Forum sulla governance di Internet in Arabia Saudita
Il Forum annuale sulla governance di Internet si terrà in Arabia Saudita dal 15 al 19 dicembre 2024, attirando l’attenzione globale su un evento tanto importante quanto controverso. Le autorità saudite, che hanno promosso l’incontro come un’opportunità per discutere di governance digitale, sono però al centro di pesanti critiche per il loro approccio repressivo nei confronti della libertà di espressione.
Negli ultimi anni, la Saudita ha visto un crescente numero di arresti di attivisti e dissidenti, particolarmente su piattaforme social. Queste misure hanno sollevato interrogativi sull’autenticità e sull’intento della nazione nel promuovere un dialogo aperto e costruttivo sui temi di governanza di Internet. La tensione è palpabile, con molti esperti che esprimono dubbi sulla possibilità di un dibattito significativo in un contesto in cui le critiche sono punite severamente e i dissidenti temono per la loro sicurezza.
Le stesse contraddizioni sono state evidenziate da una recente dichiarazione congiunta di 40 ONG e organizzazioni per i diritti umani, che hanno chiesto la liberazione immediata di coloro che sono stati incarcerati esclusivamente per aver espresso le loro opinioni online. È evidente che la situazione attuale in Arabia Saudita rappresenta una pericolosa contraddizione rispetto ai temi che il Forum intende affrontare, rendendo necessaria una riflessione seria sulle reali implicazioni di ospitare un simile evento.
Ipocrisia delle autorità saudite sui diritti umani
La scelta dell’Arabia Saudita di ospitare un evento internazionale come il Forum sulla governance di Internet si configura come una mossa strategica per migliorare la propria immagine sulla scena mondiale. Tuttavia, questa iniziativa stride fortemente con la realtà dei diritti umani nel paese. Le autorità saudite continuano a perseguire una politica di repressione nei confronti di tutti coloro che osano esprimere dissenso, in particolare attraverso i social media. Negli ultimi anni, varie organizzazioni per i diritti umani hanno documentato un aumento degli arresti di attivisti, giornalisti e semplici cittadini che utilizzano piattaforme online per condividere le proprie opinioni.
L’ipocrisia delle autorità saudite diventa ancora più evidente quando si considera il fatto che, nonostante la retorica ufficiale sulla promozione di un Internet aperto e inclusivo, le politiche attuate sul territorio sono tutt’altro che favorevoli a tali ideali. Infatti, il governo ha reso illegali forme di espressione pubblica che non si allineano con le narrazioni ufficiali, creando un ambiente di paura che si riflette non solo sui cittadini ma anche sulle organizzazioni internazionali. Come chiaramente esposto dalle ONG, le leggi saudite non solo criminalizzano il dissenso, ma incoraggiano anche la sorveglianza e l’auto-censura tra i cittadini.
Il contrasto tra le promesse di un forum orientato al dialogo e l’implacabile ondata di repressione emergono come una questione cruciale. È inquietante che tali eventi vengano organizzati in un contesto così restrittivo, dove la libertà di espressione è continuamente violata. Se l’Arabia Saudita intende veramente partecipare a un dibattito globale sulla governance di Internet, è imperativo che compia passi concreti per garantire maggiori diritti e libertà ai propri cittadini, piuttosto che limitarsi a una facciata di apertura commerciale e tecnologica.
Casi emblematici di repressione online
Negli ultimi anni, i casi di repressione online in Arabia Saudita sono emblematici di un contesto in cui il dissenso è severamente punito. **Salma al-Shehab**, un’attivista per i diritti delle donne, è stata arrestata nel gennaio 2021 e, due anni dopo, condannata a 27 anni di carcere, seguiti da altri 27 anni di divieto di viaggio. La sua sola colpa? Aver espresso le proprie opinioni su Twitter a favore dei diritti delle donne. Questo esempio mette in evidenza l’uso eccessivo della legge antiterrorismo per silenziare le voci critiche.
Un altro caso preoccupante è quello di **Manahel al-Otaibi**, condannata nel gennaio 2024 a 11 anni di reclusione per aver pubblicato post a sostegno dei diritti femminili e per aver condiviso foto di sé stessa in un centro commerciale senza indossare l’abaya, il tradizionale abbigliamento saudita. La reazione da parte delle autorità è stata rapida e dura, sottolineando l’intolleranza verso qualsiasi manifestazione di libertà personale che vada contro le norme sociali imposte.
Altre storie simili arricchiscono il quadro preoccupante: **Abdulrahman al-Sadhan**, un operatore della Mezzaluna Rossa, è stato condannato a 20 anni di carcere per aver pubblicato tweet satirici, mentre **Nasser al-Ghamdi**, un insegnante in pensione, è stato condannato a morte per aver criticato le autorità sui social media. Questi casi non solo rappresentano violazioni dei diritti umani, ma evidenziano anche l’atmosfera di paura in cui vivono i cittadini sauditi.
Si tratta di episodi che pongono interrogativi sulle reali intenzioni delle autorità saudite nel momento in cui si preparano ad ospitare un forum internazionale sulla governance di Internet. Come possono promuovere un dialogo sulla libertà di espressione e sull’uso etico della rete, mentre continuano a perseguire gli oppositori e a silenziare le voci critiche?
Appelli di Amnesty International e delle ONG
In questo contesto di crescente repressione, organizzazioni come Amnesty International si sono mobilitate, facendo appelli diretti alle autorità saudite affinché vengano garantiti i diritti fondamentali dei partecipanti al Forum sulla governance di Internet. **Amnesty International** ha sollecitato un impegno pubblico da parte del governo saudita, chiedendo che vengano fornite assicurazioni scritte per garantire che tout le persone intenzionate a partecipare all’evento non subiscano alcun tipo di ritorsione, né vengano impedite a entrare nel paese.
La preoccupazione di Amnesty e di altre ONG riguarda la possibilità concreta che i partecipanti, in particolare attivisti e difensori dei diritti umani, possano essere arrestati o messi sotto sorveglianza durante e dopo il Forum. ***Queste istanze non sono infondate; l’atmosfera di intimidazione praticata dalle autorità è ben documentata e continua a crescere**, alimentando un clima di paura e sfiducia tra coloro che desiderano esprimere le proprie opinioni senza timori di ritorsioni.
In risposta alla crescente preoccupazione per la partecipazione al Forum, il comitato organizzatore è stato esortato a stabilire misure di protezione concrete, rendendo esplicito che chiunque voglia partecipare dovrebbe essere in grado di farlo in un contesto di sicurezza e libertà di espressione. L’assenza di tali garanzie non solo comprometterebbe la credibilità dell’evento, ma ridurrebbe anche la possibilità di un dialogo reale e costruttivo, così come auspicato dagli organizzatori.
Le richieste delle ONG vanno ben oltre la semplice protezione dei diritti dei partecipanti; esse costituiscono un appello più ampio affinché l’Arabia Saudita inizi un processo di riforma significativo in tema di diritti umani. Solo un vero rispetto dei diritti fondamentali può garantire che il Forum sulla governance di Internet rappresenti un’opportunità autentica per il dialogo e non solo un palcoscenico per il greenwashing internazionale delle politiche saudite.
Preoccupazioni degli attivisti per la partecipazione al Forum
In vista del Forum sulla governance di Internet, molti attivisti esprimono serie preoccupazioni riguardo alla loro partecipazione. Alla luce della repressione serrata delle opinioni critiche in Arabia Saudita, il clima di paura è palpabile tra coloro che solitamente partecipano a questo tipo di eventi. Tanti temono di essere oggetto di intimidazioni, sorveglianza o, peggio ancora, arresti durante e dopo il forum, qualora le loro posizioni risultassero sgradite al governo saudita.
Il rischio di conseguenze severe si fa ancora più tangibile considerando le storie di molti attivisti già incarcerati, che hanno subito pesanti pene per aver semplicemente espresso le loro opinioni sui social media. **Questa situazione ha portato a una crescente autocensura tra gli attivisti, che temono non tanto per la loro libertà di parola, quanto per la loro stessa libertà personale.**
Alcuni esperti avvertono che la presenza di attivisti e rappresentanti della società civile al Forum potrebbe non essere non solo sconsigliata, ma addirittura pericolosa. Molti di loro, in particolare coloro che hanno subito repressioni in passato, stanno considerando di non presentarsi affatto, rinunciando a una piattaforma importante per il dialogo, destabilizzati dall’idea che le loro dichiarazioni potrebbero costare loro la libertà.
Inoltre, molti attivisti avvertono che la mancanza di garanzie adeguate da parte delle autorità saudite rende il Forum una farsa. **La richiesta di assicurazioni scritte che nessun partecipante subirà ripercussioni è stata ripetutamente ignorata** e questo alimenta il sentimento di sfiducia e cinismo da parte di chi vorrebbe vedere un reale impegno per il rispetto dei diritti umani. Questa situazione solleva interrogativi su come l’incontro possa realmente contribuire a una governance inclusiva e giusta di Internet, quando alle voci critiche viene negata ogni forma di sostegno e protezione.