Giornalismo online: anche Facebook corteggia l’editoria
Anche Facebook corteggia l’editoria e dice: “Caro editore, se metti le tue notizie sulla mia piattaforma ti darò tutti i proventi della pubblicità che riuscirai a vendere”. L’obiettivo diventa quindi quello di portare i contenuti giornalistici all’interno dei propri spazi, confermando così un cambiamento di rotta dell’informazione digitale, con l’editoria sempre più interessata alle partnership con piattaforme online, come abbiamo recentemente visto agli 8 editori mondiali riuniti attorno a Google.
La mossa di Facebook è comunque diversa e persino più radicale. Mentre Google propone agli editori di crescere insieme ma ognuno a casa propria, quindi tenendo separati gli spazi e il rapporto con gli utenti, Facebook mira a integrare tutto al proprio interno.
Il piano ha inizio questo mese, quando il social ospiterà notizie e video di BuzzFeed, New York Times, National Geographics e altri. La logica si trasforma in quella da centro commerciale, dove i diversi giornali avranno propri spazi. Del resto, già attualmente circa il 60% del traffico arriva ai principali giornali online proprio attraverso i link che gli utenti cliccano su Facebook (il dato è americano, dove il fenomeno è più sviluppato, ma in Italia non siamo lontani da questa cifra).
Lo scopo è dare all’utente una esperienza più lineare e integrata, diminuendo il tempo dei caricamenti (in media di 8 secondi) di articoli esterni al sito Facebook. Al social network interessa potenziare il rapporto con fornitori di contenuti pregiati, su cui può basare i propri ricavi pubblicitari, e mettersi un passo avanti nello scontro con Google per questo stesso mercato.
Il problema è che per gli editori “è un gigantesco atto di fede poiché i giornali sono abituati a trattenere il più possibile i lettori sulle loro pagine”, ha scritto il New York Times nell’annunciare che avrebbe Facebook avrebbe ospitato le sue notizie. Per gli editori significa rinunciare all’ultimo baluardo nel rapporto con le grandi piattaforme online: il rapporto diretto con l’utente finale e l’accesso ai suoi dati di traffico, ossia alle sue preferenze. Laddove invece l’accordo di Google con gli editori preserva questi valori.
Nello specifico la nuova offerta prevede che l’editore prenderà tutta la pubblicità che riuscirà a vendere, sulle proprie notizie, negli spazi di Facebook. Il social invece tratterrà il 30% dei ricavi per quella che riuscirà a vendere sulle notizie degli editori. Questi ultimi quindi ci guadagnerebbero due volte: il 100% di quello che vendono in pubblicità – come accade sui propri siti – e il 70% di quello che Facebook gli procura.
È la prima volta che una piattaforma online rinuncia allo sfruttamento commerciale dei propri spazi, per certi tipi di contenuti. È come se un centro commerciale affittasse un negozio gratis e in cambio prendesse solo una minima percentuale di ricavi per ogni cliente che riuscisse a portarci dentro. Il vantaggio economico a fare notizie su Facebook, invece che su propri siti (dove gli editori devono mettere in conto anche costi tecnici e gestionali), in questo modo è indubbio.
Almeno per il breve termine. Nel medio-lungo periodo però rischia di rivelarsi un “patto con il diavolo”, perché l’editore rinuncia a una fetta di controllo sul lettore ed erode anche la possibilità di crescere in altre direzioni. Per esempio, appunto, imparando ad affinare gli strumenti digitali sui propri siti, che è l’intento dell’accordo con Google.