Fabrizio Capobianco e il suo ritorno in Italia
Dopo 23 anni trascorsi nella Silicon Valley, Fabrizio Capobianco, imprenditore seriale e fondatore di successi come Funambol e TokTV, ha deciso di fare ritorno nella sua Valtellina natale. A 50 anni, porta con sé non solo una valigia piena di sogni, ma anche una vasta esperienza accumulata nel mondo delle startup e dell’innovazione tecnologica. Il suo obiettivo è chiaro: scovare e valorizzare i talenti della Gen Z, preparandoli a sfide globali e lanciandoli nel panorama competitivo degli Stati Uniti.
Capobianco ha evidenziato l’importanza di creare aziende che non si limitino a restare piccole, poiché, come afferma, “piccolo non è bello”. Le piccole e medie imprese, pur essendo essenziali nel contesto locale, non sono in grado di generare quell’impatto significativo a livello macroeconomico. Al contrario, il focus deve essere indirizzato verso la creazione di unicorni, quelle startup capaci di scalare in modo esponenziale nel mercato. “Le nostre startup troppo spesso si ‘piemmizzano’, mentre in America gli investitori le chiamano zombie”, dichiara Capobianco, sottolineando la necessità di una mentalità orientata alla crescita.
Nei suoi anni negli Stati Uniti, ha acquisito un know-how inestimabile, sia dal punto di vista legale che imprenditoriale, prontamente messo a disposizione di chi vorrà unirsi al suo progetto. “Se sono tornato io in Italia, credo che lo faranno in molti. L’Italia ha potenzialità enormi come polo globale per l’innovazione”, afferma con convinzione. La sua esperienza è un mix di passione e strategia, un’innata capacità di identificare e sviluppare opportunità imprenditoriali che può ora trasmettere a una nuova generazione di innovatori.
Liquid Factory: il nuovo progetto in Valtellina
Capobianco ha dato vita a Liquid Factory, una vera e propria “fabbrica di startup” che si distingue dagli acceleratori e incubatori tradizionali. Con un team di 12 esperti provenienti da vari ambiti, tra cui professori, imprenditori e avvocati, Liquid Factory mira a preparare i giovani talenti per affrontare le sfide del mercato globale. “Noi veniamo prima”, afferma Capobianco, sottolineando l’importanza di preparare i partecipanti in modo adeguato, prima di lanciarli nel competitivo mondo di YCombinator, l’acceleratore che ha rappresentato un trampolino di lancio per molte aziende di successo.
La strategia di Liquid Factory è focalizzata sull’attrazione e la valorizzazione dei giovani innovatori. La scadenza per le candidature è fissata per il 31 ottobre, con la selezione delle quattro startup che inizieranno il loro percorso a gennaio. Capobianco è chiaro: “I talenti che escono da Stanford sono pronti per fare startup. Gli italiani no. Noi vogliamo prepararli.” Questo programma ambizioso include un soggiorno in Valtellina, dove i partecipanti potranno lavorare al proprio progetto imprenditoriale, affiancati da esperti del settore.
L’obiettivo è quello di trasformare le idee, anche quelle ancora in fase embrionale, in realtà concrete. “Se hanno un’idea, bene. Non ce l’hanno? Va bene uguale”, afferma, descrivendo la flessibilità dell’approccio di Liquid Factory. La volontà di costruire un Minimum Viable Product e di avviare un processo di apprendimento pratico e teorico rappresenta il cuore del progetto. La startup che scaturirà dal programma non sarà solo un’entità italiana; avrà un’anima americana, con una sussidiaria in Italia, pronta ad approdare a YCombinator per affinare ulteriormente le proprie capacità e ampliare le proprie prospettive di crescita.
Preparare la Gen Z per la Silicon Valley
In un’epoca in cui la velocità di innovazione è cruciale, Fabrizio Capobianco è determinato a colmare il divario tra il talento italiano e le opportunità globali. “I talenti che escono da Stanford sono pronti per fare startup. Gli italiani no. Noi vogliamo prepararli”, afferma con enfasi. Il programma creato all’interno di Liquid Factory è studiato per i giovani della Gen Z, coloro che, secondo Capobianco, sono nella posizione migliore per abbracciare il rischio e l’innovazione.
Capobianco riconosce che la cultura imprenditoriale americana è radicata in una preparazione intensa e mirata. “Dai 50 anni in poi è il momento del give back. Ecco per me è iniziato quel tempo”, spiega, evidenziando la sua volontà di trasmettere non solo conoscenze, ma anche esperienze vissute. Per questo, il programma prevede un periodo di Entrepreneurship in Residence, durante il quale i partecipanti impareranno in un ambiente stimolante, immersi nella bellezza delle Alpi e supportati da un team di esperti con anni di esperienza nella Silicon Valley.
“Se hanno un’idea, bene. Non ce l’hanno? Va bene uguale”, sottolinea, accogliendo la flessibilità come una delle chiavi del successo di Liquid Factory. Gli aspiranti imprenditori saranno accompagnati nella definizione e sviluppo dei propri progetti, lavorando fianco a fianco con i co-founder esperti. Non solo teoria, ma un’applicazione pratica delle competenze per creare un Minimum Viable Product, che consenta di testare le idee sul mercato. Questo approccio pragmatico rappresenta un fondamento solido per affrontare le sfide del panorama imprenditoriale odierno.
In un’ottica di internazionalizzazione, i fondatori delle startup selezionate saranno preparati per un eventuale trasferimento negli Stati Uniti, dove potranno entrare direttamente nel circuito di accelerazione di YCombinator. “Vogliamo portare qui la Generazione Z, insegnarle a fare startup sciando”, dice con entusiasmo Capobianco, invitando i giovani a cogliere questa opportunità, unica nel suo genere, per costruire un futuro innovativo e prospero direttamente dalle montagne della Valtellina.
Lezioni di successi e fallimenti nella startup culture
Al centro della cultura delle startup, l’importanza delle lezioni apprese da successi e fallimenti emerge come un elemento cruciale per la crescita personale e professionale. Fabrizio Capobianco, con il suo bagaglio di esperienze accumulate in oltre due decenni in Silicon Valley, sottolinea l’importanza di avere umiltà e voglia di imparare. “Ci vuole umiltà. Quanto riconosci i tuoi limiti e ti metti nella condizione di imparare, migliori”, afferma, richiamando il principio della “Humilitas” che ha appreso durante la sua formazione al Collegio Borromeo di Pavia.
Capobianco enfatizza che costruire aziende richiede non solo competenze tecniche, ma anche la capacità di circondarsi di persone più intelligenti e preparate. “Gli americani dicono: ci sono talenti di serie A e talenti di serie B. Gli A player assumono sempre altri A player”, spiega, evidenziando che la qualità della squadra è fondamentale per evitare il collasso di un’impresa. Questo concetto è spesso ancora difficile da accettare in un contesto italiano, dove la propensione a valorizzare il talento è spesso sacrificata in favore di relazioni e routine consolidate.
In un’ottica di innovazione e crescita, l’invito di Capobianco alla Gen Z è chiaro: “Think Big. Pensa in grande. Abbiamo una vita sola, è inutile fare le cose piccole, proviamo a cambiare il mondo.” In un paese come l’Italia, dove l’età media è elevata, vi è un’esigenza di nuovo impulso, di testardaggine e di unicità. Vuol riportare la Generazione Z in Valtellina, prospettando un futuro dove le alpi possano diventare un epicentro per la nascita di startup innovative e di successo.
Capobianco è convinto che il rischio faccia parte del gioco imprenditoriale. “E se qualcuno prende i soldi e scappa? Che importa? Fa parte del gioco”, dichiara, dimostrando una mentalità aperta e resiliente, pronta ad affrontare le sfide e gli imprevisti inevitabili nel cammino verso il successo. E con uno sguardo verso il futuro, sogna un’era in cui tecnologia e intelligenza artificiale possano intersecarsi con la creatività, aprendo nuove strade non solo per gli investitori ma per l’intero territorio italiano.
Il sogno di creare unicorni italiani per YCombinator
Fabrizio Capobianco ha una visione chiara per il futuro delle startup italiane: “Voglio cambiare l’Italia. A partire dalla Valtellina.” Questa affermazione incarna il suo impeto nel voler trasformare l’ecosistema imprenditoriale, puntando alla creazione di aziende che possano scalare a livello globale e raggiungere lo status di unicorni. La trasformazione di idee innovative in startup sostenibili è centrale nel pensiero di Capobianco, che ha vissuto in prima persona le dinamiche di Silicon Valley e comprende a menadito cosa significhi affrontare il mercato internazionale.
“Piccolo non è bello”, afferma, criticando la tendenza delle piccole e medie imprese italiane a mantenere uno status quo che non permette loro di crescere. La sua missione con Liquid Factory è chiara: instillare una cultura imprenditoriale orientata al grande, affinché i giovani innovatori scoprano le opportunità insite nel pensare in grande. “Non faremo exit né IPO se ristagnamo con imprese piccole”, afferma, sottolineando l’importanza di mirare in alto fin dal primo passo.
Il progetto di Capobianco si rivolge specificamente alla Generazione Z, un gruppo demografico con il potenziale e la predisposizione per l’innovazione. Tale generazione, sostiene Capobianco, possiede una dose cruciale di audacia e creatività necessaria per affrontare il rischio legato all’avvio di una startup. “È più facile rischiare quando non c’è niente da rischiare”, afferma, invitando i giovani a cogliere l’occasione per lanciarsi in questo nuovo programma che li porterà a interfacciarsi con YCombinator, una delle piattaforme più prestigiose per le startup a livello mondiale.
Capobianco non ha intenzione di fermarsi; il suo sogno è di elevare l’Italia nel panorama globale, fornendo ai partecipanti tutti gli strumenti necessari per avere successo. “Qui non si tratta solo di capire come fare fundraising, ma di apprendere una mentalità che punti a costruire aziende che possano fare la differenza”, aggiunge, delineando il suo approccio pratico e diretto. La vision di Capobianco è che, attraverso l’impegno e la preparazione, le startup italiane possano finalmente emergere e farsi strada tra le mete di grande successo della Silicon Valley.