Decreto sblocca debiti 40 miliardi alle imprese entro un anno per pagare i debiti della PA
Finalmente ieri il governo presieduto da Mario Monti, governo uscente, ma da più un mese dalle ultime elezioni politiche ancora in carica data l’incredibile incapacità (incapacità o mancanza di volontà?) di trovare un accordo sul nuovo governo tra le tre principali forze politiche del Paese, ha licenziato il decreto che sblocca una parte dei pagamenti e dei crediti dovuti dalla Pubblica Amministrazione alle aziende private.
Sono 40 miliardi di euro quelli che il decreto ha sbloccato, consentendo ai Comuni il pagamento delle aziende fornitrici di beni e servizi. Il decreto arriva dopo mesi in cui le aziende coinvolte hanno vissuto una fase di faticosa resistenza e si potrebbe scrivere di lenta agonia, schiacciate tra le difficoltà del credit crunch e le regole dettate da MES e Fiscal Compact, che impedivano ai Comuni di toccare i fondi, che pure avevano nelle casse comunali, per poter pagare i debiti contratti con i loro fornitori.
Possiamo ben parlare di agonia della aziende e non pensiamo di esagerare nei toni, se anche Giorgio Squinzi, Presidente di Confindustria, ha usato nelle ultime settimane queste parole per sollecitare la costituzione di un nuovo governo dopo le elezioni politiche, nuovo governo che sia in grado di mettere mano il più velocemente possibile a una serie di interventi strutturali per dare ossigeno alle aziende e alla realtà economica e produttiva italiana.
Nel frattempo in questi mesi molte sono le aziende che hanno smesso di lottare, perdendo un patrimonio industriale, che gli italiani tutti avevano avuto la capacità di creare negli ultimi cinquant’anni, competendo come una delle più importanti realtà economiche del mondo. Si sono persi una marea di posti di lavoro, ingrossando le fila di una disoccupazione, che è diventata endemica e di proporzioni pericolose, colpendo il lavoro giovanile, ma anche quello della popolazione ultra-quarantenne in gravissime difficoltà a ricollocarsi e trovare altre soluzioni lavorative. Si sono ulteriormente contratti i consumi, dando origine a una spirale di recessione di cui mese dopo mese sembra sempre più difficile vedere il fondo.
Dunque dopo una settimana di ulteriori rinvii in cui si è ventilato l’aumento dell’addizionale regionale per trovare fondi e risorse per attuare i pagamenti, ipotesi che poi si è dovuta ritrattare dopo le proteste che ha sollevato, dopo un intervento sul testo del decreto, che a detta delle stesse aziende e dei responsabili degli enti amministrativi regionali e comunali rischiava di peggiorare la situazione per come era stato formulato, dopo una settimana di ulteriori appelli si è finalmente arrivati allo sblocco dei fondi e all’autorizzazione dei pagamenti dei crediti vantati dalle aziende.
Comuni e Province possono pagare da subito il 50% del debito con la cassa che hanno a disposizione, mentre per il restante dovranno chiedere un’autorizzazione ministeriale entro il prossimo 30 aprile a cui il ministero dovrà rispondere entro il 15 maggio, per poi comunicare alle aziende coinvolte entro il prossimo 31 maggio importi e date dei pagamenti dovuti.
Tuttavia indipendentemente dal decreto la situazione resta critica per alcuni comuni, in particolare per alcuni comuni del sud, ma anche alcuni del centro Italia come per esempio Grosseto e nel nord Torino.
Per quanto riguarda ASL e Enti Locali senza fondi, anche questi dovranno fare richiesta al Fondo entro il 30 Aprile e questo entro il prossimo 15 maggio comunicherà la ripartizione delle somme disponibili e le tempistiche.
Come abbiamo ricordato sono 40 i miliardi di euro sbloccati dal decreto, ma secondo una stima di Bankitalia ammonterebbe a circa 91 miliardi di euro il debito accumulato dallo Stato e dalla Pubblica Amministrazione. Sempre secondo il decreto licenziato ieri gli enti amministrativi non possono procedendo ai pagamento sforare il Fiscal Compact oltre il 3 %, diversamente governo e ministeri di competenza procederanno a tagli lineari.
Nel frattempo ieri c’è stata l’ennesima pronuncia della Corte Costituzionale tedesca contro MES e Fiscal Compact. Solo nel 2012 in Germania sono 37.000 i ricorsi presentati alla Corte Costituzionale tedesca contro MES e Fiscal Compact, mentre in Italia nonostante la tragica situazione in cui versiamo c’è un assordante silenzio, Grillo e M5S compresi.
Lo stesso presidente del consiglio Mario Monti, presidente lo ricordiamo di un governo uscente, ieri licenziando il decreto si è premurato di aggiungere che il governo non cambia rotta. Quale governo di grazia? Questo, quello che verrà? A nome di chi parla Mario Monti?
Sempre ieri Mario Monti in un botta e risposta estemporaneo ad alcune dichiarazioni di giorni prima di Stefano Fassina, responsabile economico del PD, ha sottolineato che “Il governo non avrebbe potuto licenziare questo decreto nei mesi scorsi perché non c’era spazio a livello europeo per questo provvedimento. Avremmo superato del 3% il deficit sul PIL e pagato interessi più alti”.
Eppure sempre ieri Mario Monti licenziando il decreto ha affermato “che vanno rimosse le briglie punitive per le imprese” dunque ha riconosciuto e ammesso esplicitamente, che le nostre aziende stanno operando da mesi legate e imbavagliate da “briglie punitive” e sicuramente senza la stessa possibilità di accesso al credito delle aziende loro concorrenti in Paesi come Francia e Germania.
Non sarà il caso ancora una volta di chiedersi se questi “europeisti convinti”, che piegano la testa all’austerità e a ogni linea economica dettata dalla Troika, non siano i primi a danneggiare seriamente lo sviluppo economico e l’unità stessa dell’Unione Europea? Ancora, visto che gli stessi tedeschi contestano e muovono azioni legali contro MES e Fiscal Compact, non sarà forse il caso, che anche le aziende italiane e qualcuno che si prenda la briga di rappresentarle, inizino a mettere in discussione alcune delle regole che ci sono state imposte?