Intervista a Dalila Di Lazzaro: la bellezza di un mito.
Dalla nostra inviata CINZIA ALIBRANDI
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Conosco Dalila Di Lazzaro da diversi anni, eppure incontrarla è come aprire la porta del mito, di quella parte immensa e straordinaria che ha rappresentato il cinema dagli anni ‘70 ai ’90.
Quello che appunto entra negli annali e del cinema stesso ne costruisce la storia. La sensazione è che Dalila sembra aver attraversato il suo stesso status simbol rimanendone intatta, con una regale naturalezza che risulta un affascinante understatement.
– Se dovessi raccontare a un ragazzo di 20 anni di oggi “chi” è Dalila Di Lazzaro, cosa gli diresti?
Allora ti rispondo subito con una confidenza: incontro Giorgio Panariello con la sua fidanzata, mi abbraccia e poi mi dice ‘indovina come si chiama lei?’ Prima che possa rispondere aggiunge ‘Dalila! Pensa che i suoi genitori erano talmente pazzi di te da chiamarla così in tuo onore!’ Ecco, io a un ventenne oggi direi ‘se trovi una Dalila tra le tue amiche, forse tuo padre o tua madre erano miei fan! E ti assicuro che io ho fatto molto ma molto meno di quanto avrei potuto!
– Perchè meno? Per pigrizia, per carattere, o perché gli eventi hanno deciso per te?
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Per pigrizia e mia natura insieme. Io non sono una che sgomita, che lotta per ottenere le cose: affatto! Lascio che tutto venga a me.
E c’è stato il mio periodo d’oro in cui altri colleghi, con molto meno successo, lottavano per ottenere. Li guardavo senza capire delle modalità comportamentali per me innaturali. A un certo punto della carriera, girai nel 1973 “Il mostro è in tavola… barone Frankenstein” un film horror per la regia di Paul Morrissey e Andy Warhol, liberamente tratto dal romanzo di Mary Shelley ‘Frankenstein’.
Questo mi spalancò le porte dello spettacolo pure in America, dove avevo le copertine più prestigiose. Mi dicevano tutti di restare, che la mia bellezza così poco italiana e molto internazionale avrebbe fatto faville.
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Non ho resistito a lungo e, dopo una breve permanenza, sono tornata a casa. Ricordo Gassman che mi diceva ‘figlia mia in quest’ambiente ti devi dare da fare, se no non vai da nessuna parte!’ Impossibile! Mi snaturerei! Eppure nel mio destino era tracciato il successo: sono fatalista.
– Quali film ricordi con più gioia, quali registi ti hanno lasciato un segno professionale e umano di rilievo?
Ti cito Luigi Comencini, Alberto Lattuada, Alberto Sordi: c’era con loro una tale comunanza artistica, un’empatia, che ci faceva intendere al meglio. Al primo, secondo ciak già erano entusiasti dell’operato: davvero una bella soddisfazione!
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Con Comencini girai diversi film, ma uno mi è particolarmente caro ‘Voltati Eugenio‘. Negli anni ’80 le separazioni non erano una piaga come oggi è l’argomento affrontava tale tematica pesante con la mano autoriale di Comencini, invece, assai rispettosa e delicata.
Sai cosa mi manca di questi maestri? Il senso di protezione che ne ricavavo. Con loro mi sentivo protetta e garantita nel mio ruolo attoriale.
– E oggi è molto cambiata la realtà del tuo lavoro? Non vedi più queste figure?
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È cambiato tutto. Oggi chi vuole fare l’attore come il cantante, trova un percorso molto diverso ed accidentato.
Tutto viene filtrato dalla televisione che crea personaggi sull’onda dell’apparire e che spesso non hanno la particolare dote artistica dell’originalità. Ho partecipato recentemente con un cameo all’opera di un regista molto popolare, e mi sono ritrovata, a film montato, in poche scene; inutile dirti che non mi ha fatto certo piacere!
– Quindi non hai più voglia di regalare un’arte matura e di spessore diverso agli spettatori che tanto ti hanno amata?
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Francamente, no. A meno che possa assecondare le mie condizioni di salute che non mi consentono set estenuanti, e per fare cinema occorre una tempra d’acciaio! Oggi i candidati a sindaco di Roma promettono di riabilitare le strade capitoline.
Io ho fatto un incidente in moto che proprio per una buca, a Roma, mi ha causato un danno alla vertebra del collo chiamata atlante, non operabile, che mi procura dolori immensi.
Devo ricorrere alla morfina per placarli. Provo sollievo solo con il nuoto, infatti faccio tanta piscina, oltre a soggiornare lunghi periodi al mare.
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– Mi racconti del tuo buon retiro a S.Jean Cap Ferrat in Costa Azzurra?
Ho preso questa casa nel centro del paese e trascorro ore immersa nel mare. Ne ricavo davvero un piacere sublime.
Anche là però, molto è mutato. Una volta era l’emblema di un cuore pulsante di personalità immense da Jack Nicholson a Bill Gates, da Elton John a TIna Turner; questa penisola con spiagge da sogno protese sul mare, era meta ambita. Sottolineo che anche la Francia non è più la stessa, sono in corso dei mutamenti che percepisco proprio perché ho vissuto un periodo d’incanto irrimediabilmente perduto.
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– Tu sei stata madre e hai riprovato ad esserlo: prima rivendicando il diritto dei single di adottare, e poi provando la strada dell’inseminazione artificiale.
Di Christian, mancato a soli 22 anni, non riesco a parlare, so che è accanto a me, in un dialogo madre/figlio che mai sarà bloccato, ed è un discorso unico e mio, che tutelo con reverenziale pudore. Dopo, l’anno scorso, a 2 mesi e mezzo, ho subito l’interruzione della gravidanza ed insieme la relazione con l’uomo con cui avevo portato avanti il progetto dell’inseminazione artificiale.
Mi sono battuta per anni, da personaggio pubblico, con il plauso di tanta gente in Italia, per ottenere l’adozione da single. Tutto inutile! Eppure sappiamo benissimo che spesso un singolo ma buon genitore, supera una coppia mediocre!
– L’amore è per te ancora un valore? Ed è vero che in altra stagione della vita si posiziona in modo diverso?
L’amore come ti dicevo prima per il lavoro, mi cerca. E spesso attraggo uomini più giovani, che forse hanno meno paura di Dalila Di Lazzaro. Io sono una donna indipendente, che ama i suoi spazi in solitaria.
Non agogno a convivenze ingombranti! O forse come sul set, aspiro ad un uomo forte, sicuro e assertivo, che non risulti spiazzato dalla mia personalità. Ultimamente ho frequentato un musicista Manuel Pia e ho scritto con lui una canzone “Aspettami”, suggestiva ed orecchiabile.
Ecco la sensibilità dei musicisti veri è affine alla mia. Un pezzo di Pia intitolato “Invisibile”, dedicato a mio figlio, fa riflettere su come certi linguaggi arrivino dritti al cuore, nel loro scarnificare la drammaticità di un evento: in questo caso, la perdita definitiva, che trasforma la persona in anima invisibile. Poi passami la gioia, di avere una canzone personalizzata intitolata “Dalila”: non è per tutti!
– Tu sei stata fidanzata nei tuoi anni d’oro con il divo dei divi, il bello dei belli, la star Alain Delon. Com’era?
Un uomo sensibile e affettuoso: con lui ho girato nel 1980 “Tre uomini da abbattere”. Il mio trasloco da Roma a Milano ci ha fatto perdere di vista, però ben ricordo, quando mancò mia madre, il suo manifestarmi affetto solidale e disponibilità all’aiuto, anche se non stavamo più insieme. E ovviamente risulta un attore di caratura superlativa, con un successo totalmente meritato.
Da vent’anni è soggetto a un pacemaker, ma immagino il suo cuore sempre integro come ai nostri tempi giovanili. Il fascino e la bellezza, attraversano le stagioni, e non mutano con il suo essere ottantenne, semplicemente si trasformano.
– A proposito di fascino e bellezza, cosa rappresenta per te essere belli? Reputo che per un’attrice sia molto importante.
Certo, la bellezza è importante, ma deve essere sostenuta, direi aiutata da altro.
Intendo dal proprio volersi bene, averne cura non solo nel senso di accudimento, ma sul piano morale. Esiste il dato oggettivo; a seguire è la personalità che fa diventare unica la bellezza, e quindi riconoscibile. A me addirittura dicevano che era troppa, quasi ingombrante.
Ed io rispondevo di andare oltre, di togliermela se necessario: ero disposta a girare imbruttita, con una parrucca nera e senza trucco, pur di far risaltare i miei valori attoriali.
Mi preferivano spesso Ornella Muti, dalle forme mediterranee, perchè meno algida, più rassicurante.
Quindi non è detto che l’essere belle aiuti necessariamente, può essere un peso. Oggi accetto il mio percorso di vita, la mia bellezza che si tramuta con me, ed è la magia della vita stessa; rifuggo l’inseguire la perfezione sterile raggiunta con il bisturi, a cui ricorrono anche personaggi dello spettacolo giovani, tesi ad ottenere modelli innaturali, solo dettati da canoni imposti da una società dell’apparire spersonalizzante.
– Il tuo rapporto con gli animali com’è? È per te vero il detto che sono i migliori amici dell’uomo?
Oggi ho solo Domenico, questo bellissimo gatto di 22 anni che ho chiamato così perché è entrato nella mia casa di domenica e l’ha riempita di gioia. Andava d’accordissimo con Happy il mio cane che hai conosciuto e tuttora questo meraviglioso gattone, se ne sente il nome, si riscuote e si mette in allerta.
Non lo ha dimenticato, proprio come me. Gli animali non tradiscono, lo posso affermare avendo preso dal genere umano diverse fregature. Mi rimprovero un’eccessiva fiducia che nella mia posizione, spesso sovraesposta, mi ha recato danni non solo sul piano affettivo e morale, ma anche sul profilo economico, essendo incorsa in vere e proprie truffe. Tuttavia non rimpiango il mio modo d’essere: resto limpida e sincera, laddove altri, sotto un’apparente vernice brillante, nascondono ruggine!
– Tu sei anche scrittrice: mi parli di questa tua attività ?
Sono sotto contratto con la Mondadori e sto scrivendo il mio settimo libro che spero veda la luce entro il 2016.
Scrivere in questo momento della mia vita è un’attività che si adegua ai miei nuovi ritmi, anche se io la gestisco in modo tumultuoso. Stanotte ho fatto le 4 e mezza perchè ho sentito l’impulso di scrivere e non la finivo più! In ogni caso anche nell’essere scrittrice c’è la mia essenza più nuda e diretta possibile: non amo l’artefazione e le sovrastrutture.
Cerco la semplicità e la naturalezza, perché convinta che siano il percorso più dritto verso la verità dell’esistenza.
L’intervista è finita, anche se in realtà è stato un piccolo viaggio dentro l’anima di Dalila. Un viaggio di quelli che arricchiscono. Perché?
Perché fanno sentire più ricchi. In una parola, migliori.
Tacco e stacco: e a tutti auguro di sentirsi belli di bellezza pura, quella che mai invecchia.
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