I corgi della regina Elisabetta II
Nel corso del suo regno di settanta anni, la regina Elisabetta II ha condiviso la sua vita con oltre 30 corgi Pembroke Welsh, fra cui Whisky, Foxy, Georgie e Diamond. Questi cani non solo hanno accompagnato la sovrana nei suoi spostamenti tra Buckingham Palace e Balmoral, ma hanno anche partecipato a momenti memorabili della sua vita, tra cui un evento olimpico dove la regina si è lanciata con il paracadute. Il legame della monarca con questa razza è profondo, iniziato con il suo primo corgi, Susan, che ha dato vita a una vera e propria dinastia canina, riflettendo l’affetto della regina per i suoi fedeli compagni di vita.
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La passione della regina per i corgi
L’interesse della regina per i corgi ha radici nella sua infanzia. All’età di sette anni, fu colpita dalla presenza di un corgi appartenente a degli amici di famiglia. Il suo desiderio di possederne uno fu soddisfatto da suo padre, il Duca di York, che le regalò un cucciolo da un’allevatrice chiamata Thelma Gray. Questo cucciolo, originariamente denominato Rozavel Golden Eagle, fu soprannominato Dookie. Questo primo incontro con la razza segnò l’inizio di una lunga e affettuosa storia tra la regina e i suoi corgi, che sono diventati un simbolo riconosciuto della sua figura regale.
Le opinioni contrastanti della famiglia reale
Nonostante la dedizione della regina ai suoi cani, la reazione della famiglia reale non è stata sempre della stessa tonalità. La principessa Diana, ad esempio, si riferiva affettuosamente ai corgi della regina come a un «tappeto mobile» che la seguiva ovunque. Al contrario, il principe Filippo non nascondeva il suo disappunto, lamentandosi aperta-mente: «Maledetti cani!». Queste considerazioni rivelano che i cani, pur essendo amati dalla regina, non erano visti con altrettanto favore da altri membri della famiglia, suscitando dinamiche interessanti e talvolta conflittuali.
Il caos canino nei palazzi
Craig Brown, nel suo libro *A Voyage Around the Queen*, mette in luce il clima di confusione creato dai corgi all’interno dei palazzi reali. Descritti come una razza imprevedibile e capricciosa, questi cani potevano passare dall’essere affettuosi a manifestare comportamenti considerati quasi «psicotici». Brown arriva a paragonarli a una figura del crimine, definendoli i «Corleone del mondo canino», suggerendo che la loro presenza porta non solo gioia, ma anche un notevole disordine.
La disciplina dei corgi e l’intervento della principessa Anna
Per gestire il comportamento a volte indisciplinato dei suoi corgi, la regina Elisabetta II ha dovuto adottare misure serie. Si narra che l’intervento più efficace per disciplinare i cani fosse quello di chiamare la Principessa Anna, noto per il suo “debole” verso i cani più vivaci e, talvolta, problematici. La principessa stessa è nota per aver affrontato situazioni di emergenza, come quando oppose resistenza a un tentativo di rapimento, chiudendo con un perentorio «not bloody likely». Questo esempio di fermezza potrebbe aver contribuito alla gestione dei corgi più disobbedienti, illustrando come la disciplina sia stata una parte essenziale della vita canina in casa reale.
La passione della regina per i corgi
Il legame della regina Elisabetta II con i corgi affonda le radici nella sua infanzia, un amore nato in un momento di pura meraviglia. A solo sette anni, assistette affascinata a un incontro con un corgi appartenente ad amici di famiglia. Realizzando il suo desiderio, il Duca di York decise di regalarle un cucciolo da un’allevatrice di fiducia, Thelma Gray. Questo giovane cane, inizialmente noto con il nome di Rozavel Golden Eagle, venne affettuosamente chiamato Dookie dal personale, dando avvio a una leggendaria avventura con i corgi. Così, inizia un lungo capitolo di vita in cui i corgi non solo diventarono compagni inseparabili, ma anche un simbolo distintivo dell’identità della regina, riflettendo la sua passione e dedizione per questa razza canina.
Le opinioni contrastanti della famiglia reale
Malgrado l’affetto della regina per i suoi cani, le reazioni dei membri della famiglia reale si rivelano variegate e, in alcuni casi, decisamente critiche. La principessa Diana, che con umorismo si riferiva ai corgi come un «tappeto mobile» che la sovrana portava sempre con sé, evidenziava uno sguardo più lieve su questi animali. Contrariamente, il principe Filippo non risparmiava i suoi strali, esprimendo frustrazione con un sonoro «maledetti cani!», mostrando quanto la presenza di questi adorabili ed eccentrici animali possa rivelarsi fonte di tensione all’interno della famiglia. Tali remark pongono in evidenza non solo il particolare legame di Elisabetta con i cani, ma anche lo scetticismo e la resistenza dei suoi cari, enfatizzando la complessità delle dinamiche familiari nell’ambito di una vita pubblica carica di responsabilità e tradizioni.
Il caos canino nei palazzi
Nel corso del suo regno, i corgi della regina Elisabetta II hanno creato un’atmosfera vivace, ma a tratti caotica, all’interno dei palazzi reali. Secondo quanto riportato da Craig Brown nella sua biografia *A Voyage Around the Queen*, la presenza di questi cani era tanto affettuosa quanto problematica. La loro natura imprevedibile e capricciosa portava a situazioni che variavano dallo stare tranquilli a momenti di vera psicosi canina, rendendoli quasi una metafora vivente di disordini familiari. Brown esprime questo concetto con un parallelo audace, paragonando i corgi della regina a figure del crimine come i Corleone, suggerendo che la loro indole potesse stravolgere non solo la routine quotidiana, ma anche la tranquillità che ci si aspetterebbe in una residenza reale.
I più accaniti amanti di animali potrebbero trovare affascinante la vivacità di queste creature, ma per i membri della famiglia reale e il personale, la gestione di un gruppo di cani iperattivi rappresentava una vera sfida. La costante interazione tra corgi e sovrani, con la loro frenesia e le infrazioni nei momenti più inaspettati, delineavano una realtà che sembrava più simile a un film comico che alla vita di una regina. Questo contesto di confusione canina, ricco di aneddoti divertenti, riflette la complessità della vita quotidiana in una famiglia reale, riportando alla memoria l’immagine di una sovrana circondata dai suoi adorati compagni a quattro zampe, in un balletto di affetto e disordine.
La disciplina dei corgi e l’intervento della principessa Anna
Per affrontare il comportamento indisciplinato dei suoi corgi, la regina Elisabetta II si è trovata costretta a prendere misure drastiche. La figura della Principessa Anna si è rivelata fondamentale in questo processo. Con una reputazione consolidata di esser ferma e decisiva, la principessa era conosciuta per il suo “debole” verso i cani più tempestosi che spesso mettevano a dura prova la pazienza della sovrana. Il suo approccio pragmatico e diretto ha mandato un messaggio chiaro: anche i cani più vivaci avevano bisogno di disciplina.
La famosa determinazione della principessa è ben nota e si riflette nella sua vita personale, come dimostrano le sue reazioni a situazioni estreme. Un episodio nelle sue memorie prevede una resistenza straordinaria a un tentativo di rapimento, con la frase iconica «not bloody likely», evidenziando il suo carattere forte e risoluto. Questo stessa fermezza nello sciroppare le bollicine dei cani ribelli ha portato a un miglioramento nei comportamenti canini, mostrando che la disciplina non era solo richiesta, ma era stata accettata come parte integrante della vita in famiglia.
La regina, pur mantenendo un profondo affetto per i suoi corgi, ha dovuto bilanciare amore e autorità, e l’intervento della principessa Anna è stato spesso visto come un rimedio ai comportamenti più problematici. In questa dinamica complessa, il ruolo della principessa nella gestione dei cani non solo salvaguardava l’armonia domestica, ma garantiva anche che l’amore della regina per i corgi non si trasformasse in un incubo canino insostenibile.