di Falsissimo, è stato recapitato a Raoul Bova un messaggio che ha innescato un’indagine per tentata estorsione da parte della Procura di Roma. Nel testo, si legge un chiaro avvertimento volto a bloccare la diffusione di informazioni potenzialmente dannose per la reputazione dell’attore, con un esplicito riferimento alla sua vita personale e professionale: “Se mi vieni incontro, blocchiamo tutto. Se vuoi farmi un regalo per averti salvato, sta a te… Non è il caso che venga fuori uno scandalo sui giornali, no? Per il tuo matrimonio, per il tuo lavoro… altro che Don Matteo”.
Indice dei Contenuti:
Questo messaggio costituisce il fulcro della vicenda giudiziaria che vede impegnata la pm Eliana Dolce, incaricata di identificare l’autore del testo e ricostruire le dinamiche che avevano l’obiettivo di esercitare pressione sul protagonista cinematografico. L’analisi del contenuto evidenzia chiaramente l’intento di evitare che la vicenda venisse resa pubblica, implicando un tentativo di condizionamento volto a impedirne la diffusione e a preservare così la sfera privata e la carreira dell’attore.
Le accuse di Fabrizio Corona e il coinvolgimento di Federico Monzino
Fabrizio Corona ha puntato il dito contro Federico Monzino, ritenendolo tra i protagonisti centrali della vicenda legata alla diffusione degli audio privati di Raoul Bova. Secondo quanto dichiarato da Corona, i file compromettenti gli sarebbero stati consegnati volontariamente proprio da Monzino e da Martina Ceretti, senza alcuna forma di acquisizione illecita, e trasmessi direttamente tramite computer al suo telefono.
Corona ha inoltre sottolineato come l’intenzione originaria fosse quella di aumentare la notorietà di Martina Ceretti, con il consenso esplicito delle parti coinvolte. Tuttavia, la situazione sarebbe degenerata in un tentativo di estorsione di cui lui stesso sarebbe rimasto completamente all’oscuro: in stato di alterazione, Monzino e Ceretti avrebbero contattato Bova chiedendo denaro in cambio della non pubblicazione del materiale sul programma Falsissimo. L’intervento delle forze dell’ordine ha confermato questa dinamica.
La versione di Corona mette così in luce un passaggio delicato in cui la responsabilità del tentativo di ricatto sarebbe da attribuire a Monzino e a Ceretti, strumentalizzando un materiale fornito consapevolmente ma con finalità inizialmente differenti.
La versione di Monzino e le indagini della Procura di Roma
Federico Monzino ha respinto categoricamente ogni accusa di coinvolgimento nel tentativo di estorsione ai danni di Raoul Bova, dichiarando di non aver mai inviato messaggi contenenti minacce o richieste di denaro all’attore. Nelle sue dichiarazioni pubbliche, sia in un’intervista che tramite i propri canali social, Monzino ha precisato di non essere neppure a conoscenza di un’indagine formale nei suoi confronti, smentendo quindi la notizia circolata su alcuni media.
Monzino ha inoltre attribuito l’origine del materiale diffuso e degli eventuali messaggi compromettenti a soggetti terzi, affermando di non escludere che altri, tra cui Martina Ceretti o Fabrizio Corona, possano aver condiviso il contenuto con ulteriori persone. La sua posizione appare dunque improntata a respingere qualsiasi responsabilità, adottando un approccio prudente e distante dalle accuse rivolte.
Parallelamente, la Procura di Roma, sotto la guida della pm Eliana Dolce, continua le indagini con un focus specifico sull’identificazione dell’autore dei messaggi e sulle dinamiche di diffusione dei contenuti riservati. Gli accertamenti si basano su analisi tecniche e sull’esame dei dispositivi sequestrati, tra cui il cellulare di Martina Ceretti, per far luce su ogni elemento riguardante il tentativo di ricatto digitale che ha coinvolto Raoul Bova.
Nonostante la complessità della vicenda, l’obiettivo delle indagini è chiarire i ruoli dei soggetti coinvolti e appurare la veridicità delle diverse versioni, con particolare attenzione alle modalità con cui il materiale sia stato gestito e, soprattutto, impiegato nelle fasi di presunta estorsione.
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