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Dimissioni per fatti concludenti: come la Circolare INPS n.154/2025 blocca la NASPI e cosa fare

  • Redazione Assodigitale
  • 25 Dicembre 2025

Effetti normativi sulle dimissioni per fatti concludenti

La circolare INPS n. 154/2025 chiarisce l’impatto delle nuove norme contenute nel Collegato Lavoro 2024 sulla qualificazione delle dimissioni per fatti concludenti e sulla spettanza della NASPI. Il testo esplicita quando un’assenza prolungata possa essere ricostruita come manifestazione implicita di volontà del lavoratore e quali condizioni giuridiche e probatorie sono richieste per attribuire a tali comportamenti la natura di dimissioni. Vengono inoltre delineati i limiti alla decorrenza automatica dell’effetto estintivo del rapporto e le conseguenze previdenziali correlate alla qualificazione giuridica della cessazione.

 

Indice dei Contenuti:
  • Effetti normativi sulle dimissioni per fatti concludenti
  • FAQ
  • Ruolo del datore e conseguenze per la NASPI
  • FAQ
  • Procedure amministrative e codice UniLav “FC”
  • FAQ
  • Dimissioni per giusta causa e casi di esclusione
  • FAQ

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La legge ha introdotto una disciplina che ricostruisce la volontà di recesso attraverso comportamenti concreti: l’assenza ingiustificata prolungata può essere interpretata come rinuncia al rapporto solo se correlata a elementi oggettivi e temporali previsti dalle norme o dai contratti collettivi. Tuttavia, la norma non attribuisce in via automatica al fatto stesso la capacità di sciogliere il rapporto; è richiesto un atto ricognitivo del datore o una comunicazione formale che renda inequivocabile la volontà aziendale di considerare l’assenza come dimissione. Senza tale intervento, l’evento resta privo di effetti estintivi immediati.

Dal punto di vista sostanziale, le dimissioni per fatti concludenti sono considerate volontarie e, pertanto, incompatibili con il diritto alla NASPI, che presuppone una perdita del lavoro non dipendente dalla volontà del lavoratore. Questo presupposto viene però modulato dalla possibilità di prova contraria: il lavoratore può dimostrare che l’assenza è stata determinata da circostanze di forza maggiore o da impedimenti imputabili al datore, neutralizzando l’effetto estintivo implicito. La valutazione di tali elementi rimane nell’ambito probatorio e richiede adeguata documentazione e contestualizzazione temporale.

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La norma precisa inoltre che la mera decorrenza del periodo di assenza non sostituisce l’azione amministrativa necessaria a ricondurre l’evento a dimissioni: occorre una decisione aziendale espressa o una segnalazione all’Ispettorato del Lavoro per far sì che la cessazione assuma rilievo giuridico. Tale scelta aziendale assume valore decisivo anche ai fini previdenziali, poiché la qualificazione adottata dal datore condiziona l’accesso alle prestazioni di disoccupazione. In assenza di questa qualificazione, eventuali sanzioni o provvedimenti disciplinari restano gli strumenti ordinari per la gestione dell’assenza.

FAQ

  • Che cosa sono le dimissioni per fatti concludenti?
    Sono le dimissioni desumibili dal comportamento del lavoratore, in particolare da un’assenza ingiustificata prolungata, ricostruite come manifestazione implicita di volontà di cessare il rapporto.
  • Quando producono effetti sulle tutele previdenziali?
    Producono effetti solo se il datore effettua una valutazione e una comunicazione formale che qualifichi l’assenza come dimissione; altrimenti non incidono automaticamente sulla spettanza della NASPI.
  • La NASPI è sempre esclusa in caso di fatti concludenti?
    In linea generale sì, perché sono considerate dimissioni volontarie; tuttavia il lavoratore può provare cause di forza maggiore o responsabilità datoriale che giustificano l’assenza e consentono la prestazione.
  • Chi ha l’onere di dimostrare la causa dell’assenza?
    Il lavoratore deve fornire elementi probatori che giustifichino l’assenza; il datore deve documentare la scelta di qualificare l’evento come dimissione per fatti concludenti.
  • La semplice assenza basta a chiudere il rapporto?
    No: è necessaria una decisione aziendale espressa o una comunicazione all’Ispettorato del Lavoro per far sì che l’assenza abbia effetto estintivo.
  • Qual è il ruolo dell’Ispettorato del Lavoro?
    L’Ispettorato riceve la segnalazione del datore che intende qualificare l’assenza come dimissioni per fatti concludenti; tale segnalazione è il presupposto amministrativo per la ricostruzione giuridica della cessazione.
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Ruolo del datore e conseguenze per la NASPI

Il datore di lavoro assume il ruolo decisivo nella qualificazione giuridica dell’evento e, di conseguenza, nel determinare l’idoneità del lavoratore ad accedere alla NASPI. Non è il solo episodio di assenza a determinare l’estinzione del rapporto, ma la scelta esplicita dell’azienda di dare a quel comportamento la valenza di recesso del lavoratore. La decisione aziendale può seguire un’istruttoria interna, con contestazioni disciplinari e valutazione delle giustificazioni, oppure tradursi direttamente in una segnalazione all’Ispettorato Nazionale del Lavoro: soltanto la seconda conduce alla ricostruzione formale delle dimissioni per fatti concludenti.

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Dal punto di vista operativo, il datore deve ponderare elementi temporali e fattuali che giustifichino la qualificazione. Occorre verificare la durata dell’assenza rispetto alle previsioni del contratto collettivo applicabile o, in assenza di specifiche, il parametro dei 15 giorni indicato dalla normativa. Va inoltre valutata la presenza di comunicazioni del lavoratore, di certificazioni mediche o di ogni altra prova che possa escludere la volontarietà. La decisione non è priva di rischi: una qualificazione errata espone l’azienda a contestazioni giudiziarie e a richieste di indennità da parte del dipendente.

Sul piano previdenziale, l’effetto pratico della scelta datoriale è netto: quando l’azienda trasmette la segnalazione all’Ispettorato e utilizza la causale che identifica le *dimissioni per fatti concludenti*, la perdita del lavoro viene considerata riconducibile alla volontà del lavoratore e, pertanto, incompatibile con la fruizione della NASPI. Questo comporta che la mancata preventiva valutazione o l’omessa comunicazione può determinare l’apertura o il diniego della prestazione a seconda della qualificazione operata.

La posizione del datore, inoltre, deve essere documentata. La semplice intenzione non è sufficiente: è necessario un atto formale o una segnalazione strutturata che consenta agli enti competenti di ricostruire il percorso decisionale aziendale. Tale documentazione assume valore probatorio in eventuali contenziosi e deve dimostrare la congruità della scelta rispetto ai fatti, l’esistenza di eventuali tentativi di contatto con il dipendente e l’assenza di cause di forza maggiore.

Infine, il datore può optare per una strada alternativa: procedere con un provvedimento disciplinare ordinario fino al licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo. In questa ipotesi la cessazione mantiene carattere datoriale e involontario rispetto alla volontà del lavoratore, lasciando aperta la possibilità di ottenere la NASPI, qualora sussistano gli altri requisiti previsti dalla normativa.

FAQ

  • Chi decide se un’assenza è da considerare dimissione?
    La decisione spetta al datore di lavoro, che deve formalizzarla tramite segnalazione o atto aziendale per avere effetti giuridici e previdenziali.
  • Qual è la conseguenza immediata della segnalazione all’Ispettorato?
    La segnalazione ricostruisce la cessazione come dimissione volontaria, determinando l’esclusione dalla NASPI salvo prova contraria a favore del lavoratore.
  • Il datore può scegliere tra dimissioni per fatti concludenti e licenziamento?
    Sì: l’azienda può optare per qualificare l’assenza come dimissione implicita o procedere con un provvedimento disciplinare che conduce a un licenziamento.
  • Quali prove deve conservare il datore?
    Documenti che attestino i tentativi di contatto, le verifiche effettuate, il periodo di assenza e la ragione della qualificazione adottata.
  • Come incide la scelta aziendale sulla NASPI?
    Se l’assenza viene qualificata come dimissione per fatti concludenti, la NASPI è in linea generale esclusa perché la cessazione è ritenuta volontaria.
  • Il lavoratore può impugnare la qualificazione?
    Sì: può dimostrare cause di forza maggiore o responsabilità datoriale che giustifichino l’assenza e far valere il diritto alla prestazione.
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Procedure amministrative e codice UniLav “FC”

Il sistema amministrativo prevede una serie di passaggi tecnici obbligatori per tradurre la decisione aziendale in effetti giuridici e previdenziali concreti. Al centro dell’infrastruttura informatica c’è il flusso UniLav, che recepisce la scelta dell’impresa tramite la specifica causale di cessazione. L’utilizzo corretto del codice è condizione necessaria perché l’INPS e l’Ispettorato possano ricostruire la dinamica dell’evento e determinare l’esito della prestazione NASPI. In assenza dell’imputazione formale sul sistema, la qualificazione rimane inefficace sul piano amministrativo.

La causale introdotta per questi casi è identificata con il codice “FC – dimissioni per fatti concludenti”. Il codice deve essere inserito nel campo dedicato alla causale di termine rapporto nel modulo UniLav. La registrazione deve essere accompagnata da una documentazione descrittiva che riporti i fatti, la durata dell’assenza e le comunicazioni intercorse tra le parti. Tale documentazione viene allegata alla segnalazione all’Ispettorato e assume rilievo probatorio in eventuali verifiche o contenziosi amministrativi.

Dal punto di vista operativo, l’azienda è chiamata a rispettare tempi e modalità di trasmissione: la segnalazione all’Ispettorato deve essere effettuata tempestivamente rispetto alla decisione di considerare l’assenza come dimissione implicita. Ritardi o omissioni nella trasmissione possono complicare la ricostruzione degli eventi e creare problematiche sia per l’ente previdenziale sia per l’azienda stessa. Inoltre, l’INPS procede a incrociare i dati ricevuti con le domande di NASPI per individuare eventuali irregolarità e attivare gli accertamenti del caso.

Per garantire trasparenza e ridurre il rischio di contestazioni, è opportuno che l’azienda mantenga un fascicolo amministrativo completo: comunicazioni inviate al lavoratore (PEC, raccomandate), le note disciplinari eventualmente raccolte, i tentativi documentati di contatto telefonico e le eventuali certificazioni mediche o altre giustificazioni presentate. Questi elementi servono a dimostrare la congruità della scelta e la correttezza della procedura, rendendo più solida la posizione dell’impresa in sede di accertamento INPS o giudiziale.

Infine, la corretta compilazione del codice FC nel flusso UniLav ha effetti immediati sul trattamento della domanda di NASPI: la piattaforma INPS recepisce la causale e, salvo esito favorevole di eventuali successivi approfondimenti, determina il diniego preliminare della prestazione. Questo meccanismo automatizzato non sostituisce però il diritto del lavoratore a fornire elementi probatori contrari; l’iter amministrativo prevede verifiche e, se necessario, l’attivazione di procedure istruttorie volte a valutare la sussistenza di cause di forza maggiore o di responsabilità datoriale.

FAQ

  • Cos’è il codice UniLav “FC”?
    È la causale specifica per registrare nel sistema la cessazione del rapporto come *dimissioni per fatti concludenti*.
  • Deve essere sempre usato dal datore?
    Va utilizzato quando l’azienda decide formalmente di qualificare l’assenza prolungata come dimissione implicita; non è obbligatorio se si opta per procedimento disciplinare.
  • Quali documenti accompagnano la segnalazione?
    Comunicazioni al lavoratore, tentativi di contatto, note disciplinari, certificazioni mediche e ogni elemento utile a ricostruire i fatti.
  • Che effetto ha l’inserimento del codice sul diritto alla NASPI?
    L’inserimento attiva il presupposto per il diniego della prestazione, salvo che il lavoratore non dimostri cause giustificative.
  • Cosa succede se l’azienda ritarda la segnalazione?
    Il ritardo può compromettere la ricostruzione amministrativa e complicare la posizione dell’ente e dell’impresa in fase di accertamento.
  • Il lavoratore può fornire documenti dopo la segnalazione?
    Sì: l’iter amministrativo prevede la possibilità di presentare elementi probatori contrari che possono modificare l’esito della valutazione INPS.

Dimissioni per giusta causa e casi di esclusione

Le dimissioni per giusta causa rappresentano una deroga sostanziale alla disciplina delle dimissioni desumibili dal comportamento: quando il lavoratore formalizza la rinuncia al rapporto attraverso i canali telematici e allega motivazioni riconducibili a una giusta causa, la fattispecie non viene assorbita dalla procedura dei fatti concludenti. In tale ipotesi l’atto dichiarativo esplicito prevale sulla ricostruzione implicita e mantiene la possibilità per il dipendente di accedere alla NASPI, purché la giusta causa sia adeguatamente documentata e rispondente ai parametri interpretativi delineati dalla giurisprudenza e dall’INPS. La circolare n. 154/2025 ribadisce che la formalizzazione telematica interrompe ogni automatismo della qualificazione aziendale basata su assenze non giustificate.

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Ne consegue che la verifica dell’esistenza della giusta causa resta ancorata a criteri stringenti: la motivazione deve essere tale da rendere impossibile, o gravemente pregiudizievole, la prosecuzione del rapporto di lavoro. Si tratta di elementi che richiedono prova documentale e coerenza temporale rispetto agli eventi denunciati. L’INPS, nel suo chiarimento, conferma che non è sufficiente un’autodichiarazione generica; è necessario allegare documenti probatori — certificazioni, comunicazioni interne o esterne, elementi che attestino comportamenti rilevanti del datore o circostanze oggettive — che consentano di definire la causa come idonea a giustificare le dimissioni con diritto alla NASPI.

Per quanto riguarda i casi di esclusione, la circolare puntualizza che non ogni motivazione presentata come giusta causa supera automaticamente il vaglio: le dimissioni inviate telematicamente devono essere valutate in concreto, anche in sede di istruttoria INPS, e possono essere disconosciute se risultano manifestamente infondate o contraddette da elementi fattuali. Inoltre, quando il datore abbia già effettuato la segnalazione di *dimissioni per fatti concludenti* prima della ricezione della telematica, la competizione tra le due qualificazioni richiede un’istruttoria che verifichi tempi, modalità e contenuto delle comunicazioni: prevale la manifestazione formale del lavoratore se tempestiva e supportata da prove.

È importante sottolineare che il diritto alla NASPI non è automatico neppure nel caso di dimissioni per giusta causa: la prestazione è riconosciuta se ricorrono i requisiti contributivi e se la giusta causa risulta fondata in base all’istruttoria. L’INPS può richiedere ulteriori documenti o attivare accertamenti per verificare la corrispondenza tra la motivazione indicata e i fatti denunciati. In pratica, la giusta causa costituisce uno strumento di tutela che richiede rigore probatorio e coerenza formale per prevalere sulla ricostruzione datoriale che mira a qualificare l’assenza come dimissione implicita.

Infine, la circolare evidenzia alcune ipotesi tipiche che spesso emergono nelle dispute: inosservanza delle misure di sicurezza, molestie o comportamenti gravemente lesivi da parte del datore, pregiudizio significativo alla dignità professionale. Tali fattispecie, se adeguatamente provate, sono coerenti con la qualificazione di giusta causa e con la conseguente possibilità di ottenere la NASPI. Tuttavia, la valutazione rimane sempre caso per caso e dipende dalla forza probatoria degli elementi documentali presentati dal lavoratore.

FAQ

  • Come si dimostra la giusta causa?
    Allegando documentazione probatoria che attesti i comportamenti o le circostanze oggettive che rendono impossibile la prosecuzione del rapporto, come certificazioni, email, rapporti interni o denunce.
  • La dimissione telematica prevale sulla segnalazione datoriale?
    Sì, se la comunicazione telematica è tempestiva e supportata da prove; in caso di conflitto si avvia un’istruttoria per valutare tempi e contenuti.
  • La giusta causa garantisce automaticamente la NASPI?
    No: oltre alla giusta causa, devono sussistere i requisiti contributivi e l’esito favorevole dell’istruttoria INPS.
  • Cosa succede se la giusta causa è infondata?
    L’INPS può rigettare la richiesta di NASPI e il lavoratore può essere esposto a contestazioni; la valutazione è effettuata caso per caso.
  • Quali esempi concreti rientrano nella giusta causa?
    Comportamenti gravemente lesivi del lavoratore, inosservanza di norme di sicurezza, molestie o drastiche modifiche contrattuali non giustificate.
  • Si può integrare la documentazione dopo la dimissione telematica?
    Sì: l’iter amministrativo permette di presentare elementi probatori aggiuntivi durante l’istruttoria INPS per supportare la richiesta di NASPI.
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